Ti guardo con amore mi sembra una frase appropriata per la cifra stilistica e narrativa di questo film.
L'opera di Pallaoro è un film sensoriale, rarefatto nei contorni, capace di far emergere il senso dei silenzi. Hannah è Hannah in ogni piccolo frammento di vita, tra solitudine e smarrimento che lo stesso spettatore può interiorizzare e percorrere.
Il regista segue ogni piccolo movimento della protagonista che riempe la scena, quasi come in un'opera teatrale. Basta lei. Lo sguardo che cede ai pochi passi, il dolore che non è trattenuto o celato ma privo di parole. Charlotte Rampling viene guardata dal regista con amore. Quell'amore che manca alla protagonista.
Senza sfoghi, senza resa con uno sguardo che mai si spegne tra gli oggetti che le riportano i ricordi, Hannah appare disorientata in queste emozioni ma esula dal dramma artefatto. Le inquadrature sono perfette in questo piccolo viaggio interiore. Immediato il pensiero cinematografico al Maestro Michelangelo Antonioni, al suo Deserto Rosso e all'inarrivabile Monica Vitti. Il film di Pallaoro non è certo un'opera di tale levatura ma sa tenere in scena senza imitare e personalizzando l'esperienza emotiva di un cambiamento, del senso di ciò che in parte muore (la balena simbolicamente) e il reinventarsi con ciò che resta. In questo passaggio c'è la protagonista che con una disperazione muta, assorda le sue stanze. Lo spettatore cammina insieme ad Hannah, può ritrovarsi in qualche sguardo vuoto e perso, sapendo che da qualche parte ci sarà un nuovo inizio.
Bravo Pallaoro, straordinaria Charlotte Rampling.
La fotografia riesce a rendere più efficace la sceneggiatura che in sé si traduce nella sola attrice.
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tom87
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giovedì 22 febbraio 2018
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'hannah', dove il minimalismo diventa stile
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Charlotte Rampling, Coppa Volpi al 74° Festival di Venezia, è l'anima dell'ultimo film di Pallaoro. E' lei, il suo volto, il suo sguardo espressivo, i suoi silenzi, insomma tutta la sua superlativa performance interpretativa a riempire l'inquadratura. L'anima (e il corpo) di una donna che sta perdendo la sua identità e non accetta la realtà attorno. Una donna sola, intrappolata con i propri demoni in una dolente presa di coscienza. E' lei a valorizzare tutta l'opera ripagando ogni aspetto realizzativo del film adoperato in sua funzione: la regia che le è sempre addosso; il ritmo lento; le atmosfere sospese; lo script che lavora per sottrazione e in maniera anti-narrativa; la messinscena rigorosa che riecheggia il cinema dell'alienazione di Antonioni.
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Charlotte Rampling, Coppa Volpi al 74° Festival di Venezia, è l'anima dell'ultimo film di Pallaoro. E' lei, il suo volto, il suo sguardo espressivo, i suoi silenzi, insomma tutta la sua superlativa performance interpretativa a riempire l'inquadratura. L'anima (e il corpo) di una donna che sta perdendo la sua identità e non accetta la realtà attorno. Una donna sola, intrappolata con i propri demoni in una dolente presa di coscienza. E' lei a valorizzare tutta l'opera ripagando ogni aspetto realizzativo del film adoperato in sua funzione: la regia che le è sempre addosso; il ritmo lento; le atmosfere sospese; lo script che lavora per sottrazione e in maniera anti-narrativa; la messinscena rigorosa che riecheggia il cinema dell'alienazione di Antonioni. Una pellicola essenziale, minimale, che sa descrivere in modo delicato e credibile il graduale crollo emotivo e psicologico di Hannah, mettendo a confronto questo spaesamento con le relazioni umane e le pressioni sociali.
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francesco2
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domenica 30 luglio 2023
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brava
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Non condivido quasi nulla di questo commento, ma lo trovo davvero interessante, una vera recensione che potrebbe essere pubblicata su qualche sito. Brava.
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