“L’amore non perdona” è un titolo facile e anche un poco fuorviante, per il debutto nel lungometraggio di finzione del documentarista Stefano Consiglio. L’innamoramento di Adriana, infermiera sessantenne per Mohamed, scaricatore portuale di trenta anni più giovane, non ha nulla infatti da farsi perdonare. Semmai una colpa, grave, pertiene al regista e al co-sceneggiatore Mimmo Rafele, che hanno scelto di fare dello stereotipo la chiave di volta degli sviluppi narrativi e non invece elemento da disinnescare attraverso l’invenzione e la presa diretta della realtà. Sono bellissimi (e veri) i momenti quasi jazzistici in cui i sentimenti diventano parte protagonista dell’azione e invadono l’aria e lo schermo si irradia di una luce tenera e commovente (a questo proposito memorabile la scena iniziale, che rivela la freccia di un Cupido saettante da occhio a occhio e ritorno). Quasi alla Antonioni verrebbe da dire. Peccato quindi che in sede di sceneggiatura imperversi, ingombrante e fatuo, il luogo comune. E quindi che: 1) la figlia sia ostile fin da subito; 2) il genero sia un arrivista quasi assente dalla famiglia; 3) le colleghe di lavoro la boicottino; 4) lo scontro tra civiltà occidentale e araba si consumi davanti ad una ciotola di folclore gastronomico; 5) Tangeri sia turisticamente bellissima; 6) il marocchino sia legato in via indiretta ad una cellula terroristica (?!). In tutto questo la meravigliosa Ariane Ascaride brilla di fulgore proprio, la Inaudi è la figlia che scrive la più risibile lettera di compleanno (alla madre) degli ultimi anni, Claudio Bigagli è il ballerino della discoteca e Stefania Montorsi la collega stron..ssima di Adriana, che ha paura degli arabi (7). Bella fotografia di Francesco Di Giacomo (a cui come si è detto, si perdona però poco volentieri l’effetto cartolina del Marocco) e magnifiche musiche di un ritrovato (come ispirazione) Nicola Piovani.
Robert Eroica
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lalettrice
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domenica 12 aprile 2015
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applausi al coraggio di adriane
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E' vero che il titolo è un po' fuorviante ma forse il regista voleva proprio questo: che ci aspettassimo un finale diverso. Non sono d'accordo per il raccontare per stereotipi. Se ci trovassimo di fronte a questa storia nella realtà (la vicina di casa, l'amica di famiglia ecc. ecc.) quanti di noi, assolutamente lontani da pregiudizi razziali e religiosi, riuscirebbero a non sentirsi quanto meno a disagio? Io penso che nel modo di raccontare la storia un limite sia dato dal fatto che gran parte dei dialoghi è in francese. Se questo rafforza maggiormente l'idea dell'unione dei innamorati, nello stesso tempo limita nello spettatore italiano la partecipazione più profonda alla bellezza di certe frasi.
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E' vero che il titolo è un po' fuorviante ma forse il regista voleva proprio questo: che ci aspettassimo un finale diverso. Non sono d'accordo per il raccontare per stereotipi. Se ci trovassimo di fronte a questa storia nella realtà (la vicina di casa, l'amica di famiglia ecc. ecc.) quanti di noi, assolutamente lontani da pregiudizi razziali e religiosi, riuscirebbero a non sentirsi quanto meno a disagio? Io penso che nel modo di raccontare la storia un limite sia dato dal fatto che gran parte dei dialoghi è in francese. Se questo rafforza maggiormente l'idea dell'unione dei innamorati, nello stesso tempo limita nello spettatore italiano la partecipazione più profonda alla bellezza di certe frasi. Comunque è un buon film. Merita almeno un 7
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pier71
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sabato 9 maggio 2015
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?!!
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6... di manica larga!! ;-)
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