laulilla
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sabato 28 agosto 2010
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una difficilissima formazione
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In una degradata periferia londinese, vive Mia, quindicenne che affronta nella più squallida solitudine la sua adolescenza. La madre, che avrebbe il compito di aiutarla a superare un delicatissimo passaggio della vita, si rivela immatura e infantile: la sente come un peso e la vede come rivale in amore, mentre la sorellina è ancora molto piccola per capirla davvero. Mia, dunque, impara presto a difendersi da sola, con gli strumenti dell’aggressività, esercitata nei confronti delle amiche, che riesce perciò ad allontanare da sé, ma anche nei confronti dei maschi che tentano di abusare di lei e che sono costretti a una precipitosa ritirata. La fanciulla ha due sogni: impadronirsi di una mite cavallina bianca, malata, per sottrarla alla crudele volontà di chi la vuole abbattere, e danzare, affermandosi nel mondo dello spettacolo.
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In una degradata periferia londinese, vive Mia, quindicenne che affronta nella più squallida solitudine la sua adolescenza. La madre, che avrebbe il compito di aiutarla a superare un delicatissimo passaggio della vita, si rivela immatura e infantile: la sente come un peso e la vede come rivale in amore, mentre la sorellina è ancora molto piccola per capirla davvero. Mia, dunque, impara presto a difendersi da sola, con gli strumenti dell’aggressività, esercitata nei confronti delle amiche, che riesce perciò ad allontanare da sé, ma anche nei confronti dei maschi che tentano di abusare di lei e che sono costretti a una precipitosa ritirata. La fanciulla ha due sogni: impadronirsi di una mite cavallina bianca, malata, per sottrarla alla crudele volontà di chi la vuole abbattere, e danzare, affermandosi nel mondo dello spettacolo. A questa seconda passione, Mia si dedica con metodo, allenandosi in vista di un’esibizione, ma l’ambiente equivoco in cui verrà accolta la induce a fuggire. Il film si svolge indugiando sulle vicende della ragazzina, con pietosa partecipazione, anche quando la rabbia della giovinetta sembra oltrepassare davvero il segno, e precipitare nella tragedia anche chi è innocente e non porta alcuna responsabilità delle sue sciagure. Lo spettatore capisce che non potrà esistere per lei altro che un futuro incerto e marginale, mancandole quegli strumenti culturali minimi che le permetterebbero di affrontare la vita secondo i suoi desideri (davvero struggente la scena in cui Mia, aggirandosi nella casa di Connor, l’uomo che aveva approfittato della sua ingenuità, esprime, con lo sguardo che si posa su angoli e oggetti, il sogno di una vita normale e organizzata). Il regista affronta quindi un tema non molto originale: quello dello squallore delle periferie urbane, in cui si infrangono i sogni di riscatto di un gran numero di ragazzi, che non hanno chi li ascolti e li guidi con fermezza e comprensione e, nonostante qualche lungaggine, riesce a dar vita credibile a una figura contraddittoriamente violenta e tenera come quella di Mia, splendidamente interpretata dalla giovanissima Katie Jarvis, al suo primo film.
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gianleo67
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martedì 30 settembre 2014
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escaping from...essex
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Adolescente inquieta e ribelle, Mia vive in un quartiere popolare dell'Essex insieme alla madre, superficiale e irresponsabile, ed alla sorellina più piccola. Espulsa da scuola ed interessata solo alla danza hip-hop, trascorre le sue gionate fuori casa tra un allenamento e le passeggiate lungo gli squallidi sobborghi di una periferia desolata e degradata. Quando il nuovo aitante e premuroso amico della madre inizia ad interessarsi a lei ed alla sua passione per la musica, le sembra di aver finalmente trovato una figura di riferimento maschile cui avvicinarsi con interesse e fiducia. Ma questa sarà per lei l'ennesima e cocente delusione.
Interessata tanto ad un paesaggio urbano che dimostra di conoscere a menadito, quanto al realismo sociale di una messa in scena che sembra tallonare da presso la giovane protagonista femminile (camera mobilissima, frequente uso della soggettiva, prevalenza di campi medi e stretti), la regista inglese Andrea Arnold sembra avere bene assimilato i capisaldi di un cinema europeo che strizza l'occhio al morboso interesse che il pubblico festivaliero riserva alle storie esemplari di emarginazione e (falso) riscatto e che trova nei fratelli Dardenne o nel cinema di Loach (quest'ultimo certo, in senso più politico) i suoi ideali punti di riferimento.
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Adolescente inquieta e ribelle, Mia vive in un quartiere popolare dell'Essex insieme alla madre, superficiale e irresponsabile, ed alla sorellina più piccola. Espulsa da scuola ed interessata solo alla danza hip-hop, trascorre le sue gionate fuori casa tra un allenamento e le passeggiate lungo gli squallidi sobborghi di una periferia desolata e degradata. Quando il nuovo aitante e premuroso amico della madre inizia ad interessarsi a lei ed alla sua passione per la musica, le sembra di aver finalmente trovato una figura di riferimento maschile cui avvicinarsi con interesse e fiducia. Ma questa sarà per lei l'ennesima e cocente delusione.
Interessata tanto ad un paesaggio urbano che dimostra di conoscere a menadito, quanto al realismo sociale di una messa in scena che sembra tallonare da presso la giovane protagonista femminile (camera mobilissima, frequente uso della soggettiva, prevalenza di campi medi e stretti), la regista inglese Andrea Arnold sembra avere bene assimilato i capisaldi di un cinema europeo che strizza l'occhio al morboso interesse che il pubblico festivaliero riserva alle storie esemplari di emarginazione e (falso) riscatto e che trova nei fratelli Dardenne o nel cinema di Loach (quest'ultimo certo, in senso più politico) i suoi ideali punti di riferimento.
Coraggiosa nel rischiare un casting dove tra i più noti ed emergenti protagonisti del cinema britannico (Fassbender e Wareing) si affida il ruolo di protagonista ad una ragazzina debuttante reclutata per caso in stazione mentre litiga col fidanzatino (Katie Jarvis), la Arnold dimostra e mostra più interesse per la credibilità del contesto sociale e l'attendibilità psicologica dei personaggi che per il valore pure esemplare che la storia sembra affidare ai simbolismi che affiorano qui e là come segni premonitori di un racconto di formazione fondato sullo sradicamento familiare e l'inevitabile tentativo di fuga in avanti (la cavalla da liberare, la musica come paradigma di un improbabile riscatto personale, la difficile iniziazione sessuale, i campi lunghi che traguardano l'orizzonte lontano di un mondo chiuso come una 'gabbia per pesci', il predibile epilogo di un abbandono del focolare domestico). Chiuso in questo 'linguaggio da strada' che asseconda il rigore di una messa in scena minimale e l'uso pure spartano e marginale della colonna sonora intradiegetica (una insolita versione rhythm & blues della California Dreamin' dei Mamas and Papas), il film della Arnold rischia l'appiattimento su di un ritmo eccessivamente dilatato (123 minuti possono stancare) e la criteriata scelta di picchi drammatici che deviano dalle consuete logiche narrative all'insegna della prevedibilità melodrammatica (dalla perdita della verginità sul divano di casa ad un ratto dell'infante andato a buon fine). A conti fatti il film sembra trovare la quadra tra credibilità del registro e velleità autoriali, convincendo tanto i membri del 62º Festival di Cannes che gli attribuiscono il Premio della Giuria quanto quelli dell'Accademia Britannica che gli consegnano il BAFTA come miglior film. Così è (se vi pare).
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dandy
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giovedì 31 marzo 2011
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già visto certo,ma meglio di molti altri esempi.
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La regista-sceneggiatrice,qui al suo secondo film conferma il suo potenziale ma anche i suoi limiti.Conosce senza dubbio gli ambienti squallidi che descrive e sa dirigere il cast(in particolare la protagonista,qui al suo esordio)nonchè approfondire le relazioni tra i personaggi.Ma dopo una prima parte in cui non succede praticamente nulla,c'è un susseguirsi di eventi a rischio di esagerazione.E non convince l'oscillazione continua tra simbolismi facili(il cavallo bianco legato,il palloncino a forma di cuore)e provocazioni calcolate(le bambine che bevono e fumano,la scena di sesso tra Connor e Mia,quindicenne nel film ma appena maggiorenne nella realtà).Un film corretto,che difficilmente vedremo girare da noi,e specialmente in America, per il modo in cui è trattato il tema del break-dance:è una scappatoia ma fa appena da riflesso alle vicende,anzichè essere sfruttato per allungare il brodo con interminabili balli controfigurati.
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La regista-sceneggiatrice,qui al suo secondo film conferma il suo potenziale ma anche i suoi limiti.Conosce senza dubbio gli ambienti squallidi che descrive e sa dirigere il cast(in particolare la protagonista,qui al suo esordio)nonchè approfondire le relazioni tra i personaggi.Ma dopo una prima parte in cui non succede praticamente nulla,c'è un susseguirsi di eventi a rischio di esagerazione.E non convince l'oscillazione continua tra simbolismi facili(il cavallo bianco legato,il palloncino a forma di cuore)e provocazioni calcolate(le bambine che bevono e fumano,la scena di sesso tra Connor e Mia,quindicenne nel film ma appena maggiorenne nella realtà).Un film corretto,che difficilmente vedremo girare da noi,e specialmente in America, per il modo in cui è trattato il tema del break-dance:è una scappatoia ma fa appena da riflesso alle vicende,anzichè essere sfruttato per allungare il brodo con interminabili balli controfigurati.E cosa più importante,non risolverà i problemi di Mia.Osannato dalla critica inglese.Da noi qualche genio ha pensato bene di mandarlo in piena estate:troppo crudo e adulto per un pubblico di cinepanettoniani.E gli hanno appioppato il solito doppiaggio maldestro e giovanilista.
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molenga
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martedì 6 marzo 2012
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niente di nuovo
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Mia ha 15 anni, è stata espulsa da scuola ed ha perso la sua migliore(unica amica), vive nell'abbandono del sottoproletariato inglese con una madre di facili costumi e una sorella più piccola che non sembra destinata ad una sorte principesca: il suo unico sfogo è salire in un palazzone vuoto e preparare coreagrafie su basi hip-hop. A scuoterla dal tran tran c'è il nuovo uomo della madre, connor(michael fassbender),
Tutto già visto, dall'ambiente(sixteen) alle tematiche(thirteen, rosetta, mean girls). Tuttavia si tratta di un filmetto potabile sulle tematiche dell'adolescenza bruciata, sull'abbandono e, pur con qualche evidente falla nel copione, risullta organico; certo, senza pompare troppo i muscoli della regia, si potrebbe fare di più.
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Mia ha 15 anni, è stata espulsa da scuola ed ha perso la sua migliore(unica amica), vive nell'abbandono del sottoproletariato inglese con una madre di facili costumi e una sorella più piccola che non sembra destinata ad una sorte principesca: il suo unico sfogo è salire in un palazzone vuoto e preparare coreagrafie su basi hip-hop. A scuoterla dal tran tran c'è il nuovo uomo della madre, connor(michael fassbender),
Tutto già visto, dall'ambiente(sixteen) alle tematiche(thirteen, rosetta, mean girls). Tuttavia si tratta di un filmetto potabile sulle tematiche dell'adolescenza bruciata, sull'abbandono e, pur con qualche evidente falla nel copione, risullta organico; certo, senza pompare troppo i muscoli della regia, si potrebbe fare di più.
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