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Negli anni '70 anche il cinema dell'orrore prende spunto dalla sanguinosa guerra del Vietnam, obbligando gli spettatori alla moda dello slasher con immagini cariche di una violenza spesso fine a se stessa. L'esordio di Wes Craven, che raggiungerà l'apice del successo come inventore della serie Nightmare, appartiene a questa leva con citazioni insolitamente colte, poiché è ispirato nientemeno che alla Fontana della vergine (1960) di Ingmar Bergman. La storia è quella di due ragazze americane - Mari (Sandra Cassel), di buona famiglia, e Phyllis (Lucy Grantham), figlia di coppia protettore/prostituta - che decidono di festeggiare il compleanno della prima andando a vedere un concerto rock a New York. Non ci arriveranno mai: infatti, cercando di comprare della marijuana, finiscono in balia di quattro balordi il cui capo Krug (David Hess) è appena evaso. Le portano in una radura vicina alla casa di Mari e le seviziano e uccidono. Poco dopo i genitori di Mari, che preoccupati per la scomparsa della figlia si sono rivolti alla polizia, ricevono in casa la visita dei quattro balordi nelle vesti di uomini d'affari e ci mettono poco tempo a scoprire che sono gli assassini della figlia. La coppia brama vendetta. Guardando L'ultima casa a sinistra un dubbio c'assale: il rappresentare tanta violenza è a puro scopo sensazionalistico o per denunciare il degrado dell'odierna civiltà urbana? A suo modo Craven fu un audace innovatore nella messinscena di sensazioni drammatiche e paurose, ma la critica e la censura lo stroncarono (in Inghilterra venne addirittura ritenuto "materiale osceno"). Andrebbe ridoppiato: l'edizione italiana è quella che poteva essere riservata, negli anni '70, solo a un film di serie B.
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