lk
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giovedì 26 febbraio 2009
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esemplare!
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un film struggente, crudo, amaro e semplice su quello governa i rapporti tra uomini e donne. La sicurezza in ciò che si possiede: bellezza, denaro, bel sorriso, faccia tosta. il film ci dice che non solo gli uomini giocano coi sentimenti delle donne solo quando sono sicuri dei propri verso tali donne, ma anche e soprattutto che le donne, pure se invalide o menomate (come nel caso del film), subiscono ineluttabilmente il fascino dell'uomo più sicuro di sè. Direi che è un film che descive bene le leggi che governano il mondo dei maschi, e che non lascia spazio a critiche sui comportamenti dei personaggi, in quanto banali e rituali nelle proprie strategie di conquista delle donne. Un film che fa il paio con "harry ti presento sally".
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un film struggente, crudo, amaro e semplice su quello governa i rapporti tra uomini e donne. La sicurezza in ciò che si possiede: bellezza, denaro, bel sorriso, faccia tosta. il film ci dice che non solo gli uomini giocano coi sentimenti delle donne solo quando sono sicuri dei propri verso tali donne, ma anche e soprattutto che le donne, pure se invalide o menomate (come nel caso del film), subiscono ineluttabilmente il fascino dell'uomo più sicuro di sè. Direi che è un film che descive bene le leggi che governano il mondo dei maschi, e che non lascia spazio a critiche sui comportamenti dei personaggi, in quanto banali e rituali nelle proprie strategie di conquista delle donne. Un film che fa il paio con "harry ti presento sally". da vedere assolutamente
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dandy
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domenica 4 giugno 2017
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il vero "cruel intentions".
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Debutto alla regia del drammaturgo LaBute,dalla sua omonima opera teatrale.Se i temi come lo yuppismo,il maschilismo e la sopraffazione della figura femminile(a rischio di misoginia,e con prevedibile pentimento da parte del più mite)non sono nuovi i deprecabili protagonisti,l'ambientazione opprimente costituita da inquadrature strette e le soluzioni più sgradevoli e scomode lasciano il segno.E il finale,dove il pentito Stacey "fallisce" mentre l'ignobile ed impenitente Chad se la spassa,è amaro come pochi.Quel genere di film che di solito viene girato senza un briciolo di coraggio o innovazione,trasudante melassa dalla seconda parte o nel finale doove la catarsi è obbligatoria,per la gioia di un pubblico di animucce candide e fanatiche di romanticismo putrefatto.
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Debutto alla regia del drammaturgo LaBute,dalla sua omonima opera teatrale.Se i temi come lo yuppismo,il maschilismo e la sopraffazione della figura femminile(a rischio di misoginia,e con prevedibile pentimento da parte del più mite)non sono nuovi i deprecabili protagonisti,l'ambientazione opprimente costituita da inquadrature strette e le soluzioni più sgradevoli e scomode lasciano il segno.E il finale,dove il pentito Stacey "fallisce" mentre l'ignobile ed impenitente Chad se la spassa,è amaro come pochi.Quel genere di film che di solito viene girato senza un briciolo di coraggio o innovazione,trasudante melassa dalla seconda parte o nel finale doove la catarsi è obbligatoria,per la gioia di un pubblico di animucce candide e fanatiche di romanticismo putrefatto.Tutto ciò che questo film non è,quindi merita rispetto ed almeno una visione è obbligatoria.Perfetti tutti e tre gli interpreti.
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francesco2
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sabato 13 agosto 2011
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sopravvalutato
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Come ricorda Alessandra Levantesi,il film ricorda sotto certi aspetti "Americani"(1992) di David Mamet,il cui titolo originale credo sia "Glenngarry Glenn Ross". Anche lì l'oggetto del contendere
(In tutti i sensi)è la crisi degli yuppies e del modello economico e produttivo, ma forse anche (a?)morale, che avrebbe distinto gli anni'80; ed in più l'impostazione è marcatamente teatrale, che si riflette e nel tipo di dialoghi e nell'impostazione più generale.
La pellicola di Mamet, però, non era forse il gioiellino di cui si parlò nel lontano '92 ma rifletteva i travagli del rampante statunitense che vedeva sgretolarsi, in epoca (Quasi) clintoniana e soprattutto lontana dagli eccessi, veri o presunti, del decennio precedente le sicurezze e gli entusiasmi che sembravano forse consolidati.
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Come ricorda Alessandra Levantesi,il film ricorda sotto certi aspetti "Americani"(1992) di David Mamet,il cui titolo originale credo sia "Glenngarry Glenn Ross". Anche lì l'oggetto del contendere
(In tutti i sensi)è la crisi degli yuppies e del modello economico e produttivo, ma forse anche (a?)morale, che avrebbe distinto gli anni'80; ed in più l'impostazione è marcatamente teatrale, che si riflette e nel tipo di dialoghi e nell'impostazione più generale.
La pellicola di Mamet, però, non era forse il gioiellino di cui si parlò nel lontano '92 ma rifletteva i travagli del rampante statunitense che vedeva sgretolarsi, in epoca (Quasi) clintoniana e soprattutto lontana dagli eccessi, veri o presunti, del decennio precedente le sicurezze e gli entusiasmi che sembravano forse consolidati. Anche se siamo lontani dai travagli psicologici o qualche volta trascendentali di "Fratelli" di Abel Ferrara, altro esempio di cinema dove il dialogo ha un senso dis vuotamento ed arricchimento al tempo stesso: si perdono le certezze e gli entusiasmi, ma al contempo il tuo punto di vista viene arricchito dal confronto con gli altri.
Qui, invece, negli anni in cui ci si avvia verso la "New economy", l'epoca di Internet e tutto ciò che ne (con)seguirà, tutto si riduce al pistolotto dei due cinici di turno che devono approfittarsi della debole(?) di turno. Non è davvero severo definire i personaggi stereotipati, notare come le loro reazioni siano sempre scontate e prevedibili; quando LaBute poi introduce trovate come lo "Spogliarello in ufficio", spiace dirlo ma più che compiere una satira della società cade nel ridicolo, con l'unica consolazione di >(forse) mostrarci uno dei pochissimi momenti di umanità(A modo suo) del personaggio di Eckart.
Ma a parte il taglio totalmente teatrale, che qui procura più noia che non voglia di riflettere, appare anche poco plausibile che la giovane veda a un certo punto che entrambi gli amici escano con lei ma non sospetti nulla. Il finale poi non tra(sgre)disce nulla, né nel significato (Il male ha vinto, i meno cattivi o buoni hanno perso), ma anche nei contenuti (Quel dialogo sordo che la sorda non arriva a sentire e noi neanche, come fossimo nel successivo "Lost in Translation"): ecco, verrebbe da pensare che questo è un film presuntuoso, per come in fondo propone pochino ma lo propone con l'aria (pseudo)sorniona di chi invece dice abbastanza.
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[+] una stella
(di francesco2)
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