Brutti sporchi e cattivi |
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Un film di Ettore Scola.
Con Nino Manfredi, Marcella Michelangeli, Marcella Battisti, Claudio Botosso, Silvia Ferluga.
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Commedia,
durata 115 min.
- Italia 1976.
MYMONETRO
Brutti sporchi e cattivi
valutazione media:
3,38
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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La tragicommedia di una "favela" romanadi MarcoFeedback: 0 |
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martedì 9 maggio 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Sembra quasi lo scenario di "City of God", pellicola più recente ambientata nella "favela" brasiliana, quello che Scola offre agli occhi dello spettatore con questo film a metà strada tra commedia nostrana e tardo neorealismo. Il regista non risparmia quasi nulla nel mostrare il carnaio di vite ammassate in un sobborgo che si stenta a riconoscere come romano. Eppure su questo colle dal quale si scorge la semiperiferia residenziale della capitale, nonché il "cupolone", accade quello che agli occhi dei cittadini arriva solo come piccola criminalità: gli scippi che i figli del povero - ma avaro e meschino - Giacinto (Manfredi) commettono per le vie del centro vanno ad alimentare la miseria senza riserve della quale si nutre chi nulla ha a che vedere con i lati positivi del boom economico degli anni settanta. Quasi un film-denuncia, un'analisi sociologica della precarietà come conseguenza della modernità, grazie alla quale si ride, ma pur si riflette, su una realtà che mostra chiaramente che la devianza è dovuta spesso alle condizione nelle quali si vive, anzi si nasce. Dai bambini chiusi in asilo-recinto costruito alla meglio con reti da letto e ferraglia varia, alla numerosa e variegata famiglia di protagonisti residenti in una baracca nella quale si consuma di tutto: sesso con chi capita a tiro, fino a sfiorare l'incesto; la nonna paralitica e perennemente deposta innanzi a un televisore mai spento; fino al tentato omicidio di Giacinto, ideato da sua moglie e organizzato da tutta la famiglia (se così può definirsi). Il degrado si unisce ad una strana poetica del sopravvivere, fino a mostrare che la descrizione filmica di una simile condizione è tanto efficace quanto più è grottesca. Si ride parecchio, va ribadito, ma non senza malinconia, e diversamente non potrebbe essere, dato il soggetto. Non da ultimo va considerata l'ottima caratterizzazione che Manfredi opera sul suo personaggio: Giacinto è un uomo misero ma con una forza straordinaria, che difficilmente crepa, neanche se avvelenato con il veleno dei topi. I topi, altri personaggi che ricorrono continuamente nei fotogrammi del film, camminano qua e là tra letti e stracci e vengono di tanto in tanto lanciati per aria dai bimbi o dai grandi che, ormai, non ci fanno nemmeno più caso.
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