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Per Antoine la vita è senza scorciatoie

di Roberto Nepoti La Repubblica

Olivia, nota romanziera parigina, tiene un laboratorio di scrittura a LaCiotat, la città provenzale in cui i fratelli Lumière ripresero l'arrivo di un treno dando inizio alla storia del cinema. Vi partecipano sette tra ragazzi e ragazze, selezionati per un programma d'inserimento: dopo il declino dei cantieri navali, infatti, l'economia locale è depressa e scarsa di prospettive. L'obiettivo - come spiega Olivia - è scrivere collettivamente un romanzo poliziesco ambientato nella città. Se i giovani, di origini etniche diverse, non sono particolarmente docili, tra tutti spicca per atteggiamento provocatorio Antoine, ragazzo sensibile all'ideologia dell'estrema destra. Via via che i rapporti evolvono, le certezze di Olivia entrano in crisi; il libro che stava scrivendo resta al palo e Antoine, il ragazzo che spara alla luna, sembra diventare lui stesso un eroe da romanzo. Laurent Cantet, di cui molti ricorderanno La classe. Entre les murs, Palma d'oro a Cannes dieci anni fa, è l'erede del grande Eric Rohmer: stessa la genialità nel coniugare la fiction con la realtà spontanea di ciò che accade durante le riprese, stessa l'infallibile scelta di giovani attori che non si lasciano ingabbiare in tipizzazioni o cliché. Se i ragazzi di Rohmer parlano d'amore con dialoghi da Beaumarchais, però, quello di Cantet è un cinema a contenuto più esplicitamente politico, che assume posizioni sulla realtà odierna e su quella di ieri. Ne è prova la ricchezza del regime d'immagini: dai documentari d'epoca sui cantieri navali ai cinegiornali, da Facebook ai videogame; il tutto alternato con discussioni più vere del vero tra i ragazzi, filmate in contemporanea da più macchine da presa. Ciò che rende straordinario L'atelier, però, è il modo in cui sfugge a ogni tentazione di lanciare messaggi, di farsi veicolo (in ciò "politico" nel senso migliore del termine) di un'ideologia. In qualsiasi altro film il personaggio di Antoine sarebbe stato liquidato come un giovane di destra, tutt'al più "traviato" e da redimere. Qui, invece, è un ragazzo tentato sì dalla propaganda estremista, un potenziale nichilista, e che tuttavia si sforza di capire il mondo in cui gli è toccato vivere (la violenza terroristica, ma anche la disoccupazione e lo sfruttamento), senza contentarsi di parole d'ordine o di altre scorciatoie. Così come Cantet, in modo speculare, mette tutto l'impegno per comprendere (e farci comprendere) Antoine, anziché limitarsi a giudicarlo.
Da La Repubblica, 7 giugno 2018


di Roberto Nepoti, 7 giugno 2018

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