Cose di questo mondo |
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Un film di Michael Winterbottom.
Con Jamal Udin Torabi, Enayatullah
Titolo originale In This World.
Drammatico,
Ratings: Kids+16,
durata 90 min.
- Gran Bretagna 2002.
MYMONETRO
Cose di questo mondo
valutazione media:
3,33
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Raro film sul viaggio di un immigrato clandestinodi OndacinemaFeedback: 327 | altri commenti e recensioni di Ondacinema |
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domenica 21 febbraio 2010 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
L'incredibile storia vera è quella di Jamal, un giovanissimo rifugiato afghano che, dal campo profughi pakistano a Peshawar, decide di spendere l'unica ricchezza di cui dispone - la conoscenza della lingua inglese - per tentare di raggiungere assieme a suo cugino Enayatullah la Gran Bretagna. Il finto reportage è introdotto (in italiano, mentre per il resto della pellicola il regista ha imposto in tutto il mondo la versione originale sottotitolata) da un narratore esterno, che sciorina le impressionanti cifre annuali del traffico di uomini, una delle industrie più fiorenti in assoluto, per poi renderci partecipi dell'odissea del protagonista, il quale trova difficoltà anche soltanto ad attraversare la prima frontiera (quella iraniana, battutissima dagli afghani), ma non demorde, e tramite qualsiasi mezzo di trasporto terrestre e marino (quelli aerei sono troppo costosi), raggiunge la Turchia, l'Italia (da togliere il fiato lo sbarco a Trieste) e la Francia, dove tira a campare con piccoli lavori saltuari, poi finalmente Londra, dove trova conforto e memoria delle sue origini in una moschea. Girato in digitale, con quell'effetto-videogioco nelle riprese notturne cui dalla Prima guerra del Golfo siamo abituati, può sembrare un film fasullo; ma è il Winterbottom più autentico, anche se il senso di costante provvisorietà dell'esistenza, lo spaesamento geografico, culturale e sociale, l'impossibilità per Jamal di mettere radici, fanno sì che, alla fine, del film resti un po' poco. Che sia difficile raccontare dettagliatamente ciò che si è appena visto. Tuttavia non è questo, bensì, verosimilmente, il nome del regista, ad aver causato le stroncature quasi unanimi della critica più militante. Ma, in questo caso, aveva ragione la giuria del Festival di Berlino, che ha giustamente premiato il film con L'Orso d'oro.
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