Holy Motors |
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Un film di Leos Carax.
Con Denis Lavant, Edith Scob, Eva Mendes, Kylie Minogue, Elise Lhomeau.
continua»
Drammatico,
durata 110 min.
- Francia, Germania 2012.
- Movies Inspired
uscita giovedì 6 giugno 2013.
MYMONETRO
Holy Motors ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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al limite dell'in-comunicabile
di il recensoreFeedback: 1367 | altri commenti e recensioni di il recensore |
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mercoledì 25 dicembre 2013 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Nel recensire Holy Motors mi trovo di fronte al limite dell'in-comunicabile, che è proprio del capolavoro: il dover dire pur in mancanza di parole. Giles Deleuze scriveva analizzando il Riccardo III di Carmelo Bene: "(...)Egli si comporrà con protesi secondo gli oggetti che trae da un cassetto. Si costituirà, un pò come Mr. Hyde, con colori, rumori, cose. Si formerà, o meglio, si deformerà secondo una linea di variazione continua". Holy Motors è in questo continuo fare e disfare, cinema che implora un ritorno al corpo, alla voce e al gesto, al contempo riflessione acerba e beffarda sulla condizione dello spettatore moderno-zombie allenato alla passività televisiva (da antologia la sequenza della "platea", di richiamo a "In girum imus nocte et consumimur igni")- e requiem sull'oggetto cinema, svuotato e squalificato, ridotto ad intrattenimento da weekend, insalvibile dunque anche perché giunto al suo parossismo. Sottrattosi dall'oblio del sonno "artistico" con un prologo Lynchiano Carax ri(apre) un varco sul macrocosmo cinema e ne fagocita la storia come Céline fece con quella del 900, restituendo allo schermo citazioni e frammenti di un arte perduta in dis-grazia, eppure ancora capace di incantare: da Merde, freaks "browningiano" terrificante e sublime (fino al ridicolo, suggerirebbe Zizek), alla sequenza delle scimmie (al contempo Kubrick, Oshima e Schaffner ), attraversando Bronson, Vidor, Bunuel e René Clair, farsa e commedia, dramma e psico horror fino a sfociare nel musical (con uno straordinario cameo di Kylie Minogue ). A far (cadere) la maschera è Denis Lavant, interprete polimorfe e abilissimo ( finalmente un attore "scostumato"), insieme mostro e assassino, mendicante e padre, campionario "sociale" e ideale vaso di Pandora, impossibilitato ad esser se stesso poiché, "come Shakespeare, è tutti e nessuno" (succedeva lo stesso in un racconto di Borges). Grottescamente anti-narrativo, il film viaggia su sentieri discontinui (come la limousine bianca, camerino e simulacro di un modo di fare arte perduto ), disgiunto dall'obbligo di un senso (ma non di una logica): cinema privato del logos questo( i dialoghi sono ridotti all'essenziale), volto a restituire al fotogramma il ruolo di soggetto primario, e al corpo quello di oggetto del desiderio filmico( si guardi la sequenza dell'amplesso virtuale, in cui è denunciata l'odierna abnegazione totale della corporalità in favore del prodotto grafico). In una scena Michel Piccoli afferma che "la bellezza è nell'occhio di chi guarda", e subito Oscar risponde "e se nessuno guarda più?". Alfine Holy Motors è (anche) questo: un "viaggio al termine della notte", lapidario e rassegnato, ma anche un grido di dissenso contro un cinema di "cadaveri" in continua putrefazione e indirizzato a una platea apatica e indifferente, in-capace di meraviglia(rsi). Un'estrema invocazione che giunge dall'oblio filmico, perfetta e terrificante: (ri)svegliatevi, zombie !
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