Lo stato delle cose |
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Un film di Wim Wenders.
Con Isabelle Weingarten, Rebecca Pauly, Jeffrey Kime, Geoffrey Carev, Camilla Mora, Alexandra Auder, Patrick Bauchau.
continua»
Titolo originale Der Stand der Dinge.
Drammatico,
durata 120 min.
- Germania 1982.
MYMONETRO
Lo stato delle cose
valutazione media:
4,00
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Il cinema non c'entra con la vita?di Paola Di GiuseppeFeedback: 25409 | altri commenti e recensioni di Paola Di Giuseppe |
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martedì 22 giugno 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Wenders riflette sul cinema e sul suo destino.Lo stato delle cose è un film a tesi sul significato del raccontare per immagini e dell’immagine stessa.
Due locations,Sintra in Portogallo,la punta più avanzata nell’Atlantico del continente europeo,la costa da cui partivano i conquistadores del nuovo mondo.
Un albergo semidistrutto da mareggiate dove il cast aspetta Gordon,il produttore sparito con i finanziamenti,interni di stanze dove si consumano stanchi amplessi, scorci del Bairro Alto a Lisbona con l’electrico che arranca,e poi Los Angeles,gli studios,le strade,il vetro,l’acciaio, prospettive dall’alto su grattacieli.
Il prologo: la troupe sta girando The survivors, film di fantascienza classica, un after day girato in “effetto notte”, B-movie sulla scia del The most dangerous man di Allan Dwan.
Le riprese s’interrompono, Joe, fotografo di scena (un Samuel Fuller disincantato e genialmente caustico) dice che con la pellicola che resta al massimo fanno un primo piano.
Friedrich,il regista,alter ego di Wenders, è la simbiosi perfetta nel viso, nei gesti,nel lungo corpo che si muove calmo e teso,delle varie anime dell’Europa,e la parola adatta è saudade.
Parte per Los Angeles,lascia dietro di sé marionette senza fili, personaggi senza autore, e trova Gordon in fuga indeterminate e misteriose minacce di morte da parte di non si sa chi in una casa-mobile che gira senza meta per le strade della città, un mondo di strade su strade,mentre un flash fulmineo inquadra Fritz Lang ridotto a nome su una mattonella del selciato e superano un cinema in cui proiettano Sentieri Selvaggi).
Nelle parole dei due si confrontano due concezioni, del cinema e della vita, e la prima è perdente. L’Europa soccombe con la sua tradizione classica che seziona e ricompone nel gioco dialettico, allegorizza e organizza, produce senso nel sotterraneo rimando analogico e dà forma prismatica al “deserto del reale”.
L’America è azione, movimento “il cinema non c’entra con la vita- urla Gordon a Friedrich- queste cose il pubblico non le vuole, e poi, bianco e nero! Quando facevo vedere i giornalieri ai finanziatori mi chiedevano
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