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Civil War

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Un film di Alex Garland. Con Nick Offerman, Kirsten Dunst, Wagner Moura, Jefferson White.
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Titolo originale Civil War. Azione, durata 109 min. - Gran Bretagna, USA 2024. - 01 Distribution uscita giovedì 18 aprile 2024. MYMONETRO Civil War * * * - - valutazione media: 3,43 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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come nei peggiori incubi Valutazione 3 stelle su cinque

di Silvano Bersani


Feedback: 3261 | altri commenti e recensioni di Silvano Bersani
domenica 21 aprile 2024

 Credo che fosse, se non ricordo male, il 1996, quando per la prima volta la cinematografia americana con Indipendence Day mise sullo schermo la distruzione della Casa Bianca: quel raggio di luce che scendeva diretto dalla astronave aliena sul colonnato bianco facendolo esplodere non s’era mai visto prima.
Ci sono dei luoghi fisici in America che per il loro valore simbolico hanno un’aura di sacralità che li rende intangibili: la Casa Bianca, il Campidoglio, il Lincoln Memorial, l’obelisco sulla spianata del Mall. Eppure, come talvolta accade da quelle parti, l’incubo si fa talmente struggente che si sente il bisogno di mettere in scena l’estremo affronto ai simboli della più grande democrazia occidentale, in una sorta di catarsi dove la rappresentazione del non rappresentabile assume una valenza totemica.
E pare che di questi tempi di incubi ne girano e non pochi. Quell’America che ha visto le orde dei barbari salire le scalinate del Campidoglio il 6 gennaio del 2020 ora si appresta a rieleggere, e neppure tanto riluttante, quale nuovo Presidente quel medesimo personaggio che ne ispirò le gesta.
Ecco, questa è a mio avviso la vera e unica ragione di vedere questo film, cioè di gettare lo sguardo proprio là dove la paura degli americani si fa più concreta e verosimile. La storia potrebbe benissimo essere ambientata a Kiev, o a Bucha, o a Gaza: siamo già immunizzati dalla violenza che il sistema dell’informazione globale riversa ogni ora nelle nostre case. Ma qui evidentemente la violenza è strumentale ad una diversa narrazione. Più che un film distopico è una seduta di autocoscienza. Del resto anche il pretesto del film, una guerra civile che porta Texas e California a separarsi dagli altri stati, rappresenta un elemento forte nel contesto. L’unità della nazione, la lealtà verso le istituzioni sembravano fino a qualche anno fa elementi blindati.
Molti altri pregi il film non li avrebbe. All’inizio sembra un po’ un vecchio diesel, sbuffa, scoppietta, sembra faticare a prendere velocità. Anzi, sembra quasi che il film sia destinato a rimanere prigioniero nel suo pretesto narrativo. Poi però lo sguardo si allarga e progressivamente riesce a coinvolgere emotivamente. La regia offre senza dubbio un contributo importante allo sviluppo della storia. All’inizio quasi una regia da documentario, ma che poi via via non ha paura di entrare nella anatomia delle scene, sempre più intense ed emozionanti.
Non c’è altro, o quasi. I personaggi sono molto piatti e quasi maschere, ma del resto non credo potessero avere altro ruolo. La loro vicenda personale è talmente ovvia che neppure vale la pena di raccontarla.  Bella la fotografia, che usa con molta sapienza l’artificio retorico della fotografia da reportage, e non solo nei fermo immagine granulosi e sfocati, quanto anche nella scelta di asciugare al limite estremo la profondità di campo delle riprese in soggettiva.
Bella la colonna sonora, anche se ogni tanto hai la sensazione di sentire Jim Morrison con il suo “this is the end …”
Comunque da vedere.  

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