Il mio vicino Totoro

Ci si accorge dello zampino di Hayao nei primi fotogrammi del film: c’è la sua storia, la sua mano e il suo amore per questo tipo di ambientazioni. Tranquillità, bambini, musica dolce e raffinata. La favola non prende avvio subito, ci addentriamo piano piano nel bosco incantato di Totoro. L’inizio è affidato alla presentazione della famiglia: un papà apprensivo, premuroso e dolce, e le due bambine, la sorellona e Mei. Due bambine felici, nonostante la mamma gravemente malata in ospedale. I personaggi sono normali, è la casa in cui si trasferiscono che sembra “stregata”. Una dimora alla Miyazaki, diroccata, con i muri marci, ma, lo notiamo subito, accogliente. E’ il bosco adiacente, fantastico con i suoi giganteschi alberi, che stimola l’attenzione delle piccole. Il bosco come dimora di creature magiche, come rifugio dei sogni, come patria dei bimbi e ancora, la figura della nonna, la famiglia unita e le creature magiche e piccole che si insinuano come polvere; tutte figure ricorrenti nelle produzioni posteriori del regista nipponico, qui ai suoi primi lungometraggi (ricordo che il film è del 1988). E’ Totoro ad essere “nuovo”. Ma Totoro? Cos’è Totoro? Difficile dirlo con esattezza: un sogno, il dio del bosco, il vento, o una versione di madre natura stilizzata e alquanto poco convenzionale? Semplicemente è un essere peloso e sorridente, angosciante come tutte le creature di Miyazaki che urla, salta e vola. E’ la bimba più piccola a trovarlo. A “vederlo”. Ed è subito tranquillizata da questo animale cosi soffice e protettivo. Sarà la sorella più grande però ad averne bisogno in un momento difficile, e qui, il loro amico non le deluderà. Tra venti e profumi, il film non è quello a cui il pubblico di Miyazaki è abituato. È una favola, è un piccolissimo lume che verrà poi acceso e diventerà rigoglioso nei suoi successivi capolavori. È, infatti, povero. Non per le perfette rappresentazioni dei luoghi, meno ancora che per la musica e per la sceneggiatura. Manca un po’ di fantasia. Il pubblico europeo abituato ormai da 20anni ad ogni suo film a dover filtrare finzione e realtà, invenzione e creazione, reale da immaginario, rimane indubbiamente freddo davanti ai pochi momenti di “energia fantasiosa”. Riservato ad un pubblico che sa emozionarsi, ridere di fronte ad un sorriso e che sa ancora sognare. Chi di noi non ha mai sognato di avere un amico come Totoro? Che c’è sempre, quando si perde la retta via? E chi ancora non ha immaginato di poter salire su di un gatto volante che esprime ogni nostro desiderio, visibile solo da noi e da pochi altri, volare sulle teste di tutti, sui prati e sui fiumi. Un sogno? Non più. Il nostro più peloso vicino.Totoro.