nick castle
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lunedì 25 maggio 2009
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il filmone di renzo arbore!
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Riguardare i film fa bene, sopratutto se nella loro versione più integrale e nelle grazie del regista. Arbore trasporta quelli de "L'altra domenica" al cinema con risultati non sempre costanti ma più che discreti. Come esordio ala regia bisogna dirlo, Arbore è trash, ma è proprio quello che lo rende inimitabile. Montaggio particolare ma alquanto trash anch'esso(con sette persone affiate al montaggio effetivamente mi sarei aspettato qualcosa di diverso, qualcosa tipo il montaggio di Celentano in "Yuppi du", ma anche per questo il iscorso è lo stesso della regia). La fotografi di Tovoli mi dispiace dirlo a fa proprio schifo. Peròil cast stellare è incomparabile! Scene più riuscite: Il coro degli spernacchioni, il dialogo tra Roberto Benigni e il vescovo e il monologo di Benigni sul giudizio
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Riguardare i film fa bene, sopratutto se nella loro versione più integrale e nelle grazie del regista. Arbore trasporta quelli de "L'altra domenica" al cinema con risultati non sempre costanti ma più che discreti. Come esordio ala regia bisogna dirlo, Arbore è trash, ma è proprio quello che lo rende inimitabile. Montaggio particolare ma alquanto trash anch'esso(con sette persone affiate al montaggio effetivamente mi sarei aspettato qualcosa di diverso, qualcosa tipo il montaggio di Celentano in "Yuppi du", ma anche per questo il iscorso è lo stesso della regia). La fotografi di Tovoli mi dispiace dirlo a fa proprio schifo. Peròil cast stellare è incomparabile! Scene più riuscite: Il coro degli spernacchioni, il dialogo tra Roberto Benigni e il vescovo e il monologo di Benigni sul giudizio universale!
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(di nick castle)
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il novantacinquino
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sabato 15 agosto 2015
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la rivincita della mosca vaticana
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Cosa dire de “Il Pap’occhio”? Meglio partire dalla trama: accompagnata da un coro di cantanti jazz napoletani in abito a righe anni ’30, la pellicola illustra le assurde vicende che coinvolgono Arbore e la sua cricca di tredici elementi impegnati nel sacro compito (partito dal Papa in persona) di dare vita alla prima rete vaticana. La condotta del neoeletto Wojtyla preoccupa non poco i vari cardinali e la loro assoluta mancanza di fiducia nel progetto della creazione dell’emittente vaticana da vita ad una congiura atta ad ostacolare la riuscita del progetto, assicurandosi la collaborazione del, è proprio il caso di dirlo, il “tredicesimo apostolo” di Arbore: Roberto Benigni.
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Cosa dire de “Il Pap’occhio”? Meglio partire dalla trama: accompagnata da un coro di cantanti jazz napoletani in abito a righe anni ’30, la pellicola illustra le assurde vicende che coinvolgono Arbore e la sua cricca di tredici elementi impegnati nel sacro compito (partito dal Papa in persona) di dare vita alla prima rete vaticana. La condotta del neoeletto Wojtyla preoccupa non poco i vari cardinali e la loro assoluta mancanza di fiducia nel progetto della creazione dell’emittente vaticana da vita ad una congiura atta ad ostacolare la riuscita del progetto, assicurandosi la collaborazione del, è proprio il caso di dirlo, il “tredicesimo apostolo” di Arbore: Roberto Benigni. Questa trama sarà il pretesto per una serie di gag al limite del grottesco e del demenziale.
Detto questo viene da porsi un quesito: cosa rende meritevole questo film di una visione? A parere del sottoscritto, sarebbe più pratico e veloce illustrare ciò che penalizza la pellicola: troppe, infatti, le cose da ricordare e da scolpire negli annali della commedia.
Ciò che gioca a sfavore dell’opera è senza dubbio l’inesperienza di Arbore nella regia cinematografica che, soprattutto nella composizione delle inquadrature, si fa sentire spesso e mina l’esperienza. Inoltre l’atmosfera generale potrebbe non piacere a chi è in cerca di una commedia di stampo classico, lasciandolo dunque spiazzato di fronte all’aria surreale e folle che permea l’intera pellicola (sicuramente d’ispirazione per il primo Benvenuti, soprattutto quello di “Ad ovest di Paperino”).
Detto questo cosa offre questo film al suo paziente spettatore? Tutto ciò che Arbore e la strepitosa equipe de “L’altra domenica” ai tempi potevano offrire, e anche di più. Cosa citare? Si va dall’indiscutibile simpatia e bravura dei caratteristi (tra cui è giusto citare un esordiente, nel cinema comico, Abatantuono nel ruolo di padre Gabriele, una bellissima e deliziosa Isabella Rossellini e uno strepitoso Andy Luotto) alla meravigliosa ricostruzione del Vaticano, dai deliziosi camei (tra cui il regista Martin Scorsese e il coautore Luciano de Crescenzo) alle geniali citazioni (alcune indicate “a piè schermo”), dal fantastico inizio allo strepitoso finale, dalle gag indimenticabili alle scene cult (tra cui ricordiamo quella di Luotto e di San Simeone e quella di Benigni nella cappella Sistina, allora sotto restauri). E se a ciò aggiungiamo le numerose citazioni e strizzate d’occhio al nuovo testamento e, in particolare, ai Vangeli diviene incredibilmente arduo non passare sopra ai difetti sopra citati. Va data inoltre lode al meraviglioso senso del comico di Arbore che da vita ad un’umorismo libero da qualsiasi vincolo, totalmente folle ed anarchico, ma comunque pregno di una serenità e di un candore introvabili ed unici in questo ambito.
Deve essere citata la reazione incredibilmente negativa che scatenò nei credenti e nell’ambito della Chiesa cattolica (dovuta, oltre che alle citazioni ai Vangeli, al personaggio del pontefice, caratterizzato da un’interpretazione eccessivamente caricaturale) che spinse i distributori al ritiro momentaneo della pellicola e alla sua parziale censura.
Tirando le somme, “Il Pap’occhio” non è assolutamente un film esente da difetti, ma la sua folle comicità e il suo rapporto critico con la religione non solo lo salva dalla loro corrosiva e fastidiosa presenza ma lo rende assolutamente degno di essere messo accanto ad opere di argomento simile come “Life of Brian” e lo rende sicuramente degno della visione.
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paride86
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domenica 29 marzo 2009
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poteva venire meglio
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Il Papa incarica Arbore di fare una televisione vaticana al passo coi tempi e lui, insieme alla sua sgangherata congrega, accetta.
Il film è piacevolmente blasfemo e irriverente e contiene alcune trovate davvero geniali
a cominciare dalle battute di Abatantuono e dallo sketch del cesso di Iglesias
ma alla fine la storia stenta a decollare: non bastano le sorelle Bandiera per tirarla su. E neanche le battute stanche di un Benigni in pessima forma.
La colpa di tutto credo sia della regia: se Arbore l'avesse affidata a qualcun altro il risultato sarebbe stato migliore.
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(di rescim)
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