luigi chierico
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venerdì 28 giugno 2013
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non ti fidar di loro ma…
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Una ricostruzione storico politica in ambiente siciliano fascista. Il film è reso efficace e convincente per la presenza dell’ottimo Volontè, e la buona prestazione di Fantastichini.
La Sicilia ha il suo fascino, il suo calore, i suoi misteri, e il talento di Volontè, col il suo volto espressivo, scavato, danno un notevole spessore alla vicenda che però scorre lentamente, viene così a mancare la tensione su un argomento di vitale importanza : la pena di morte!
Rimane un avvertimento : se hai a che fare con i giudici, non con la GIUSTIZIA, che è ben altra cosa, non mettere il bastone tra le ruote.
chigi
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gianni lucini
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lunedì 24 ottobre 2011
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la nomination all’oscar
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Ispirato all’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia e presentato per la prima volta nel 1989 Porte aperte è il film destinato a proiettare Gianni Amelio tra i grandi protagonisti della cinematografia internazionale. Innumerevoli sono i premi ottenuti. Tra questi c’è anche la prestigiosa nomination all’Oscar per il miglior film straniero nel 1991. L’exploit in terra statunitense arriva dopo un’intensa stagione di riconoscimenti che lo vede totalizzare ben quattro premi Felix (miglior film europeo, miglior attore protagonista a Gian Maria Volonté, miglior attore rivelazione a Ennio Fantastichini e miglior fotografia), quattro David di Donatello (miglior film, miglior attore, miglior suono, migliori costumi), tre Globi d’Oro della stampa estera (miglior film, miglior sceneggiatura, migliore attore a Gian Maria Volonté), la Grolla d’Oro per il miglior film, due Ciak d’Oro (migliore sceneggiatura e miglior attore non protagonista a Ennio Fantastichini) e un Nastro d’Argento per il miglior film.
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Ispirato all’omonimo romanzo di Leonardo Sciascia e presentato per la prima volta nel 1989 Porte aperte è il film destinato a proiettare Gianni Amelio tra i grandi protagonisti della cinematografia internazionale. Innumerevoli sono i premi ottenuti. Tra questi c’è anche la prestigiosa nomination all’Oscar per il miglior film straniero nel 1991. L’exploit in terra statunitense arriva dopo un’intensa stagione di riconoscimenti che lo vede totalizzare ben quattro premi Felix (miglior film europeo, miglior attore protagonista a Gian Maria Volonté, miglior attore rivelazione a Ennio Fantastichini e miglior fotografia), quattro David di Donatello (miglior film, miglior attore, miglior suono, migliori costumi), tre Globi d’Oro della stampa estera (miglior film, miglior sceneggiatura, migliore attore a Gian Maria Volonté), la Grolla d’Oro per il miglior film, due Ciak d’Oro (migliore sceneggiatura e miglior attore non protagonista a Ennio Fantastichini) e un Nastro d’Argento per il miglior film.
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gianni lucini
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lunedì 24 ottobre 2011
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tutti siamo giudici
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È facile essere contro la pena di morte per gli innocenti. Quando il boia uccide un innocente chiunque si sente dalla parte della vittima. Molto più difficile è provare la forza del proprio principio di fronte a un efferato assassino, magari un reo confesso che rivendica trionfalmente le sue gesta. Per evitare equivoci Gianni Amelio, alla pari di Leonardo Sciascia, non consente scappatoie allo spettatore. Nei primi minuti del film Tommaso Scalia uccide uno dopo l’altro le sue vittime e se nel caso del suo ex capo Vincenzo Spadafora sembra esserci un minimo di giustificazione nell’arroganza e nelle provocazioni («...vai via da qui che si perda anche la tua razza.
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È facile essere contro la pena di morte per gli innocenti. Quando il boia uccide un innocente chiunque si sente dalla parte della vittima. Molto più difficile è provare la forza del proprio principio di fronte a un efferato assassino, magari un reo confesso che rivendica trionfalmente le sue gesta. Per evitare equivoci Gianni Amelio, alla pari di Leonardo Sciascia, non consente scappatoie allo spettatore. Nei primi minuti del film Tommaso Scalia uccide uno dopo l’altro le sue vittime e se nel caso del suo ex capo Vincenzo Spadafora sembra esserci un minimo di giustificazione nell’arroganza e nelle provocazioni («...vai via da qui che si perda anche la tua razza...»), per quel che riguarda il povero e gentile ragionier Speciale e la moglie Rosa, la loro efferata uccisione non sembra avere alcuna spiegazione. Sbrigativo ed efficiente l’assassino non appare prigioniero di particolari pulsioni emozionali. La scelta del regista è quella di mettere lo spettatore nelle identiche condizioni della giuria del tribunale. Le uccisioni sono rappresentate in modo sbrigativo e la loro dinamica è affidata a veloci dettagli senza narrazioni visive e soprattutto senza indulgere sui particolari raccapriccianti. Un coltello, alcune macchie di sangue, una porta che si chiude, uno sparo brutale ma talmente veloce da essere percepito più con il cervello che con l’occhio. Chi guarda il film è nelle stesse condizioni dei giurati. Salvo l’abbraccio commovente tra Tommaso Scalia e il figlio, la presentazione dei fatti non è differente da quella che con fredda e ragionieristica precisione traccia il presidente del Tribunale all’apertura del processo. Tutto sembra già disegnato eppure tutto è destinato a essere diverso da come sembra anche se il colpevole non cambierà. Alla fine del film anche lo spettatore, come Di Francesco e Consolo, viene chiamato a guardare in faccia l’assassino e assumersi la responsabilità di tirare il grilletto di un fucile per cancellare la vita di un uomo. Il plotone è pronto, l’opinione pubblica aspetta plaudente il sacrificio e il sistema fascista ha bisogno di questa uccisione per dimostrare che la gente può dormire “a porte aperte”. Eppure il dubbio può avere una forza dirompente. Gianni Amelio sulle orme di Sciascia, fa capire che anche nelle situazioni più disperate la coscienza e la cultura possono aiutare i singoli a rifiutare l’efferatezza dell’assassinio giuridico in risposta alla violenza criminale. È una scelta difficile che può essere contrastata dalla prepotenza politica o dalla pigra subalternità intellettuale, ma quando viene compiuta con consapevolezza riesce a disarticolare anche i nemici più potenti.
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paperino
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lunedì 10 ottobre 2011
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grandi interpretiottima regiaalto contenuto morale
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Premesso che ho sempre amato Gianni Amelio, non avevo ancora potuto ammirare questo suo capolavoro in cui tutto è perfettamente strutturato.
Asciutta ed essenziale la regia e l'interpretazione fin della prima scena con gli indimenticabili fogli bianchi che volano via e che sono una delle poche note di colore abbagliante in un film girato su toni seppiati o comunque virati su grigi e blu .Tutti gli interni ( ed anche molti esterni) l'abitazione dell'assassino e del giudice ,l'aula del tribunale, la gabbia in cui è rinchiuso l'accusato sono in penombra a mio parere voluta per sottolineare l'incertezza e la difficoltà a "portare luce " nelle coscienze degli uomini e per non distrarre lo spettatore dal contenuto e dal messaggio del film.
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Premesso che ho sempre amato Gianni Amelio, non avevo ancora potuto ammirare questo suo capolavoro in cui tutto è perfettamente strutturato.
Asciutta ed essenziale la regia e l'interpretazione fin della prima scena con gli indimenticabili fogli bianchi che volano via e che sono una delle poche note di colore abbagliante in un film girato su toni seppiati o comunque virati su grigi e blu .Tutti gli interni ( ed anche molti esterni) l'abitazione dell'assassino e del giudice ,l'aula del tribunale, la gabbia in cui è rinchiuso l'accusato sono in penombra a mio parere voluta per sottolineare l'incertezza e la difficoltà a "portare luce " nelle coscienze degli uomini e per non distrarre lo spettatore dal contenuto e dal messaggio del film.
Corruzione, clientelismo, utilizzo del corpo della donna come oggetto di scambio, temi atttualissimi e purtroppo ormai dati per scontati in una società dove il pudore ha perso ogni significato, saltano fuori lungo l'inchiesta come colpi di scena , urtando la sensibilità e le convinzioni del pubblico che segue il processo dentro e fuori l'aula del tribunale. In un periodo storico ormai pronto alla guerra imminente e alle discriminazioni non si comprende come si possano sollevare dei dubbi sull' opportunità della pena di morte , che infatti verrà poi applicata. Terribile anche se ( e proprio perchè) scarna ed essenziale la scena del bimbo costretto a condividere la vita di malati di mente perchè rifiutato da tutti gli orfanotrofi. Nella figura della vedova in gramaglie che vuole rivelare la verità quasi a scaricarsi la coscienza ma solo in privato e nel rifiuto ad ascoltare dell'integerrimo giudice c'è tutto Sciascia, con i suoi uomini, ominicchi e ... la stragrande maggioranza di quaraqquà.
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luca scialò
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sabato 6 agosto 2011
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la forza di un romanzo contro l'ingiustizia
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In una Palermo fascista di fine anni '30, il contabile Tommaso Scalia commette tre omicidi. Uccide il responsabile che lo ha licenziato, l'ex collega che ha preso il suo posto e la moglie. Il codice penale prevede la pena di morte, che lui stesso implora, ma un giudice, Vito Di Francesco non ci sta e contrario alla condanna estrema cerca di creare dei deterrenti per l'imputato. Trova molti ostacoli, tra il Presidente della giuria e gli stessi giurati, che in cuor loro, in fondo, non vorrebbero condannarlo. Tra loro, ad appoggiarlo con convinzione, c'è un contadino istruito, il quale, ispirandosi al romanzo Delitto e castigo, sprona il giudice a continuare nella sua ricerca della verità.
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In una Palermo fascista di fine anni '30, il contabile Tommaso Scalia commette tre omicidi. Uccide il responsabile che lo ha licenziato, l'ex collega che ha preso il suo posto e la moglie. Il codice penale prevede la pena di morte, che lui stesso implora, ma un giudice, Vito Di Francesco non ci sta e contrario alla condanna estrema cerca di creare dei deterrenti per l'imputato. Trova molti ostacoli, tra il Presidente della giuria e gli stessi giurati, che in cuor loro, in fondo, non vorrebbero condannarlo. Tra loro, ad appoggiarlo con convinzione, c'è un contadino istruito, il quale, ispirandosi al romanzo Delitto e castigo, sprona il giudice a continuare nella sua ricerca della verità.
Stupenda trasposizione dell'omonimo romanzo di Leonardo Sciascia, sul periodo fascista che mostrava i denti attraverso codici penali e regole dure e severe. Che cercava di sbarazzarsi degli imputati mediante sentenze sommarie. Profonda l'interpretazione di un fisicamente provato Volonté e di un ancora giovane Ennio Fantastichini, che il grande pubblico imparerà a conoscere grazie alla serie tv La piovra 7. Il film ha ricevuto vari premi, tra cui il David di Donatello
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paola di giuseppe
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venerdì 18 dicembre 2009
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porte chiuse
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Tommaso Scalia,colpevole di triplice omicidio premeditato,fu giustiziato nel 1938 a Palermo dopo il processo di appello che commutò in pena capitale l’ergastolo di prima istanza.
Il giudice a latere Di Francesco,quello del primo processo,nel frattempo era stato trasferito in una pretura di montagna.Non avrebbe più intralciato il corso della giustizia con assurdi cavilli contro la pena di morte,in combutta con giurati deboli,imbottiti di strane letture tipo Delitto e castigo.
Finisce così Porte aperte,con una breve didascalia su come poi siano finite le cose.
Ma il giudice Di Francesco lo sapeva che sarebbe andata così e l’aveva detto al giurato di campagna, proprietario di una straordinaria biblioteca (7000 libri!)ereditata dal marchese di Salemi di cui il padre era amministratore.
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Tommaso Scalia,colpevole di triplice omicidio premeditato,fu giustiziato nel 1938 a Palermo dopo il processo di appello che commutò in pena capitale l’ergastolo di prima istanza.
Il giudice a latere Di Francesco,quello del primo processo,nel frattempo era stato trasferito in una pretura di montagna.Non avrebbe più intralciato il corso della giustizia con assurdi cavilli contro la pena di morte,in combutta con giurati deboli,imbottiti di strane letture tipo Delitto e castigo.
Finisce così Porte aperte,con una breve didascalia su come poi siano finite le cose.
Ma il giudice Di Francesco lo sapeva che sarebbe andata così e l’aveva detto al giurato di campagna, proprietario di una straordinaria biblioteca (7000 libri!)ereditata dal marchese di Salemi di cui il padre era amministratore.
“Gli archivi del Tribunale di Palermo scoppiano di faldoni, morti che hanno condannato morti, e nulla è mai cambiato”dice il giudice,stanco,all’uomo semplice,quello che ha usato le parole di Dostoevskij per opporsi alla pena capitale (“Quando non abbiamo le parole andiamo a cercarle”).
E quest’uomo semplice parla al giudice della vite che,anche se sradicata,lascia sempre qualcosa di sè nella terra, e un giorno,chissà,spunterà una nuova piantina.
Quel giorno,in camera di consiglio,il giurato aveva obiettato al Presidente del Tribunale,che dava ormai tutto per scontato “Signori, condannare a morte qualcuno in chiacchiere da bar è un discorso,mettere la mia firma di giudice è un altro.La discussione comincia ora”.
Amelio e Cerami,nel mettere in scena il libro di Sciascia,ne hanno mutuato il tono di severa meditazione sulla morte e sull’uomo che si erge a giudice e la contestualizzazione del fatto (anno XVI dell’era fascista) nulla toglie alla costante attualità del problema affrontato.
Il dialogo,scarno,essenziale,segue gli snodi della vicenda,nella prima parte segnata dai tre omicidi a sangue freddo di Scalia,nella seconda dal processo,che mette a nudo la lucida follia dell’imputato(un Fantastichini capace di metamorfosi strabilianti da impiegatuccio servile a spietato assassino,fino a galeotto pazzoide e catatonico)e la supina acquiescenza dei magistrati al perbenismo cinico di una società che proclama il sacrosanto diritto a vivere tranquilla e la necessità di togliere di mezzo gli elementi di disturbo alla quiete pubblica.
Unico,nel suo silenzio, il volto scavato e attento,il giudice Di Francesco,un Volontè magistrale nel calarsi nel personaggio e renderne palpabile la tensione civile e la stanchezza esistenziale,dà l’unica risposta possibile al collega che sollecita il suo parere “ La pena di morte non è affare della giustizia ma della politica”.
Poche parole,nessuna enfasi tribunizia nei suoi interventi nè crociate brandendo crocifissi.
La sua è la voce della retta ragione umana,e non può che proclamare la verità, umana,anch’essa,ma è quanto basta.
Alla sua si unisce quella di un uomo che è ancorato alla terra,ai suoi ritmi ancestrali e alle sue leggi eterne,non scritte,il giurato contadino che gli legge le pagine di Dostoevskij sull’uomo che aspetta il colpo della mannaia sul suo collo,mentre i colori caldi,forti,dorati della campagna siciliana,che il sole inonda fra eucalipti e basse eriche, arrivano improvvisi a rischiarare le ombre dense di interni da cui la luce sembra esclusa per sempre e penetra solo la sottile tessitura sonora di un flauto.
Le porte vanno chiuse,quando è necessario,se per proclamarle aperte bisogna a tutti i costi uccidere Caino
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[+] molto bene
(di johngarfield)
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