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Drammatico thriller di sopravvivenza talmente realistico da sembrare ispirato ad una storia vera ed invece è il frutto della fantasia del danese Rasmus Kloster Bro che ci tiene dentro empaticamente il racconto fino all’ultima sequenza del suo film avvincente angosciante adrenalinico seppur girato nello spazio chiuso ed angusto di una camera di manutenzione della fresa della talpa meccanica all’opera nelle viscere di Copenaghen per scavare un troncone di metropolitana
così si resta senza fiato claustrofobicamente accanto alla giornalista danese scesa per intervistare gli operai tra cui spunta incredibilmente il nostro Salvatore Striano che per una volta sebbene in una piccola parte non è un camorrista ma uno dei tanti emigranti onesti lavoratori all’estero come
gli altri due protagonisti ovvero l’anziano croato Krešimir Mikić ed il giovane eritreo Samson Semere che lottano per un poco di ossigeno pensando alla famiglia lontana fino a denudarsi dei propri panni e dei convenevoli posticci della maschera sociale per rivelare a poco a poco i sentimenti più profondi fino all’essenza della propria anima che si mostra per quel che è ossia puro istinto animale senza fronzoli ed abbellimenti soltanto crudele irrazionale feroce volontà di sopravvivenza
eppure qualcosa di umano si intravede ancora nella donna che rischiando la vita protegge il ragazzo trasfigurato in figlio o è un frainteso istinto primordiale materno emerso nelle profondità del sottosuolo-inconscio destinato a svanire in superficie
ma ciò resta come punto interrogativo immortalato icasticamente nell’espressione enigmatica di entrambi gli sguardi nel finale
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