C'è tanto, forse troppo, in questo film, che appartiene al filone "nobile" della cinematografia internazionale. C'è l'Iraq di Saddam Hussein, con le sue brutalità, le sale di tortura insozzate di sangue, le deportazioni di giovani donne verso i Paesi del Golfo, la ferocia dei militari che propugnano una "soluzione finale" nei confronti delle minoranze. C'è una storia d'amore tra una ragazza irachena, fresca di studi in medicina in Italia, ed un ragazzo curdo (troppo facile il riferimento al tema di Giulietta e Romeo trasposto in ambito orientale, con Giulietta che rinuncia ad una comoda carriera per assistere i curdi perseguitati). C'è un terzo incomodo, un tenentino in crisi di coscienza che per gelosia cerca di intralciare i piani dei due amanti. Ci sono gli echi dell'estenuante guerra, ormai alla fine, con l'Iran (siamo a fine anni '80). Ci sono le tracce devastanti delle ferite sui corpi dei curdi causate dalle armi chimiche usate da Saddam e fornite (così viene riferito nella narrazione) dagli USA. C'è un bambino in fasce affidato alla ragazza da una madre avviata a morte sicura ad Abu Grahib. C'è la fuga notturna degli amanti con il fagottino per sfuggire agli inseguitori (anche qui chiaro il riferimento alla sacra famiglia in fuga da Erode). Ci sono i ripetuti atti di coraggio e di eroismo di lei, fino all'estremo sacrificio. Il tutto raccontato come un lungo flash-back da lui che, ormai invecchiato, medita sul luogo di sepoltura dell'amata, insensibile ai fremiti popolari suscitati dalla caduta del Rais.
La cosa migliore di questo film, del cui regista non so nulla se non che opera e vive in Italia, è il protagonismo attivo o comunque positivo delle donne, che cercano con risultati alterni e con varie modalità di contrapporsi alla protervia maschilista di chi pretende sempre di decidere per (o contro di) loro, e che si sottraggono ad hijab e chador pur non rinunciando agli abiti tradizionali. Ma per il resto la regia è piatta, le immagini stereotipate e senza guizzi, sceneggiatura e dialoghi tutt'altro che di spessore (abbiamo visto ben altro sulla cultura islamica, sui suoi pregi e difetti, oltre che sul diffuso antifemminismo), la recitazione non è indimenticabile, non mancano ingenuità narrative. Di conseguenza il coinvolgimento emotivo, almeno per me, è risultato pressochè nullo. Insomma, nonostante il tema che richiama un pezzo di storia le cui ferite sono ancora aperte e che evidenzia risvolti interessanti, mi sembra un'occasione sprecata.
[+] lascia un commento a pepito1948 »
[ - ] lascia un commento a pepito1948 »
|