paolo.apa
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mercoledì 29 giugno 2005
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saimir di francesco munzi vola alto.
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La fotografia è bella come bellissima l’immagine che chiude il primo tempo con i clandestini che ritornano dalla campagna.
Francesco Munzi attualizza l’aforisma n. 2 di T. W. Adorno:”… nella società antagonistica anche il rapporto delle generazioni è un rapporto di concorrenza, dietro cui si nasconde la violenza pura e semplice. Ma oggi cominciamo a regredire verso uno stadio che non cosce più il complesso edipico, ma il parricidio.”
La spiaggia sempre presente a ricordo d’antiche invasioni e conquiste. Una pagina di cronaca scritta con il piglio del migliore Corrado Alvaro. Bello
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michele il critico
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giovedì 12 maggio 2005
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saimir
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SAIMIR
regia: Francesco Munzi
Saimir, sedicenne albanese, abita in una casa sul lungomare laziale con il padre trasportatore di immigrati clandestini, la compagna italiana del padre e la foto sempre a fuoco della madre. L'incontro con Michela, ragazza che sembra prima apprezzare le sue qualità umane ma che poi rifiuta il suo modo di vivere troppo diverso, conduce Saimir all'estremo rifiuto della realtà di cui è prigioniero.
Munzi, alla sua prima opera, punta a volare alto, affrontando temi delicati con uno stile che sembra ispirarsi ad un certo cinema europeo.
Tuttavia il ricorso esasperato di silenzi, di panoramiche di spazi desolati a campo medio e lo studio dei volti dei protagonisti non significano sempre in quanto tali se non strutturati in un contesto che ne esalta la forza espressiva.
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SAIMIR
regia: Francesco Munzi
Saimir, sedicenne albanese, abita in una casa sul lungomare laziale con il padre trasportatore di immigrati clandestini, la compagna italiana del padre e la foto sempre a fuoco della madre. L'incontro con Michela, ragazza che sembra prima apprezzare le sue qualità umane ma che poi rifiuta il suo modo di vivere troppo diverso, conduce Saimir all'estremo rifiuto della realtà di cui è prigioniero.
Munzi, alla sua prima opera, punta a volare alto, affrontando temi delicati con uno stile che sembra ispirarsi ad un certo cinema europeo.
Tuttavia il ricorso esasperato di silenzi, di panoramiche di spazi desolati a campo medio e lo studio dei volti dei protagonisti non significano sempre in quanto tali se non strutturati in un contesto che ne esalta la forza espressiva. C'è forse dietro l'incapacità di raccontare in una maniera diversa?
VOTO **
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[+] grande munzi - bis
(di pancho)
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stefanocapasso
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lunedì 17 luglio 2017
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l'amore che salva
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Saimir, adolescente, vive col padre ad Ostia. Sono immigrati irregolari albanesi e sbarcano il lunario come possono, trafficando con l’immigrazione clandestina
Mentre il padre ha trovato una donna con cui dividere la sua vita, Saimir è in quella fase della vita in cui l’inquietudine e i bisogni assillanti lo spingono a sperimentare esperienze di varia natura, trovandosi fondamentalmente solo anche per via della sua condizione di emigrato. Il conflitto col padre esploderà quando dovrà trasportare una giovane ragazza destinata alla prostituzione.
Bello questo film di Francesco Munzi che affronta un dramma sociale, familiare e personale in modo asciutto, rarefatto, con pochi dialoghi che rispecchiano la condizione di isolamento dei protagonisti.
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Saimir, adolescente, vive col padre ad Ostia. Sono immigrati irregolari albanesi e sbarcano il lunario come possono, trafficando con l’immigrazione clandestina
Mentre il padre ha trovato una donna con cui dividere la sua vita, Saimir è in quella fase della vita in cui l’inquietudine e i bisogni assillanti lo spingono a sperimentare esperienze di varia natura, trovandosi fondamentalmente solo anche per via della sua condizione di emigrato. Il conflitto col padre esploderà quando dovrà trasportare una giovane ragazza destinata alla prostituzione.
Bello questo film di Francesco Munzi che affronta un dramma sociale, familiare e personale in modo asciutto, rarefatto, con pochi dialoghi che rispecchiano la condizione di isolamento dei protagonisti.
Sotto il tema principale dell’emarginazione dovuta all’età e alla condizione di migrante, se ne sviluppa un altro altrettanto potente: la mancanza della madre. Il protagonista riesce a trasformare la rabbia di questa mancanza, da qualcosa di distruttivo in qualcosa di utile per gli altri e in fondo per se stesso, anche a costo di rompere il rapporto col padre. L’amore per la figura materna, pur rappresentata ormai solo da una foto, lo spinge pur nell’avversità estrema delle sue condizioni, a compiere quelle scelte sane che lo svincolano da un destino altrimenti segnato
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