sudveracrux
|
giovedì 8 agosto 2013
|
il fascino mortale di un'arma...
|
|
|
|
"Cara Wendy, è arrivato il momento di dirci addio e quello che sta per succedere sarebbe più decoroso se tu fossi accanto a me...ho sempre sognato che se qualcuno avesse dovuto procurarmi una ferita d'uscita letale avresti dovuto essere tu mia salvatrice...".
Dear Wendy inizia in una piccola cittadina della Virginia Occidentale. Il protagonista Dick è un ragazzo emarginato, pieno di paure e di indecisioni, il cui unico punto fermo è il pacifismo. La sua vita cambierà in seguito alla morte del padre, quando riscoprirà una piccola pistola, acquistata tempo prima in un negozio di giocattoli, di cui si innamorerà e che gli permetterà di fondare, assieme al collega di lavoro Steve, la società dei Dandies che raggruppa tutti gli emarginati della piccola cittadina.
[+]
"Cara Wendy, è arrivato il momento di dirci addio e quello che sta per succedere sarebbe più decoroso se tu fossi accanto a me...ho sempre sognato che se qualcuno avesse dovuto procurarmi una ferita d'uscita letale avresti dovuto essere tu mia salvatrice...".
Dear Wendy inizia in una piccola cittadina della Virginia Occidentale. Il protagonista Dick è un ragazzo emarginato, pieno di paure e di indecisioni, il cui unico punto fermo è il pacifismo. La sua vita cambierà in seguito alla morte del padre, quando riscoprirà una piccola pistola, acquistata tempo prima in un negozio di giocattoli, di cui si innamorerà e che gli permetterà di fondare, assieme al collega di lavoro Steve, la società dei Dandies che raggruppa tutti gli emarginati della piccola cittadina. Essa si basa sul convinto pacifismo e sull'uso delle armi solo a scopo associativo e psicologico poichè, come affermano i due cofondatori, solo loro riescono a fare uscire il "vero" che è in ognuno di noi, ci danno la forza e il coraggio per affrontare a testa alta la società. Vinterberg ci permette di osservare la crescita psicologica di ogni singolo personaggio portata all'estremo dell'essere, che qui corrisponde alla morte. Durante la visione, infatti, si avverte l'ombra dell'insicurezza,della paura e della gelosia che nuovamente cala sul protagonista portandolo prima ad abbandonare la sua "Wendy" e poi ad aggrapparsi forzatamente all'idea astratta dei Dandies. Egli tenterà di dimostrare la sua concretezza in un atto di coraggio e fede che condurrà tutti i suoi amici nel baratro della follia e infine della morte.
Il regista vuole forse dimostrare come il connubio "ARMI"-"PACIFISMO" sia totalmente irrealizzabile, portandoci a riflettere sul fatto che un'arma rimane sempre un'arma e cioè uno strumento di morte creato dall'uomo che porta, con la falsa parabola della "difesa", solo al suo annientamento (dato qui dall'allegoria fantasiosa del "Risveglio dello spirito dell'arma" che porta sistematicamente alla realtà della morte del propietario).
[-]
|
|
[+] lascia un commento a sudveracrux »
[ - ] lascia un commento a sudveracrux »
|
|
d'accordo? |
|
minimalism yourself
|
venerdì 11 luglio 2008
|
da evitare
|
|
|
|
soporifero. ridicolo al punto di farti scompisciare dalle risate se non fosse che vorrebbe davvero sembrare drammatico. Così facendo scade però nel patetico. un gruppo di "perdenti" forma un circolo nel quale la detenzione di armi da fuoco, abbinato alla regola "pacifista" del non sparare mai contro un uomo, fa si che le pistole vengano idolatrate e persino denominate. Alla fine moriranno tutti "da perdenti" senza averci neanche regalato il piacere di morire per un benchè minimo ideale. La vita umana ha un valore cazzo e vedere morire gente in quel modo è davvero fastidioso e si scatena un senso di rabbia: non perchè i tipi sono morti, ma perchè si sono inutilmente suicidati, altro che "epico scontro da western" hahah quante risate.
[+]
soporifero. ridicolo al punto di farti scompisciare dalle risate se non fosse che vorrebbe davvero sembrare drammatico. Così facendo scade però nel patetico. un gruppo di "perdenti" forma un circolo nel quale la detenzione di armi da fuoco, abbinato alla regola "pacifista" del non sparare mai contro un uomo, fa si che le pistole vengano idolatrate e persino denominate. Alla fine moriranno tutti "da perdenti" senza averci neanche regalato il piacere di morire per un benchè minimo ideale. La vita umana ha un valore cazzo e vedere morire gente in quel modo è davvero fastidioso e si scatena un senso di rabbia: non perchè i tipi sono morti, ma perchè si sono inutilmente suicidati, altro che "epico scontro da western" hahah quante risate.
I dialoghi non mai sono degni di nota. Il carattere dei personaggi è confinato al loro ridicolo amore per le pistole (paranoico il finale, con una panoramica sui giovani un tempo vivi, che tenta di commuoverci per quelle vite di idioti stroncati - caro vinterberg non basta far morire dei ragazzini e uno vcchia rincoglionita e assassina per toccare il pubblico - quanta pena!).
Fatevi un favore: non guardatelo se non volete correre il rischio di sfasciare il televisore.
[-]
[+] totalmente d'accordo
(di azzere)
[ - ] totalmente d'accordo
|
|
[+] lascia un commento a minimalism yourself »
[ - ] lascia un commento a minimalism yourself »
|
|
d'accordo? |
|
nihil
|
sabato 23 febbraio 2008
|
tanto di cappello a vinterberg!
|
|
|
|
film interessante, regia bellissima, fotografia belllissima... i ragazzi di dear wendy hanno un ottimo gusto per i vestiti!!
Comunque, e al di la di tutto, davvero non si può dire che sia un bel film. non un capolavoro, ma davvero un bel film. e chiunque pensi che faccia schifo, o è un bel borghesuccio benpensante, o non capisce niente di cinema.
salut!
[+] hahahahaha
(di minimalism yourself)
[ - ] hahahahaha
|
|
[+] lascia un commento a nihil »
[ - ] lascia un commento a nihil »
|
|
d'accordo? |
|
ma che razza?
|
mercoledì 26 dicembre 2007
|
tutti pazzi per wendy? ma per favore...
|
|
|
|
Questo film è veramente scandaloso. Incredibile pensare che si possa arrivare a questo punto. Un gruppo di perdenti che ritrova forza in un'arma e che alla fine... si rivelano per quello che sono. Ovvero dei perdenti. Incredibile la rabbia che ho provato vedendo questi idioti che ammazzano a destra e a manca solo per il gusto di farlo. Unica pecca... Muoiono troppo facilmente, avrebbero dovuto soffrire di più.
La cosa incredibile e che sti pazzi esistono veramente come affermano le cronache. Spero che questo film non vada a fomentare la pazzia, perche di pazzia si tratta non troviamo scuse, di qualche giovane. Che mostrino la loro stupidita in altri modi.
[+] son d'accordo totalmente
(di minimalism yourself)
[ - ] son d'accordo totalmente
[+] tipiche esagerazioni.
(di *starless*)
[ - ] tipiche esagerazioni.
|
|
[+] lascia un commento a ma che razza? »
[ - ] lascia un commento a ma che razza? »
|
|
d'accordo? |
|
vinterberg
|
domenica 13 maggio 2007
|
vinterberg
|
|
|
|
|
|
[+] lascia un commento a vinterberg »
[ - ] lascia un commento a vinterberg »
|
|
d'accordo? |
|
giulia gibertoni
|
lunedì 4 dicembre 2006
|
dearest lars
|
|
|
|
I “perdenti di Electric Park” vivono in un paesino della provincia americana di oggi, che somiglia a un villaggio semiabbandonato del vecchio West. Uno di loro entra casualmente in possesso di una pistola e con alcuni amici si esercita a sparare in una zona segreta della vecchia miniera locale. La prima regola che il gruppo si dà è quella di non usare le armi al di fuori dell’improvvisato poligono. Ma è noto che molte regole esistono solo per essere infrante.
La sceneggiatura di Lars von Trier non è in sintonia con la regia di Thomas Vinterberg, il primo tradizionalmente più tagliente e originale, il secondo più emotivo e, dopo l’abbandono del Dogma95, in un certo senso ancora alla ricerca di una sua cifra stilistica.
[+]
I “perdenti di Electric Park” vivono in un paesino della provincia americana di oggi, che somiglia a un villaggio semiabbandonato del vecchio West. Uno di loro entra casualmente in possesso di una pistola e con alcuni amici si esercita a sparare in una zona segreta della vecchia miniera locale. La prima regola che il gruppo si dà è quella di non usare le armi al di fuori dell’improvvisato poligono. Ma è noto che molte regole esistono solo per essere infrante.
La sceneggiatura di Lars von Trier non è in sintonia con la regia di Thomas Vinterberg, il primo tradizionalmente più tagliente e originale, il secondo più emotivo e, dopo l’abbandono del Dogma95, in un certo senso ancora alla ricerca di una sua cifra stilistica.
Il suo secondo lungometraggio, Le forze del destino (2003), sdoganato dai ceppi dell’Impegno di Purezza sottoscritto con von Trier aveva già lasciato qualche perplessità per una sceneggiatura spesso confusa e uno svolgimento poco chiaro di temi portanti sovrapposti l’uno sull’altro (glaciazione, clonazione, amore, morte), in una ricerca di sensi poetici che ricordava in tono minore il Wenders di Fino alla fine del mondo.
Resta evidente una sensibilità del regista per tematiche molto attuali e così, in questa terza prova, anche Vinterberg sembrerebbe voler dire la sua sulla diffusione delle armi tra gli adolescenti americani. Ma il discorso è affrontato molto, molto alla lontana, e per mezzo di un’insistita metafora, ma astratta, teatrale, suscettibile di ulteriori interpretazioni.
Che le idee migliori Lars von Trier le tenga per sé, a questo punto, è assai probabile: dal soggetto di Le forze del destino forse neppure lui avrebbe ottenuto un risultato meno che delirante. Dear Wendy quindi è perlomeno un passo avanti, un suggerimento meno sadico, è quasi una parabola alla maniera di Lars però di seconda mano. Mentre la regia (va sottolineato?) non è originale come quella del più dotato mentore e questa volta sembra prendere in prestito stilemi dal cinema indipendente americano, con qualche inserimento di piantine esemplificatrici (ricordano Dogville) e radiografie (ricordano C.S.I.!).
“Wendy” è il nome con cui Dick (Jamie Bell, già Billy Elliot) chiama la sua pistola, ognuno degli amici ha un nome per la sua arma e sviluppa per la stessa un affetto idealizzante e insostituibile. Si vestono con un’eleganza disperata da paladini della frontiera e scrivono e recitano poesie sulle loro pistole. Grazie alla dimestichezza “pacifica” con oggetti pericolosi, imparano a guardare il prossimo senza paure. Ma dopo un po’ la reiterata analogia pistola-fidanzata è già logora e grandemente stanca lo spettatore.
Tra la narrazione di una metafora universale e la descrizione di un rito di passaggio all’età adulta, regista e sceneggiatore non imboccano nessuna strada teorica, né sembrano decisi a imbastire una critica di ciò che pure fanno accadere in scena. Insomma Vinterberg non va molto oltre il piano estetico, sia che si tratti di un teorema sull’ipocrisia del pacifismo armato nel mondo occidentale, sia che si tratti di speranze adolescenziali d’armonia frantumate a contatto con l’esterno.
Ma senza uno spunto morale saldo, non c’è parabola. La struttura si accartoccia e la svolta che affretta verso il finale è solo un pretesto. Resta la descrizione nichilista di un mondo senza affetti veri, dove gli unici adulti sono figure alienate oppure il braccio violento della legge e l’età adulta un anonimato senza amore o un sacrificio a
[-]
[+] redazione, manca il finale!
(di giulia gibertoni)
[ - ] redazione, manca il finale!
|
|
[+] lascia un commento a giulia gibertoni »
[ - ] lascia un commento a giulia gibertoni »
|
|
d'accordo? |
|
|