Se è vero che la letteratura occupa un gradino più in alto del cinema, questa miniserie televisiva è il meglio che si possa immaginare. Pochi romanzi sono stati riassunti con tale dovizia di particolari che hanno il pregio di non annoiare. Il segreto? Cogliere i momenti salienti eliminando il fitto sottobosco che riempie un migliaio di pagine. E’ lo stesso per ogni romanzo, certo. Ma in questo caso il genio dello scrittore è stato quello di basarsi su un’idea di partenza che identifica interamente il lettore nelle gesta del protagonista: chi non sognerebbe di vendicare l’ingiustizia della società battendola con le sue stesse armi, ossia il denaro che regala il potere e la maschera che inganna il nemico? A ciò si aggiunge una sfilata di scene e costumi che nel film di Dayan sono una gioia per gli occhi, valorizzati da una musica di grande spessore drammatico che sembra sorgere dagli abissi più neri della disperazione.
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Se è vero che la letteratura occupa un gradino più in alto del cinema, questa miniserie televisiva è il meglio che si possa immaginare. Pochi romanzi sono stati riassunti con tale dovizia di particolari che hanno il pregio di non annoiare. Il segreto? Cogliere i momenti salienti eliminando il fitto sottobosco che riempie un migliaio di pagine. E’ lo stesso per ogni romanzo, certo. Ma in questo caso il genio dello scrittore è stato quello di basarsi su un’idea di partenza che identifica interamente il lettore nelle gesta del protagonista: chi non sognerebbe di vendicare l’ingiustizia della società battendola con le sue stesse armi, ossia il denaro che regala il potere e la maschera che inganna il nemico? A ciò si aggiunge una sfilata di scene e costumi che nel film di Dayan sono una gioia per gli occhi, valorizzati da una musica di grande spessore drammatico che sembra sorgere dagli abissi più neri della disperazione.
Depardieu ha vent’anni di troppo ma la maturità gli conferisce la fermezza che Montecristo richiede, descritto nel romanzo come una sorta di essere soprannaturale. Lo circonda un corteo di ottimi attori che interpretano bene il carattere dei vari personaggi, anche se le differenze con la storia originale rischiano di sortire la solita telenovela. Ornella Muti è troppo bella per accontentarsi della particina ritagliatale da Dumas, trasformando quindi Mercedes nella protagonista di una love story (che per giunta riscrive di sana pianta il finale). Le si oppone Giuppy Izzo quale scialba e slavata rivale in amore, inesistente nel libro e anello debole del film, personaggio del tutto accessorio che distoglie l’attenzione dalla trama principale; purtroppo è proprio lei che induce il conte al perdono, annullando irreparabilmente il tema del rimorso e del timor di Dio provato da Montecristo in casa Villefort. A Villefort è appioppato il ruolo del nemico a tutto tondo, laddove nel libro non manca di risvolti umani o comunque meno abbietti se paragonati alla smorfia antipatica di Pierre Arditi. Un’altra differenza sostanziale è l’esagerato protagonismo di Bertuccio, qui colonna portante dell’intera vicenda e là semplice mattone di qualche scenetta. La casa misteriosa, poi, del tutto priva di empito spettrale e sepolta nell’eleganza esteriore delle ridondanti scenografie. E ancora altre innumerevoli differenze, come la brevità della prigionia che invece trionfa nelle prime 200 pagine del libro. Ma se poi il romanzo perde qualche colpo il film li recupera tutti, collezionando una serie di colpi di scena a dir poco avvincenti: il dramma di Morrel, l’incontro con Mercedes, la pubblica esecuzione, gli avvelenamenti, la grande scena col bonapartista Noirtier e il ricordo di Dantès che affiora per la prima volta sulle labbra del procuratore (ricordo che nel libro purtroppo manca). Viceversa, il culmine emotivo del romanzo - ossia la rivelazione di Dantès all’amico Massimiliano - è nel film del tutto inesistente. Insomma, difetta in alcune cose ed eccelle in altre.
Tre stelle e mezzo.
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