"Never Steal Anything Smail"(CHarles Lederer, anche autore della sceneggiatura, musiche, dato che si tratta di un musical di Allie Wrubel, 1958)parla di un presidente del sindacato dei portuali USA, eletto con metodi tipicamente gangsteristici, che , da vero gangster, riesce a farsi riconfermare tale, con metodi decisamente poco"ortodossi", ma riuscirà a far quasi innamorare la moglie(giovane canatante e attrice)di un avvocato che lo aveva difeso e, per questo, rinuncerà a difendersi, confessando di aver tubato una cassa di orologi. Come tale viene accusato e(forse condannato)ma rimane , anzi viene appunto riconfemrato presidente del sindacato, venendo portato in trionfo. Anche in epoca moderna(la fine degli anni 1950 ne fa certamente parte)le storie di gangsters rimangono appassionanti anche in chiave di commediao meglio di musical con forti elmeneti comici, appunto. Decisamente il protagonista è straordinario, uno dei più grandi interpreti di cinema mondiale fino agli anni 1960, James Cagney, qui appunto collocato in un musical, dove non spara, si limita a una piccola scazzottata, coinvolgendo due agenti(per errore, tra l'altro)dove la sua resa è comunque asssolutamente in stile, dove, all'inizio e alla fine ribadisce il significativo motto corrispondendte al titolo del film, dove si "diffonde"in valutazioni assolutamente sintomatiche della sua mentalità quale gangster. Cagney, peraltro ha fatto film anche molto diveris, ma per anni lo si è identificato con il ruolo che ricopre anche in questo film; qui come altrove, gioca sempre sul filo dlel'humor, rasentando però anche altri atteggiamenti e sentimenti, come l'amore(anzi più che altro l'innamoramento), la serietà anche se mai avulsa da una punta di cinismo e altro ancora, in una chiave che sa"tenere insieme"tutte le facoltà espressive dell'essere umano di quel tipo, che non è poi, a ben pensarci, il"male assoluto"., senza essere in alcun modo, minimamemte ascrivibile(ovviamente) alla categoria dei"buoni e giusti". Shirley Jones è la sua pendant femminile, Clara Williams e Roger Smith completano il quadro, da interpreti di notevolissimo spessore, dove si vede anche come il musical richieda realmente una grande capacità(recitare e cantare, ma farlo professionalmente, fondendo i due elementi, senza trascurare o omettere le differenze), dove il mondo anglosassone ha queste risorse a livello di personalità capaci, mentre per esempio in Italia, a parte la mania di tradurre tutto(quasi considerando l'inglese una lingua ignota, apparentabile al cantonese o allo swahili...), gli attori e le attici sanno recitare e invece chi canta si muove ben poco in scena, sapendolo fare solo per modo di dire, come dimostra una versione di"Evita"vista qualche anno fa. Una facoltà espressiva troppo spesso trasucrata, quella del musical, che in Italia e in Spagna(dove però la situazione è in qualche modo migliore) come anche in vari altri paesi europei soffre di un ritardo oggi quasi"incomprensibile": El Gato
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