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"Radius"(Carloine Labrèche , Steeve Léonard, 2017)è un film québeçois di particolare intensità ed efficacia. A causa di un incidente stradale, ma poi anche di un'irradiazione di origine non meglio precisata-identificata, un uomo emana morte a qualunque essere gli si avvicini, ma una donna che gli è accanto, senza peraltro che i due siano"compagni di vita"o comunque emozionalmente legati, fa quasi da"parafulmine". Il ricordo che riemerge tramite flashbacks, la ricostruzione della dimensione del passato che riesca a far chiudere il"puzzle"delle due esistenze, a fornire una spiegazione attendibile a quanto avviene, consente al film di andare oltre un livello medio dal punto di vista filmico, di attingere dunque una dimensione particolarmente valida di conoscenza, per quanto è possibile con l'effetto stroboscopico, Siamo nell'ambito della"parapsy", con definizione ormai complessivamente vetusta ma non ancora superata e la macchina da presa, sempre in quest'ambito(che però potrebbe estendersi anche ad altri ambiti, con gli opportuni"aggiustamenti"e le modifiche del caso)riesce ad andare molto in là. Se il paragone non fosse azzardato, verrebbe in mente certamente"Blow-up"di Michelangelo Antonioni(1966), dove, certo le ambizioni e anche il terreno conoscitivo erano di carattere molto diverso da quello di "Radius", Diego Klattenhoff e Charlotte Sullivan sono interpreti molto efficaci e convincenti, come anche le altre"apparizioni"(visto il carattere e anche il genere stesso del film il termine sembra decisamente appropriato)del film, che rimane una felice esperienza da parte di un paese spesso considerato in modo non proprio esaltante, a causa di alcuni thriller di maniera, che, in realtù, sono prerogativa non solo canadese, ma anche di molti altri paesi, ma, si sa, la tendenza ai clichées generalizzanti è di tutti i tempi e di tutti i paesi, El Gato
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