darkglobe
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lunedì 22 ottobre 2018
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fermare il tempo per cogliere l'essenza della vita
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Cashback va annoverato tra quelle preziose e raffinate commedie romantiche che provano a rivoluzionare con una certa originalità il linguaggio cinematografico di genere, pur basandosi su consolidati archetipi afferenti ai filoni romantic e slapstick o a stilemi narrativi ampiamente intravisti in altre commedie sentimentali.
Il film nasce come cortometraggio, candidato all’Oscar nel 2004 e pluripremiato con 14 riconoscimenti internazionali, scritto e diretto dal britannico Sean Ellis, che ne dilata dopo circa due anni la trama ai tempi naturali del grande schermo.
Ben Willis (Sean Biggerstaff) è un giovane studente d’arte, che ha appena dichiarato alla propria ragazza Suzy (Michelle Ryan) di sentirsi incapace di renderla felice: è il tipico senso d’inadeguatezza che colpisce coppie di giovani, la cui tenuta sembra essere basata più sulla spensieratezza o la gioia di vita, propri di una età acerba, che su una sostanziale affinità emotiva e di pensiero; tant’è che in breve, a prendere il sopravvento, sono l’ansia del “dover essere” o il disagio - se si pensa alla stessa Suzy - che nasce dal dubbio di poter “trovare di meglio” altrove.
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Cashback va annoverato tra quelle preziose e raffinate commedie romantiche che provano a rivoluzionare con una certa originalità il linguaggio cinematografico di genere, pur basandosi su consolidati archetipi afferenti ai filoni romantic e slapstick o a stilemi narrativi ampiamente intravisti in altre commedie sentimentali.
Il film nasce come cortometraggio, candidato all’Oscar nel 2004 e pluripremiato con 14 riconoscimenti internazionali, scritto e diretto dal britannico Sean Ellis, che ne dilata dopo circa due anni la trama ai tempi naturali del grande schermo.
Ben Willis (Sean Biggerstaff) è un giovane studente d’arte, che ha appena dichiarato alla propria ragazza Suzy (Michelle Ryan) di sentirsi incapace di renderla felice: è il tipico senso d’inadeguatezza che colpisce coppie di giovani, la cui tenuta sembra essere basata più sulla spensieratezza o la gioia di vita, propri di una età acerba, che su una sostanziale affinità emotiva e di pensiero; tant’è che in breve, a prendere il sopravvento, sono l’ansia del “dover essere” o il disagio - se si pensa alla stessa Suzy - che nasce dal dubbio di poter “trovare di meglio” altrove. Emblematica la scena al rallenty del volto rabbioso delle ragazza mentre volano insulti ed oggetti verso Ben, tra cui un lampadario di Ikea, lo store di mobili diventato ormai simbolo cinematografico dei “passages” dell’amore giovanile, fatto di pochi soldi e tante speranze (si veda anche (500) giorni insieme).
Dopo la rottura, Ben, incapace di elaborare il lutto del distacco, perde totalmente il sonno, tra rimorsi ed indelebili ricordi di Suzy, nel frattempo già unitasi ad un altro, e dei momenti vissuti insieme a lei; elementi questi che costituiscono per il giovane un insostenibile macigno psicologico, complice il suo isolamento interrotto solo dalle incursioni consolatorie di Sean Higgins (Shaun Evans), vecchio amico la cui saggezza sul tema dei “comportamenti con le donne” sembra valere solo per gli altri ma mai per se stesso. Di contro Ben guadagna ogni giorno 8 ore di vita notturna, che inizialmente dedica alla lettura di tutti i libri lasciati in sospeso e poi trasforma in un incerto girovagare, tra cui quello degli acquisti in un supermercato, nel quale scorge un annuncio di assunzione che legge come occasione per riuscire a superare la propria fase di crisi: lui cederà le sue 8 ore di insonnia in cambio di soldi (il cashback) e di rottura emotiva.
Accolto a braccia aperte dal direttore Alan Jenkins (Stuart Goodwin), Ben si ritrova come colleghi Sharon Pintey (Emilia Fox), bella e singolare cassiera, che sa superare la noia del tempo notturno, che non passa mai, nascondendo il quadrante del proprio orologio con del nastro adesivo, e due strampalati individui, Barry Brickman (Michael Dixon) e Matt Stephens (Michael Lambourne), il cui principale obiettivo non sembra tanto lavorare, quanto individuare, tra scherzi, volgarità sessuali e spacconate varie, il modo migliore per evitare di farlo; a loro si aggiunge un singolare appassionato di arti marziali. È in questo dissonante mercato della apparente quiete notturna che, tra flashback e lunghe considerazioni esistenziali, Ben racconta quanto la propria indole artistica sia legata alla contemplazione della bellezza del corpo femminile, di cui riesce ormai a fissarne stabilmente una immagine, fermando il tempo in un singolare straniamento che gli consente di cogliere i preziosi attimi nascosti tra il rapido fluire della vita. Indole scoperta ammirando le nudità totali di una giovane e disinibita ragazza svedese che girovagava per casa dei suoi quando era piccolo o grazie alle riviste porno dei genitori dell’amico Sean; quest’ultimo disposto a sua volta a pagare 5 pennies per ammirare le parti intime di una propria vicina di casa, ritrovandola poi da adulta quale abile spogliarellista.
Potrebbe fare la storia del cinema, al pari della gonna alzata della Marilyn di Wilder, la scena in cui Ben, fermando il tempo, passeggia per il supermercato mettendo a nudo le clienti, per raffigurarle nei suoi raffinati disegni a matita, salvo poi ricoprirle dei propri indumenti e schioccare quindi le dita affinché la vita ricominci a fluire normalmente, come nulla fosse. Capita, col passare delle notti insonni, che l’oggetto principale delle contemplazioni artistiche di Ben divenga pian piano Sharon, la bella cassiera, col cui viso riempie centinaia di tavole da disegno; proprio lei, all’apparenza ragazza facile, ambita sia dal direttore del market che da uno dei dipendenti che si vanta, dopo averla semplicemente accompagnata al cinema, di essersela portata a letto.
Ben e Sharon, in una lunga chiacchierata in un bar, dopo una disastrosa partita di calcetto organizzata dal direttore contro i dipendenti di un market concorrente, dimostrano di avere le idee chiare sulle proprie ambizioni ed una incredibile vicinanza di sguardi sulla vita. Sembra che tra loro sia scattata la scintilla, al punto che Ben, dopo aver ricevuto un bacio da Sharon, ricomincia a recuperare il sonno notturno; ma, alla festa di compleanno del direttore, il ragazzo incontra la sua ex Suzy, che, sotto gli occhi di Sharon, lo bacia improvvisamente nel disperato tentativo di rimettersi insieme, riscaraventando di fatto il giovane disegnatore nell’isolamento dal quale sembrava essersi finalmente salvato. Al punto da fargli rivivere quasi oniricamente la medesima scena di rabbia indignata, questa volta di Sharon, una volta che abbia tentato di spiegarle l’equivoco sull’uscio di casa della stessa.
Sarà una mostra ad una galleria d’arte, in cui Ben si troverà fortuitamente ad esporre i suoi disegni, complice un velenoso scherzo dei suoi colleghi, l’occasione in cui Sharon, invitata dallo stesso Ben, potrà comprendere dalle tavole esposte che la rappresentano, quanto quell’affetto dichiarato per lei sia tutto fuorché qualcosa di effimero.
Sean Ellis, dicevamo, destruttura in qualche modo il linguaggio cinematografico tradizionale in quanto alla istanza narrativa non sembrano più essere subordinate le azioni dei protagonisti, che agiscono piuttosto secondo schemi diegetici sghembi e disarticolati, fatti di ricordi, flashback, iterazioni e riproposizioni semiotiche di azioni umane già vissute (l’acqua in faccia a Sean da parte delle ragazze; le urla delle fidanzate; la spogliarellista prima bambina-poi donna; le centinaia di disegni sulla commessa). Il montaggio prende dunque il controllo sulla narrazione lineare ed il tempo viene accorciato, dilatato ed infine disaccoppiato nel fermo immagine a cui si sovrappone l’azione isolata del protagonista, che riesce così a prendersi tutto il suo “spazio” temporale per pensare, contemplare, catturare visivamente, acconciare o addirittura traslocare i personaggi-umani che lo circondano, cogliendone, quando necessario, l’essenza più intima che è nell’espressione fisica dei volti e del corpo colti in quel fermo-immagine e trasferiti nella staticità perpetua dell’opera artistica rappresentata dal ritratto.
Il resto, quasi ad arricchire la trama, sono, dicevamo, le gag dal sapore slapstick (gli scherzi dei commessi, la partita di calcetto, il popcorn sputato da una bocca all’altra) ed una delicata vena romantica che oscilla tra la malinconia del protagonista e la sfrontatezza mai sguaiata dei nudi che riempiono occhi, mente e cuore di Ben e Sean. In certe fasi la voce fuori campo del protagonista pare quasi prendere il sopravvento sulle immagini che appaiono puro supporto semantico alla dipanazione dei sentimenti di dolore e rassegnazione del protagonista; il quale all’apparenza pare subire passivamente l’ineluttabile flusso degli eventi, ma in realtà esprime solo disincanto e piuttosto capacità assolutamente fuori dal comune di osservare e cogliere gli attimi brutti e belli della propria esistenza; tant’è che la raffigurazione quasi maniacale che fa di Sharon altro non è che la rappresentazione della di lei bellezza interiore, in una congiunzione forse indissolubile di etica ed estetica.
Interessante la scelta dell’ambientazione nel supermercato in notturna, luogo potenzialmente neutro ma in realtà, proprio grazie alla sua asettica illuminazione da ostile camera operatoria, capace di consentire lo sfogo creativo e riflessivo dei protagonisti che vi ci interagiscono: viene alla mente la goliardia di Tutto può accadere, qui ricondotta ad un atteggiamento quasi contemplativo di Ben, assolutamente convincente nella rappresentazione che ne fa Sean Biggerstaff, con il gradiente di sentimenti che alternano malinconia, disillusione, bisogno d’amare, sogno artistico ed ambizioni.
Ben curata la colonna sonora, che sottolinea gli stati d’animo con brani originali di Guy Farley ed altri moderni e classici tra i quali spicca la voce della Callas che apre e chiude il sipario con la Casta Diva del Bellini.
Film importante, quasi una boccata d'aria fresca: come sempre l'ottusità dei distributori e produttori italiani ha fatto sì che il film neppure arrivasse nelle sale nostrane.
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gianleo67
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domenica 22 novembre 2015
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insonnia d'amore...in stop motion
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A causa di una grave insonnia sofferta a seguito della rottura con la fidanzata Suzy, lo studente di Belle Arti Ben inizia ad occupare le lunghe ore della notte facendo il commesso in un supermarket gestito da uno staff di personaggi a loro modo eccentrici e disadattati. La prolungata assenza dal riposo notturno però gli induce uno stato di sospensione della coscienza che sembra consentirgli di congelare il tempo a comando, dandogli modo di riflettere sulla sua vita, i rapporti con l'altro sesso ed il suo personale ideale di bellezza.
Quando si innamora, ricambiato, della bella cassiera Sharon riesce finalmente a dormire regolarmente ed il tempo inizia nuovamente a fluire senza intoppi nella giusta direzione.
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A causa di una grave insonnia sofferta a seguito della rottura con la fidanzata Suzy, lo studente di Belle Arti Ben inizia ad occupare le lunghe ore della notte facendo il commesso in un supermarket gestito da uno staff di personaggi a loro modo eccentrici e disadattati. La prolungata assenza dal riposo notturno però gli induce uno stato di sospensione della coscienza che sembra consentirgli di congelare il tempo a comando, dandogli modo di riflettere sulla sua vita, i rapporti con l'altro sesso ed il suo personale ideale di bellezza.
Quando si innamora, ricambiato, della bella cassiera Sharon riesce finalmente a dormire regolarmente ed il tempo inizia nuovamente a fluire senza intoppi nella giusta direzione.
Sviluppato come lungometraggio da un corto pluripremiato dello stesso autore, questa commedia sentimentale indipendente dimostra la sorprendente vitalità di una cinematografia britannica che, al pari di quella dei cugini americani, affianca alla ricca tradizione della produzione mainstream anche una vocazione al racconto d'autore minoritario, capace di sviluppare con intelligenza ed originalità gli spunti di un cinema di genere (la commedia sentimentale, la commedia drammatica, la commedia insomma!) che non ostante le solite dinamiche legate al racconto di formazione ed ai turbamenti generazionali di rito riesce a far sorridere lo spettatore stimolandone i sensi e parlando al suo cuore.
Per carità, si dirà, niente di eccezionale compresa la figura di un (post) adolescente in crisi sentimentale ed emotiva in cerca di un percorso di vita che (tra)guarda all'altra metà del cielo con l'incanto con cui un astrofilo appassionato può rimirare l'abbacinamte bellezza di un mondo remoto e sconosciuto che non comprenderà mai fino in fondo. Quello che rende però il film di Ellis degno di nota è proprio lo stupore romantico con cui l'aspirazione all'arte ed alla bellezza (incipit e conclusione sulle note della Casta Diva nella interpretazione della Callas) passi attraverso la elaborazione di un lutto relazionale che sappia prendersi le sue pause ed il suo tempo, precipitando il protagonista in una insonnia d'amore (o di disinnamoramento) che ne trasfigura la stessa percezione della realtà, congelata in un limbo di impressioni artistiche che guarda al passato (l'incontro con il corpo della donna nella sua infanzia) per interpretare un presente di incomprensioni e rotture (con la sua fidanzata) e traguardare un futuro di progetti e speranze (con la nuova fiamma alla cassa), rigorosamente in due; imparare insomma che la vita non puoi fermarla in un istante e che l'inesorabile fluire delle persone e delle relazioni è l'unico modo che si ha di crescescere e di avere indietro (il cashback del titolo) con gli interessi quello che si è restituito. Nulla si crea e nulla si distrugge in questo racconto di formazione dominato dal voice over, ma tutto sembra trasformarsi traducendo il flusso di coscienza di un bravo ragazzo qualsiasi nelle esperienze tragicomiche popolate da un mondo di personaggi bizzarri e grotteschi e rivelandoci, nell'inevitabile finale sotto la neve e in slow motion, che "amarsi un pò è come bere, più facile è respirare..."
Originalità di sguardo e buoni sentimenti per un teen-movie con ambizioni autoriali ma senza presunzione di infallibilità e tanta voglia di non prendersi troppo sul serio come raramente si vede al cinema (Keith - 2008 - Todd Kessler). Presentato al Toronto International Film Festival 2006 e vincitore di tre premi in altrettanti festival minori. "Donna perduta per sempre, fatua illusione dei miei occhi imploranti il mistero della vita". (Anonimo)
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