Un'avventura mentale nella Milano d'agosto
di Roberto Nepoti La Repubblica
Probabilmente a Tarantino Come l'ombra non piacerebbe: trentenni in esilio da se stessi, vite sfocate, azione ridotta al minimo sono proprio i caratteri che ha rimproverato al nostro cinema. E invece film come questo sono necessari, tanto quanto lo sono i suoi "splatter" cerebrali e sanguinari.
Marina Spada mostra di sapere bene che il cinema è un luogo mentale, che si forma via via nella testa dello spettatore. Lo certifica il modo in cui ci fa entrare nell'intimità di Claudia, che lavora in un'agenzia di viaggi milanese e vive senza illusioni, scontenta di dove viene, scontenta di dove va. Fino a quando Boris, l'insegnante di russo da cui è attratta, non le chiede un favore: ospitare per qualche giorno Olga, una sua presunta cugina in arrivo da Kiev.
Dapprima seccata, poco a poco Claudia si rianima in compagnia della giovane ucraina, innamorata dell'Italia ("il Paese di Leonardo, di Michelangelo, di Armani") ed entusiasta del cappuccino. Quando Olga scompare, lasciando tutte le sue cose a casa dell'italiana, questa si mette alla sua ricerca nella deserta Milano d'agosto.
Su un soggetto essenziale, Spada realizza un film scarnificato eppure coinvolgente, perfino commovente. La scelta di privilegiare le pause, i vuoti rispetto ai pieni, ricorda il cinema di Antonioni, così come la ricorrenza delle "soglie" e la Milano deserta, fantasmatica in cui Claudia si aggira. Ogni inquadratura è meditata e consapevole, con un uso ricercato della profondità di campo.
Da La Repubblica, 22 giugno 2007
di Roberto Nepoti, 22 giugno 2007