ritacirrincione
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lunedì 26 febbraio 2018
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un conflitto tra affettività e ribellione
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Figlia mia. Mia, di chi? Di Tina, colei che l’ha cresciuta e che Vittoria considera da sempre come madre? O di Angelica, madre naturale che, incapace di sostenere la responsabilità del ruolo, l’ha ceduta alla nascita? Tina è dolce, accudente, protettiva, forse troppo; Angelica è selvaggia, incoerente, incapace di prendersi cura della bambina con continuità. In un paesaggio sardo degradato e impervio, quasi ancestrale, tutta la vicenda ruota su queste tre figure femminili (gli uomini hanno ruolo marginale e secondario) con al centro Vittoria, che, come guidata dalle prime avvisaglie preadolescenziali, cerca un contatto, fino a quel momento sempre evitato, con Angelica, non tanto per un bisogno affettivo, ampiamente soddisfatto da Tina, ma perché attratta dalla sua inquietudine, dalla sua trasgressività e, persino dalla sua crudeltà, con le quali la bambina entra in risonanza.
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Figlia mia. Mia, di chi? Di Tina, colei che l’ha cresciuta e che Vittoria considera da sempre come madre? O di Angelica, madre naturale che, incapace di sostenere la responsabilità del ruolo, l’ha ceduta alla nascita? Tina è dolce, accudente, protettiva, forse troppo; Angelica è selvaggia, incoerente, incapace di prendersi cura della bambina con continuità. In un paesaggio sardo degradato e impervio, quasi ancestrale, tutta la vicenda ruota su queste tre figure femminili (gli uomini hanno ruolo marginale e secondario) con al centro Vittoria, che, come guidata dalle prime avvisaglie preadolescenziali, cerca un contatto, fino a quel momento sempre evitato, con Angelica, non tanto per un bisogno affettivo, ampiamente soddisfatto da Tina, ma perché attratta dalla sua inquietudine, dalla sua trasgressività e, persino dalla sua crudeltà, con le quali la bambina entra in risonanza. Angelica la sfida a superare delle prove di coraggio e la conduce quasi attraverso un viaggio iniziatico alla fine del quale lascerà il terreno agevole dell’infanzia, per entrare in quello accidentato dell’adolescenza e dell’età adulta. Nel conflitto tra affettività e ribellione, tra paura e coraggio, riuscirà Vittoria a integrare i due aspetti? Nella scena finale, che le vede procedere tutte e tre, è lei in testa, è lei che con uno sguardo di sfida e un gesto provocatorio, detta il ritmo alle due donne.
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angeloumana
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domenica 4 marzo 2018
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piccole donne crescono
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Piccole donne crescono … Una di queste è Vittoria (Sara Casu), dieci anni appena, è quella che cresce a più grandi passi, ha l'aria di cominciare a capire il mondo dei grandi, si guarda intorno, osserva, percepisce. L'altra è Angelica (Alba Rohrwacher), è una giovane adulta, nelle parti di una “svitata”, sregolata, una che non si vergogna mai, butta via la sua femminilità ogni giorno, dona il suo corpo in cambio di una bevuta a uomini del paese sardo dove vivono, un posto non tenero ma severo, terreno riarso vicino alla costa, vi si vive di pesca e di allevamenti di cavalli, un ambiente a volte molto volgare nel versante maschile.
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Piccole donne crescono … Una di queste è Vittoria (Sara Casu), dieci anni appena, è quella che cresce a più grandi passi, ha l'aria di cominciare a capire il mondo dei grandi, si guarda intorno, osserva, percepisce. L'altra è Angelica (Alba Rohrwacher), è una giovane adulta, nelle parti di una “svitata”, sregolata, una che non si vergogna mai, butta via la sua femminilità ogni giorno, dona il suo corpo in cambio di una bevuta a uomini del paese sardo dove vivono, un posto non tenero ma severo, terreno riarso vicino alla costa, vi si vive di pesca e di allevamenti di cavalli, un ambiente a volte molto volgare nel versante maschile. L'altra ancora è Tina (Valeria Golino), mamma di Vittoria, amorevole e comprensiva, una madre che incoraggia e rassicura sempre la bimba.
Chissà perché però questa si interessa ad Angelica, le si avvicina, la cerca, forse è attratta dalla sua sregolatezza e da quel posto disordinato dove vive tra maiali galline e cavalli, un'abitazione fatiscente di campagna da cui la stanno sfrattando. Forse per la sua apparente “pazzia” e dissolutezza; o forse perché con lei scopre posti e cose a cui non s'era mai avvicinata, o ancora perché le assomiglia moltissimo, rosse entrambe e dalla pelle diafana. Angelica la sfida a superarsi, la provoca, le si mostra in momenti di autentica spensieratezza ed altri di tristezza e depressione. Solo nella natura diventa sé stessa, non nei rapporti con gli altri e tantomeno con gli uomini che la considerano una “femme publique” senza importanza.
Alla scoperta che Angelica è la sua madre naturale, che la concepì e la cedette a Tina perché lei non avrebbe saputo tenerla e crescerla, Vittoria vuole andarsene dalla casa dove è cresciuta ed è memorabile lo sguardo disperato di Tina che se la vede sfuggire, esprime il vuoto improvviso che a una mamma si crea. Aveva cercato di convincere la “pazza” a partire da quel luogo, vai in un posto bello, divertente, che cosa ti lasci qua?, le aveva detto e non l'hai mai voluta! Ma Angelica ha fatto la scoperta tardiva della maternità, si stà legando, stà crescendo a sua volta, ha detto di rimando a Tina tu hai paura che è come me. Vittoriaavrà due madri, che ormai comprendono una le ragioni dell'altra, ha detto alle due Andiamo! Sembra saperle condurre e... questo amore non si tocca! (come dice una canzone della colonna sonora).
La regista Laura Bispuri ha realizzato un altro film molto apprezzabile, una storia solo femminile ancora più di Vergine Giurata: è già una notevole stella della regia. Davvero superlativa l'interpretazione della Rohrwacher, non da meno sono le figure create da Valeria Golino e dalla stessa Sara Casu, incerta e assorta come una bambina che veloce stà crescendo.
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rosita
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giovedì 1 marzo 2018
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figlia"mia"oggetto di possesso
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"Figlia mia" :titolo dai caratteri e toni perentori ,autoritari,una calcatura che rispecchia comunque la personalità dei sardi...inclini al possesso in senso lato. Figlia mia=filla mia/mea, risuona l'impatto forte che il film vuole trasmettere .Se si antemponesse l'aggettivo "mia" al termine figlia ,si sentirebbe un suono più dolce, dove il possesso perderebbe quel tono talvolta troppo pesante :mia figlia...Ma così cadrebbe l'impalcatura su cui si regge il film . Una ragazzina contesa tra 2 figure femminili :2 madri,qual la naturale ,libera ,sbarazzina non in grado di assumersi l'identità di madre ,e la madre adottiva che al contrario si sente subito madre della piccola che fa nascere e prende con sé.
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"Figlia mia" :titolo dai caratteri e toni perentori ,autoritari,una calcatura che rispecchia comunque la personalità dei sardi...inclini al possesso in senso lato. Figlia mia=filla mia/mea, risuona l'impatto forte che il film vuole trasmettere .Se si antemponesse l'aggettivo "mia" al termine figlia ,si sentirebbe un suono più dolce, dove il possesso perderebbe quel tono talvolta troppo pesante :mia figlia...Ma così cadrebbe l'impalcatura su cui si regge il film . Una ragazzina contesa tra 2 figure femminili :2 madri,qual la naturale ,libera ,sbarazzina non in grado di assumersi l'identità di madre ,e la madre adottiva che al contrario si sente subito madre della piccola che fa nascere e prende con sé. Una bambina che vive in un contesto chiuso in una mentalità tipica tradizionalista, che non appena conosce sua madre ne rimane affascinata ,perché rappresenta il suo opposto modo di vivere . Il sangue richiama il suo sangue . Infatti la piccola capisce di essere la figlia della donna ribelle,si allontana dalla mamma adottiva, che pur di non perderla usa dei mezzi estremi per far si che la piccola si allontani dalla mamma naturale ,ottenendo l'effetto contrario. Trapela in questi passi del film,quell'egoismo di chi pensa a sé ,al suo dolore, e non al volere dell'altro.Il possesso!Tipico della figura genitoriale, che ahimè non condivido . Certo il tema della maternità, dell'amore infinito verso i figli, del volerli sempre sotto controllo e protezione, ci sta ,ma fino ad un certo punto.
La chiusa è memorabile. ..quasi inverosimile :le 2 donne si supportano a vicenda per il loro star bene e per il bene della piccola, che nel vederle unite si gonfia di gioia, che trasuda dai suoi occhioni lucenti,sorriso dolcissimo e soddisfatto, perché infondo capisce che ha bisogno della figura di entrambe. Un lieto fine a sorpresa e sorprendente. Nella realtà pressoché impossibile! Un bel film, tutto al femminile!
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michelecamero
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domenica 25 febbraio 2018
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i figli sono delle madri
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Film decisamente al femminile, scritto da due donne (sceneggiatrice e regista), diretto da una donna e con protagoniste tre donne, una bambina di dieci anni, lentigginosa e dai capelli rossi (Vittoria) e due madri, quella che l’ha cresciuta prendendosene cura e donandole tutta se stessa (Tina interpretata dalla Golino) e quella naturale (Angelica, interpretata dalla Rohrwater). Ambientato in una Sardegna diversa da quella turistica cioè la più conosciuta al grande pubblico, ma non meno bella per le sue ambientazioni selvagge che fanno pensare al Far - West, è un film difficile da commentare per un uomo, per giunta convinto di suo, come nel mio caso, che i figli sono soprattutto (o forse esclusivamente?) delle madri.
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Film decisamente al femminile, scritto da due donne (sceneggiatrice e regista), diretto da una donna e con protagoniste tre donne, una bambina di dieci anni, lentigginosa e dai capelli rossi (Vittoria) e due madri, quella che l’ha cresciuta prendendosene cura e donandole tutta se stessa (Tina interpretata dalla Golino) e quella naturale (Angelica, interpretata dalla Rohrwater). Ambientato in una Sardegna diversa da quella turistica cioè la più conosciuta al grande pubblico, ma non meno bella per le sue ambientazioni selvagge che fanno pensare al Far - West, è un film difficile da commentare per un uomo, per giunta convinto di suo, come nel mio caso, che i figli sono soprattutto (o forse esclusivamente?) delle madri. E non solo le madri naturali, ma delle madri che si sono prese cura con amore, affetto, generosità ed altruismo di allevare i figli anche quando questi non sono frutto del proprio ventre, perché la maternità, comunque sia, resta uno dei più grandi misteri di questo Mondo. La storia sta proprio in questo rapporto dapprima a due tra Vittoria e Tina per un verso, per l’altro tra Tina ed Angelica la quale, conscia dei propri limiti e delle proprie fragilità, le cede subito la figlia riconoscendole una idoneità alla maternità che non attribuisce a se stessa. Tina aiuta Angelica a vivere pur nel suo disordine ma nutrendo costantemente il terrore che prima o poi possa svelare alla “sua” Vittoria come stanno le cose. Non a caso chiede continuamente aiuto alla Vergine Maria perché ciò non accada. Tuttavia a volte la natura, la viscerale forza della natura, la curiosità dei bambini, sono più potenti dei voleri dei grandi. Infatti Angelica e Vittoria ad un certo punto entrano in relazione, nutrendo la piccola una naturale attrazione verso quella che scoprirà essere la propria madre naturale, complicando le cose proprio quando Tina aveva maturato la speranza di liberarsi definitivamente della ingombrante e terrorizzante, per lei, presenza di Angelica che di fronte ad uno sfratto esecutivo parrebbe dover lasciare la Sardegna. Questo però non succede e quando le cose sembrano complicarsi, le tre donne scopriranno di doversi integrare per il bene di ognuna, perché la bambina dopo aver compreso di aver qualcosa da imparare anche dalla madre naturale (ad esempio il coraggio di affrontare da sola l’ignoto per vincere la paura ) capisce di aver bisogno e voglia di entrambe le madri. Queste a loro volta capiranno di aver necessità di integrarsi per il bene proprio oltre che quello della bambina di quella “Figlia mia”. Qui forse c’è un altro messaggio del film: le donne che si alleano e non configgono tra di loro, per certi versi un messaggio evangelico.
michelecamero
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flyanto
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martedì 27 febbraio 2018
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due madri a confronto
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"FIglia Mia" della regista Laura Bispuri è un film dove due madri (una naturale e l'altra adottiva) si contendono l'amore per la figlia di dieci anni. Abbandonata dalla madre naturale (Alba Rohrwacher) nel giorno stesso della sua nascita, la neonata viene presa in adozione da una donna (Valeria Golino) che molto probabilmente non può avere figli ma che ha tanto desiderio di essere mamma. Essendo la prima una giovane piuttosto sbandata, dedita al bere eccessivo ed al sesso facile (non si conosce, infatti, chi sia il vero padre della piccola) e vivendo anche in condizioni economiche parecchio disagiate, ella decide di consegnarla all'altra donna che, regolarmente sposata e con un'occupazione lavorativa stabile, può dare alla bimba un ambiente familiare ed un'educazione più consoni.
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"FIglia Mia" della regista Laura Bispuri è un film dove due madri (una naturale e l'altra adottiva) si contendono l'amore per la figlia di dieci anni. Abbandonata dalla madre naturale (Alba Rohrwacher) nel giorno stesso della sua nascita, la neonata viene presa in adozione da una donna (Valeria Golino) che molto probabilmente non può avere figli ma che ha tanto desiderio di essere mamma. Essendo la prima una giovane piuttosto sbandata, dedita al bere eccessivo ed al sesso facile (non si conosce, infatti, chi sia il vero padre della piccola) e vivendo anche in condizioni economiche parecchio disagiate, ella decide di consegnarla all'altra donna che, regolarmente sposata e con un'occupazione lavorativa stabile, può dare alla bimba un ambiente familiare ed un'educazione più consoni. La madre adottiva promette, inoltre, a quella naturale di prendersi cura di lei economicamente parlando e se nelle sue possibilità, qualora se ne presentasse il bisogno. E così, con questo accordo segreto tra le due donne trascorrono serenamente circa 10 anni quando, per un'insieme di circostanze fortuite, la bimba inizia a provare un interesse particolare per quella donna che non sa essere sua madre naturale e che, a sua volta, incontrata la bimba, comincia anch'ella a manifestare una certa curioisità ed affetto sincero, minando così il rapporto con la madre adottiva....
Dopo il suo felice film d'esordio "Vergine Giurata", Laura Bispuri ritorna al cinema con "Figlia Mia", altrettanto riuscito, sebbene meno originale del primo nella sua tematica, e, peretanto, molto interessante e concernente sempre la sfera femminile. Qui, viene affrontata la generale tematica dell'importanza affettiva che ha una madre adottiva, che ha cresciuto ed educato con amore un bambnino, rispetto a quella della madre biologica che, come in questo caso, per molti anni non se n'è affatto curata e dopo molti anni manifesta uno spiccato interesse e delle pretese sul figlio. La visione della Bispuri, con un finale pieno di speranza, è quella di una donna che fondamentalmente ritiene importanti e quanto mai sacri entrambi gli affetti (come ciò viene, del resto, testimoniato dalla canzone "Questo Amore non si Tocca" cantata da Gianni Bella trasmessa nel film). Presentando, infatti, molto oggettivamente i caratteri e gli stili di vita delle due donne così diametralmente all' opposto, la regista dimostra allo spettatore che entrambe le mamme, pur con le dovute considerazioni, provano dei sentimenti sinceri e, pertanto, accettablii e rispetabili, nei confronti della bambina che, peraltro, anch'ella desidera profondamente avere un legame con entrambe. Le condizioni che la Bispuri molto crudamente e realisticamente in questa pellicola descrive, non sono certamente le migliori e le più confacenti per un bimbo ma, ciò nonostante, quando esiste l'amore e l'affetto sincero, secondo la regista, vi sono anche le condizioni necessarie e la possibilità a migliorare le situazioni, per lo meno attraverso una collaborazione e l'unione delle forze.
"Filgia Mia" riconferma Laura Bispuri come regista profonda, toccante e lucida, affrontante tematiche di sicuro forte impatto ma quanto mai esplicative per la descrizione di determinate realtà. Encomiabile da tutti i punti di vista il film si avvale anche dell'ottima interpretazione di Alba Rohrwacher e di Valeria, nonchè dalla piccola esodiente Sara Casu che ben impersona la bambina contesa ancora innocente ed insicura.
Un vero gioiello di film.
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gianleo67
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venerdì 22 marzo 2019
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l'estate di vittoria
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L'estate dei suoi dieci anni è per Vittoria la scoperta istintiva di un sentimento che non aveva mai provato; divisa tra la rassicurante presenza di una madre amorevole ed il richiamo accattivante di una donna dalla vita sregolata che sembra somigliarle moltissimo. Quando il nodo dei suoi insoliti capelli fulvi viene finalmente al pettine, dovrà decidere da che parte far pendere l'ago impazzito del suo giovane cuore. Lo so, la sinossi m'è venuta un po' più poetica del solito (o del dovuto), ma la seconda prova della regista romana reclama la sua brava dose di lirismo, proseguendo sotto l'indomito segno della Vergine la vocazione al racconto di un universo femminile costellato da giovani donne controcorrente, pronte a sfidare l'angusto retaggio di convenzioni patriarcali e mosse dall'incosciente coraggio delle outsider che, pensando di non aver più nulla da perdere, scoprono che c'è sempre qualcosa da guadagnare: una identità sconosciuta, una sorellanza insperata, una maternità ritrovata.
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L'estate dei suoi dieci anni è per Vittoria la scoperta istintiva di un sentimento che non aveva mai provato; divisa tra la rassicurante presenza di una madre amorevole ed il richiamo accattivante di una donna dalla vita sregolata che sembra somigliarle moltissimo. Quando il nodo dei suoi insoliti capelli fulvi viene finalmente al pettine, dovrà decidere da che parte far pendere l'ago impazzito del suo giovane cuore. Lo so, la sinossi m'è venuta un po' più poetica del solito (o del dovuto), ma la seconda prova della regista romana reclama la sua brava dose di lirismo, proseguendo sotto l'indomito segno della Vergine la vocazione al racconto di un universo femminile costellato da giovani donne controcorrente, pronte a sfidare l'angusto retaggio di convenzioni patriarcali e mosse dall'incosciente coraggio delle outsider che, pensando di non aver più nulla da perdere, scoprono che c'è sempre qualcosa da guadagnare: una identità sconosciuta, una sorellanza insperata, una maternità ritrovata. Nella cornice di una natura aspra e selvaggia, tra scoscese selve balcaniche o desolate lande nuragiche, il richiamo ancestrale verso antichi reperti della fertilità è il pretesto per la ricerca di un ruolo sociale ormai smarrito, sempre in bilico tra l'emarginazione dei reietti ed il bisogno di integrazione, tra la fuga sognata verso una improbabile eden (la realtà metropolitana per la giovane Hana e l'illusione di un nuovo inizio per la sregolata Angelica) e il bisogno di accettazione da parte di una comunità con la quale è possibile instaurare solo relazioni meramente utilitaristiche (la pastorizia, il commercio dei cavalli, la disponibilità sessuale). In questo parallelo con il quale la Bispuri scrive le due storie (insieme alla sodale Francesca Manieri) si misura la credibilità di una poetica forte che non manca di fare ricorso agli espedienti di un realismo magico fatto di sottili suggestioni ambientali, al simbolismo di un istintivo rispecchiamento identitario (il rosso malpelo della narrativa verista) ed al nervosismo di una camera a mano che cerca un contatto fisico con i suoi viscerali personaggi. Ottime intuizioni che si scontrano però con il limite sempre presente di un racconto che gira spesso a vuoto, nel quale le lacune tra le vicende dei diversi personaggi (la coppia di genitori adottivi, il racconto di formazione della bambina, la vita borderline della donna trasgressiva) sono colmate dal difficile raccordo del montaggio, dal ricorso ridondante al flashback (il difficile parto di Angelica ed il segreto patto di Tina) e dal solito finale affrettato che accelera sul parossismo isterico delle tre donne in campo per poi chiudere con l'improbabile agnizione di un epilogo consolatorio. Bravissime le tre protagoniste femminili per un film che annovera tra le poche presenze maschili quelle del mite barbuto di Michele Carboni e del laido mercante di cavalli del sempre spiritato Udo Kier. Solo candidature non andate a buon fine, tra cui quella all'Orso d'oro al 68° Festival di Berlino, per un film fortemente penalizzato dalla ingenerosa distribuzione nazionale.
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