Due famiglie giapponesi socialmente agli antipodi, una formata da marito moglie e figlio piccolo, benestante (lui è un architetto impegnato in un importante progetto edilizio, e lavora quasi tutto il tempo), l’altra più numerosa (marito, moglie e tre figli piccoli) e di più modeste condizioni, vedono le loro vite sconvolte quando sono informati dall’ospedale, dove due dei loro figli sono nati, che c’è stato uno scambio di neonati: il figlio di una coppia appartiene all’altra, e viceversa. Chiarito l’equivoco (in realtà lo scambio è stato deliberatamente effettuato da una infermiera in crisi di identità per agevolare il bambino socialmente più svantaggiato e garantirgli un avvenire migliore) le due famiglie hanno 6 mesi di tempo per far sì che i due ragazzini (entrambi maschi, e ovviamente coetanei) oggetto dello scambio si reinseriscano nelle loro famiglie d'origine. Il papà benestante incarica un suo amico avvocato di risolvere la faccenda e, sebbene l’amico avvocato glielo sconsigli, arriva a offrire del denaro all’altra coppia perché lascino che siano lui e sua moglie a crescere entrambi i bambini. L’altra coppia (lui è un lavoratore svogliato, gestisce una ferramenta, più propenso a godersi la vita e vivere alla giornata; uomo dai gusti dozzinali, mangia e beve in continuazione junk food; mentre lei lavora in un fast food) non accetta l’offerta e anzi si offende per la proposta, ma il tutto si ricompone grazie alla tolleranza della famiglia "umile" (che però, a differenza dell'altra, mira a un congruo risarcimento dall'ospedale per i danni morali subiti). I due ragazzini iniziano il processo di integrazione presso le loro “nuove” famiglie, ma mentre il ragazzino (ex) “fortunato” si integra facilmente nella famiglia svantaggiata, l'altro fa fatica a integrarsi nella famiglia benestante, questo perché il suo nuovo (e vero) padre è troppo rigido ed esigente; tanto che un giorno il ragazzino scappa di casa e torna dalla vecchia famiglia. A questo punto il padre in carriera capisce che se vuole conquistare l’affetto e la fiducia di suo figlio deve dimostrarsi più disponibile e meno esigente con lui, e si sforza di farlo. Pian piano le cose cominciano a funzionare, e l’uomo riesce a ottenere l’affetto anche del bambino che non era il suo ma che ha cresciuto come se lo fosse, il quale però è ormai completamente integrato nella sua nuova e vera famiglia, e non sembra rimpiangere affatto gli agi dell’altra, circondato com’è dall’affetto dei suoi fratelli e dei suoi nuovi/vecchi genitori. Il finale è aperto, nel senso che non è (volutamente) chiaro se tutti e due i bambini resteranno a vivere insieme con la famiglia socialmente svantaggiata, per il loro bene, e con il consenso di entrambe le coppie di genitori. La trama non è molto originale (il tema dello scambio di gemelli è stato ampiamente sfruttato al cinema, perfino in C'era una volta in America di Leone), ma la delicatezza con cui viene trattato l'argomento, e la conseguente difficoltà dei quattro genitori ad accettare la nuova situazione e rimettersi in gioco come padri e madri dei loro veri figli, è la cifra stilistica del film, non a caso premiato a Cannes. Il ritmo narrativo è “giapponese”, e soprattutto all’inizio si stenta un po’ ad adeguarvisi, ma a lungo andare la storia intensa, insieme drammatica e intima, dei quattro genitori chiamati a uno sforzo affettivo e di comprensione non indifferente, in particolare della coppia benestante (lei non può più avere figli e dare un fratellino al loro, sbagliato, figlio che invece ne vorrebbe), non può non coinvolgere lo spettatore, che non può fare a meno di provare empatia per quei disgraziati papà e mamme costretti a rimettersi in gioco come genitori e cominciare tutto daccapo. I dialoghi sono “minimalisti” (niente speculazioni filosofiche), esatti e puntuali. Ottimo il cast (con una menzione speciale per il papà benestante, controllato e misurato, ma con un sostrato di carenza affettiva che pian piano si manifesta dando spessore al personaggio; e per il piccolo che prima era suo figlio e poi non lo è più) così come la fotografia e la scenografia: cupe e livide quanto basta a evidenziare lo stato d’animo dei personaggi, e a delimitare visivamente la differenza di stato sociale delle due famiglie. Il film merita in pieno le cinque stelle.
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