riccardo billia
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martedì 13 marzo 2007
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un'onda che travolge
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Gli istanti che intercorrono tra l'incipit del film e la brama di balzare dalla poltrona per immergersi in quel luminescente angolo di paradiso si possono contare al massimo su due mani. Ma è necessario rendersi consapevoli che questa scenografia di sole e mare sarà il leitmotiv di tutto il film; e non si tratta di un documentario sulle bianche spiagge a stelle e strisce.
Quello che si dispiega sullo schermo ha i connotati di un'opera coraggiosa, forse aleatoria, sicuramente di spessore.
John Milius è una delle nuove leve del New American Cinema, quello che sa sposare acutamente lo spettacolo per gli occhi con quello per il cervello. Il pane di Coppola e Spielberg per interderci.
"Un Mercoledì da leoni" scandisce i momenti più significativi dell'America tra l'inizio degli anni '60 e la metà dei '70 attraverso quattro tappe cronologiche di altrettante mitiche mareggiate nell'Oceano delle delizie, in cui tre amici inseparabili si sono consacrati padroni indiscussi delle sue impetuose onde.
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Gli istanti che intercorrono tra l'incipit del film e la brama di balzare dalla poltrona per immergersi in quel luminescente angolo di paradiso si possono contare al massimo su due mani. Ma è necessario rendersi consapevoli che questa scenografia di sole e mare sarà il leitmotiv di tutto il film; e non si tratta di un documentario sulle bianche spiagge a stelle e strisce.
Quello che si dispiega sullo schermo ha i connotati di un'opera coraggiosa, forse aleatoria, sicuramente di spessore.
John Milius è una delle nuove leve del New American Cinema, quello che sa sposare acutamente lo spettacolo per gli occhi con quello per il cervello. Il pane di Coppola e Spielberg per interderci.
"Un Mercoledì da leoni" scandisce i momenti più significativi dell'America tra l'inizio degli anni '60 e la metà dei '70 attraverso quattro tappe cronologiche di altrettante mitiche mareggiate nell'Oceano delle delizie, in cui tre amici inseparabili si sono consacrati padroni indiscussi delle sue impetuose onde. Matt, Jack, Leroy, un trio goliardico aggrappato alla passione condivisa per il surf. Questi sono i protagonisti carnali che Milius ci propone, ma lo spettatore anche meno smaliziato riconosce lo smascheramento. E' l'America delle contraddizioni, della guerra in Vietnam, dello scandalo di Nixon, del mutamento sociale, del fantasma di Peter Pan che affiorano tra una sbornia e i baci timidi di quell'età che a poco a poco smarrisce il suo colore verde. L'incombenza di alcuni passi, spesso inevitabili (la paternità e la guerra) nell'arco dell'esistenza di una persona, vengono ritratti con delicatezza struggente dal futuro sceneggiatore di "Apocalypse Now"; come quando un papà sentenzia una decisione irrevocabile al figlio, che mestamente è costretto a riconoscerne la sua ineluttabilità.
La vita deve scorrere su determinati equilibri, quelli che i surfisti devono cercare di mantenere per rimanere ancorati alle loro fiammanti tavole. Ognuno dei tre eroi del mare si avviano verso mondi distanti che però ritrovano il punto di congiunzione nell'amore viscerale per le scorribande tra un'onda e l'altra. Un'epoca impregnata di ritmi e paesaggi umani cangianti, tanto quanto lo è l'atmosfera che li circonda e che mette alla prova la loro maturità, che è poi quella di molti dei loro coetanei. Milius se mette una quantità notevole di carne al fuoco nel film pensa di avere il timone ben saldo dalla sua. Difficile dargli torto.
La sua è una potenza meno dilagante e dilaniante di quel "Cacciatore" ciminiano che ha conquistato 5 Premi Oscar, ma le suggestioni irripetibili di un'epoca (non per forza venate da un sano sorriso) hanno seminato per il globo adepti dei surfisti e dei combattenti in egual misura. Ancora oggi, dopo trent'anni.
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alessiomovie
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mercoledì 4 luglio 2012
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il tempo passa veloce proprio come le onde...
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La crescita, i cambiamenti e i ricordi...
Tre ragazzi nati sulle meravigliose spiagge californiane e cresciuti sulle tavole da surf, abituati a una vita sfrenata, spericolata e spensierata, diventano piano piano uomini. Incontrano la tragedia della guerra del Vietnam e si perdono per anni.
Poi il destino e la fortuna li fa rincontrare e una grossa onda permette loro di tornare giovani, liberi o forse semplicemente di recuperare la loro pura anima e quella gioia di vivere che si era appannata.
Meravigliosa ambientazione e bellissime riprese in mare per un film girato alla fine degli anni 70.
Un mattoncino per gli amanti della nostalgia giovanile e per chi adora le storie di quei ragazzi che negli anni sessanta hanno cambiato il mondo.
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La crescita, i cambiamenti e i ricordi...
Tre ragazzi nati sulle meravigliose spiagge californiane e cresciuti sulle tavole da surf, abituati a una vita sfrenata, spericolata e spensierata, diventano piano piano uomini. Incontrano la tragedia della guerra del Vietnam e si perdono per anni.
Poi il destino e la fortuna li fa rincontrare e una grossa onda permette loro di tornare giovani, liberi o forse semplicemente di recuperare la loro pura anima e quella gioia di vivere che si era appannata.
Meravigliosa ambientazione e bellissime riprese in mare per un film girato alla fine degli anni 70.
Un mattoncino per gli amanti della nostalgia giovanile e per chi adora le storie di quei ragazzi che negli anni sessanta hanno cambiato il mondo.
"Da non perdere" e aggiungo "da non dimenticare".
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luca scialò
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venerdì 20 maggio 2011
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il surf come metafora della vita
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In una California anni '60, quella delle estati spensierate, passate a fare baldoria a casa di qualcuno o in riva al mare, tre amici sono i migliori surfisti della zona. Diventati vere e proprie leggende. A irrompere nelle loro vite leggere l'assurda Guerra del Vietnam, un'onda gigantesca e pericolosa, che riusciranno a superare come tutte le altre.
Un mercoledì da leoni si inserisce tra i film-critica alla Guerra in Vietnam; sebbene rispetto ad altri forse anche più famosi, come Il cacciatore, Apocalypse now e Taxi driver, utilizza una prospettiva diversa, che non sia quella della cronaca della battaglia o degli effetti che ebbe su chi la visse sulla propria pelle.
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In una California anni '60, quella delle estati spensierate, passate a fare baldoria a casa di qualcuno o in riva al mare, tre amici sono i migliori surfisti della zona. Diventati vere e proprie leggende. A irrompere nelle loro vite leggere l'assurda Guerra del Vietnam, un'onda gigantesca e pericolosa, che riusciranno a superare come tutte le altre.
Un mercoledì da leoni si inserisce tra i film-critica alla Guerra in Vietnam; sebbene rispetto ad altri forse anche più famosi, come Il cacciatore, Apocalypse now e Taxi driver, utilizza una prospettiva diversa, che non sia quella della cronaca della battaglia o degli effetti che ebbe su chi la visse sulla propria pelle. John Milius utilizza il surd come metafora della vita, ma soprattutto, delle vicende politiche che hanno "disturbato" il Sogno americano, forse interrompendolo del tutto. Si parla di quattro celebri mareggiate che altro non sono che gli eventi che hanno scombussolato l'America e parte del Mondo: estate '62, autunno '65, inverno '68, primavera '74. Ma oltre alle allusioni socio-politiche, il film parla anche di amicizia.
Oltre a questa capacità di racconto, il lungometraggio si avvale anche di una stupenda colonna sonora tipica degli anni '60 e di inquadrature mobili che portano lo spettatore fin dentro l'onda.
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ultimoboyscout
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sabato 28 aprile 2012
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il grande mercoledi di milius.
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Non mi ha fatto impazzire anche se ha intenti e motivazioni validissime, va detto che è il film più importante del regista e quello più importante (assieme a "Point break") riguardante questo sport e la filosofia di vita da esso generata e che oltre al valore tecnico ne ha altri, ancora più importanti, a livello sociale ed esistenziale. Rappresenta la prima generazione di surfisti, quella degli anni '60 e '70, quella del passaggio dalle tavolone alle più moderne tavolette, quella dei falò in spiaggia tra birre in bottiglia e chitarre e quella di Gerry Lopez che lanciava mode e stili di surfata: la vita era semplice e a contatto con la natura.
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Non mi ha fatto impazzire anche se ha intenti e motivazioni validissime, va detto che è il film più importante del regista e quello più importante (assieme a "Point break") riguardante questo sport e la filosofia di vita da esso generata e che oltre al valore tecnico ne ha altri, ancora più importanti, a livello sociale ed esistenziale. Rappresenta la prima generazione di surfisti, quella degli anni '60 e '70, quella del passaggio dalle tavolone alle più moderne tavolette, quella dei falò in spiaggia tra birre in bottiglia e chitarre e quella di Gerry Lopez che lanciava mode e stili di surfata: la vita era semplice e a contatto con la natura. Il surf non era diventato ancora (succederà negli anni '80, e il passaggio sarà chiarissimo nello stesso "Point break") così modaiolo, non era un fenomeno commerciale influenzato dalla cultura hip hop: la pellicola rappresenta la vera essenza del surf e di chi lo praticava. Narra di tre grandi amici che fanno furore nella California degli anni '60, col tempo che passa e la vita che pian piano li allontana. Incombe il Vietnam e uno partirà, quando si ritroveranno il surf è in declino ma la loro ultima esibizione sarà un trionfo. Scandito su 4 tempi che equivalgono a 4 periodi e altrettante celebri mareggiate (estate '62, autunno '65, inverno '68, primavera '74) che corrispondo anche a diversi momenti cruciali della storia recente americana (dall'omicidio di Kennedy a Watergate) non è un semplice film sul surf e sul mito che rappresentava allora. E' piuttosto un viaggio all'interno di una generazione fortemente segnata da un malessere evidente e dalla stessa guerra, forse principale causa di quel malessere. Ha i suoi momenti tragicomici, quando i tre amici cercano di farsi riformare, ma la parte migliore è senza dubbio l'epilogo, quel Big Wednesday del titolo originale, che rappresenta il passaggio all'età adulta col suo carico di responsabilità ma anche di ricordi e disillusioni. Ma quella grande onda rappresenta anche l'ultima sfida di una generazione giunta al capolinea. Commovente ed emozionante grazie allo sguardo dall'interno del regista, che ha sfruttato le sue esperienze di surfista, è uno dei baluardi dell'amicizia, dei sogni infranti e dell'amore. E di una guerra che non si vede mai, ma aleggia pesantemente tra silenzi e dialoghi e che con la sua follia riesce a trasmettere tutto il suo malessere. Crepuscolare e reazionario, pieno di nostalgia per quel periodo e quella generazione (forse) da rimpiangere, manca di un pizzico di ritmo che assieme alle fantastiche riprese in acqua l'avrebbero reso immortale. Da vedere e da capire, la struggente malinconia di fondo che lascia è una vera apoteosi.
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fra007
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venerdì 8 aprile 2011
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è un film da vedere..
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Un mercoledi da leoni è un film che tratta l'attesa di un grande giorno, per lasciare un segno, chiudere un ciclo della vita in bellezza.
Dramma sull'amicizia e l'adolescenza completo, magistralmente diretto e interpretato. Memorabili le musiche ed ipnotizzanti e spettacolari le scene di surf.
Film frainteso per via del surf che in italia non è un argomento che prende grande pubblico. Ma non è un film sul surf dunque lo consiglio a tutti. guardatelo!
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dandy
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domenica 23 agosto 2020
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abbiamo fatto epoca...
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Come per "American Graffiti",un altro indimenticabile omaggio alla gioventù anni'60,nonchè dolente e nostalgica riflessione sull'amicizia e la giovinezza,e sui momenti idimenticabili ad essi legati destinati un giorno ad aver fine.Ma a differenza del film di Lucas,il punto di vista qui è esclusivamente maschile.Ispirandosi alle proprie esperienze in California da giovane,il regista di "Conan il barbaro" gira come sempre un film non di sole emozioni,ma anche di pulsioni.Passando da momenti irriverenti(la visita di leva)ad attimi di serietà(la visita al cimitero per celebrare l'amico decedeuto in Vietnam)ad altri di spettacolarità inaudita:le memorabili scene di surf sono state avvicinate ma non superate in "Point Break.
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Come per "American Graffiti",un altro indimenticabile omaggio alla gioventù anni'60,nonchè dolente e nostalgica riflessione sull'amicizia e la giovinezza,e sui momenti idimenticabili ad essi legati destinati un giorno ad aver fine.Ma a differenza del film di Lucas,il punto di vista qui è esclusivamente maschile.Ispirandosi alle proprie esperienze in California da giovane,il regista di "Conan il barbaro" gira come sempre un film non di sole emozioni,ma anche di pulsioni.Passando da momenti irriverenti(la visita di leva)ad attimi di serietà(la visita al cimitero per celebrare l'amico decedeuto in Vietnam)ad altri di spettacolarità inaudita:le memorabili scene di surf sono state avvicinate ma non superate in "Point Break.E il tema caro al regista dell'uomo in costante sfida con se stesso di rado è stato descritto con slancio così impetuoso.Quel genere di cinema che non invecchierà mai,emblema di un periodo irripetibile anch'esso oramai perduto...Gran trio di attori,semiesordienti e purtroppo tutti destinati a una carriera alquanto sfortunata,e grande colonna sonora,che alterna hit del periodo (Ray Charles,Little Eva,Little Richard,The Four Seasons,The Crystal,The Shirelles)alle magnifiche musiche di Basil Poledouris,che accompagnano le imprese dei protagonisti.Robert Englund è Fly.Joe Spinell è lo psichiatra.Reb Brown interpreta Enforcer.
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stefano capasso
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lunedì 14 febbraio 2022
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il malessere di una generazione
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Nei primi anni ’60 sulle cose della California un gruppo di giovani amici passa il suo tempo tra feste, ubriacature, scazzottate e surf. Due di loro Matt e Leroy sono dei veri campioni di questo sport, ammirati da tutti, sono molto legati tra loro, ma la china che prende Matt, sempre più dedito all’alcol allontana i due. L’inquietudine dei ragazzi trova un momento di resa dei conti quando i giovani vengono richiamati alle armi per partire per il Vietnam. Nonostante tutti provino ad inventare stratagemmi per essere riformati, solo due di loro riescono a non partire. La fine della guerra troverà di nuovo gli amici, certamente più grandi, forse un po più maturi ma sempre inquieti
Quella di John Milius è la narrazione dell’epopea degli anni ’60, caratterizzati dalle rivoluzioni culturali che videro i giovani protagonisti, dalla guerra del Vietnam e soprattutto dall’inquietudine che sembrava minare l’animo di tutti.
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Nei primi anni ’60 sulle cose della California un gruppo di giovani amici passa il suo tempo tra feste, ubriacature, scazzottate e surf. Due di loro Matt e Leroy sono dei veri campioni di questo sport, ammirati da tutti, sono molto legati tra loro, ma la china che prende Matt, sempre più dedito all’alcol allontana i due. L’inquietudine dei ragazzi trova un momento di resa dei conti quando i giovani vengono richiamati alle armi per partire per il Vietnam. Nonostante tutti provino ad inventare stratagemmi per essere riformati, solo due di loro riescono a non partire. La fine della guerra troverà di nuovo gli amici, certamente più grandi, forse un po più maturi ma sempre inquieti
Quella di John Milius è la narrazione dell’epopea degli anni ’60, caratterizzati dalle rivoluzioni culturali che videro i giovani protagonisti, dalla guerra del Vietnam e soprattutto dall’inquietudine che sembrava minare l’animo di tutti. Quelle che ne esce è il ritratto di una generazione che passa dall’immaturità adolescenziale al dramma della guerra senza capire cosa succede attorno e dentro di loro. Questo che sembra essere una linea che unisce le due esperienze senza soluzione di continuità, si rivela essere la chiave di lettura di una generazione che poteva rintracciare le cause di u malessere continuo all’interno di una società in cambiamento, incapace di riadattarsi alle grandi evoluzioni del tempo. L’amicizia, e i giochi che avevano formato questa amicizia , rimane l’unica ancora di salvezza.
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