clara stroppiana
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martedì 1 ottobre 2024
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affinità elettive
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Il non detto, il suggerito, il pensiero affidato allo sguardo e ai gesti più che alle parole. E’ questa la chiave di lettura diTaxi Monamour, quarto lungometraggio di Ciro De Caro presentato a Venezia 81, nelle Giornate degli Autori dove si è aggiudicato il Premio del Pubblico. E’ dunque tra le pieghe delle inquietudini di Anna e Cristi che lo spettatore deve cercare la storia raccontata dal film. Una relazione tra due sconosciute nata da un incontro casuale, che procede per sequenze brevi raccordate da un montaggio spesso ellittico e con frequenti jump cut. Un’affinità improbabile ad un primo sguardo: Anna estroversa, socievole, affettuosa.
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Il non detto, il suggerito, il pensiero affidato allo sguardo e ai gesti più che alle parole. E’ questa la chiave di lettura diTaxi Monamour, quarto lungometraggio di Ciro De Caro presentato a Venezia 81, nelle Giornate degli Autori dove si è aggiudicato il Premio del Pubblico. E’ dunque tra le pieghe delle inquietudini di Anna e Cristi che lo spettatore deve cercare la storia raccontata dal film. Una relazione tra due sconosciute nata da un incontro casuale, che procede per sequenze brevi raccordate da un montaggio spesso ellittico e con frequenti jump cut. Un’affinità improbabile ad un primo sguardo: Anna estroversa, socievole, affettuosa. Cristi chiusa, diffidente, aspra. Personaggi interpretati rispettivamente da Rosa Palasciano, che insieme a De Caro ha scritto la sceneggiatura, e da Yeva Sai. Le due giovani attrici, spesso riprese in primo piano e senza trucco, ci offrono ottime prove attoriali poggiando sulla misura l’efficacia interpretativa del ruolo. Diverse anche nell’aspetto, la loro prossimità, tutta sottotraccia, emerge un poco alla volta attraverso un percorso non lineare ostacolato dai contesti familiari e sociali, dalle contingenze storiche e dalle incertezze personali delle protagoniste. Ognuna sta cercando in solitudine di ascoltare e comprendere la voce dei propri desideri e di sottrarsi come può al chiacchiericcio disturbante di chi pretende di indicarle la strada giusta. Rifugi effimeri come il bagno, l’altra stanza, la musica ascoltata in cuffia, un’uscita di casa sbattendo la porta. Finché un ballo insieme, al suono di una modesta orchestrina, un tuffo abbracciate nel mare a un passo da casa, anche se non è proprio blu, segnano momenti di spensierata seppur malinconica leggerezza, di libertà goduta lontano da legami ingombranti. Finché nel contatto dei corpi entrambe accolgono il riconoscimento di una vicinanza profonda e tangibile. Sentimenti universali che il regista pone al centro della scena. Lascia invece sullo sfondo luogo e tempo, ma con una presenza ben definita che attualizza il racconto e gli dà verità: la Roma comune ai più, lontana dalle “grandi bellezze”, la città degli autobus che non passano, dei lavori precari e dei lavoratori improvvisati, di chi sta arrivando dall’Ucraina in guerra… Realismo che l’autore ha cercato anche con una tecnica di ripresa da macchina a spalla e con una colonna sonora “sporcata” dai rumori di fondo, dimostrandosi sempre più sicuro nella ricerca di uno stile personale .
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giovanna
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venerdì 27 settembre 2024
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emozionante
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La visione di Taxi Monamour consente a tutte le nostre emozioni di affiorare e nel buio del cinematografo si vive la sua luminosità.
Il movimento della cinepresa racconta la storia di una amicizia, e l'importanza dell'intelligenza introspettiva nella vita di un essere umano.
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piervincenzo nardese
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mercoledì 25 settembre 2024
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bellissimo film, non scontato.
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Bella sorpresa per un film passato alle Giornate degli autori al festival di Venezia. Una storia semplice e profonda resa con stile personale da Ciro De Caro, bravissimi gli attori che si muovono in una Roma inedita e misteriosa, ottimo il montaggio.
Un film italiano che si caratterizza per stile, cura e attenzione. Consigliato!
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fester
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giovedì 19 settembre 2024
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ragazzi, non ci siamo
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sette, otto, quindici, centoventitre stelle!!! ma per piacere!
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no_data
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martedì 17 settembre 2024
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ostaggi di una noia totale
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quasi due ore in sala vissute come un sequestro di persona per futili motivi. Ciro De Caro e la sua musa, coautrice e protagonista, ci regalano una noiosa, prevedibile e per niente avvincente storia di attrazione tra una disadattata italica con tutti i tic borghesi da manuale del cinema italiano e una diidascalica e grigia ragazza ucraina incapace di godersi la pacifica Italia perchè lontana dalla sua patria e dai suoi affetti. Tra le due nasce un'amicizia posticcia che allo spettatore non lascia niente. Non un passaggio, una frase, una sensazione che abbia peso, consistenza, durata. Tutto è inutile ed effimero nel cinema di De Caro.
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quasi due ore in sala vissute come un sequestro di persona per futili motivi. Ciro De Caro e la sua musa, coautrice e protagonista, ci regalano una noiosa, prevedibile e per niente avvincente storia di attrazione tra una disadattata italica con tutti i tic borghesi da manuale del cinema italiano e una diidascalica e grigia ragazza ucraina incapace di godersi la pacifica Italia perchè lontana dalla sua patria e dai suoi affetti. Tra le due nasce un'amicizia posticcia che allo spettatore non lascia niente. Non un passaggio, una frase, una sensazione che abbia peso, consistenza, durata. Tutto è inutile ed effimero nel cinema di De Caro. Sconsigliato come la peste.
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cardclau
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martedì 10 settembre 2024
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un tantino acerbo
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La tematica delle proprie motivazioni e della propria progettualità, del senso della vita, e del rischio in loro assenza di essere precari in tutto, viene trattata da Ciro de Caro nel film Taxi monamour. Non solo questo argomento è drammaticamente attuale, ma colpisce in modo particolare i post-adolescenti che devono fare i conti con la dura realtà della organizzazione sociale attuale, dopo che l’incoscienza dello stato adolescenziale si è dissolta, e che i genitori, vecchi, non sono più quelli che erano. Come Anna (Rosa Palasciano) e Nadiya (Yeva Sai). Dice Simone Wei (1936) analizzando l’oppressione: “ ,,, Ma un terzo fattore entra ancora in gioco, per essere precisi la ristrutturazione dell’ambiente naturale, l'attrezzatura, l'armamento, i processi di lavoro e di combattimento; e questo fattore occupa un posto a parte dal fatto che, se agisce sulla forma dell'organizzazione sociale, ne subisce a sua volta la reazione.
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La tematica delle proprie motivazioni e della propria progettualità, del senso della vita, e del rischio in loro assenza di essere precari in tutto, viene trattata da Ciro de Caro nel film Taxi monamour. Non solo questo argomento è drammaticamente attuale, ma colpisce in modo particolare i post-adolescenti che devono fare i conti con la dura realtà della organizzazione sociale attuale, dopo che l’incoscienza dello stato adolescenziale si è dissolta, e che i genitori, vecchi, non sono più quelli che erano. Come Anna (Rosa Palasciano) e Nadiya (Yeva Sai). Dice Simone Wei (1936) analizzando l’oppressione: “ ,,, Ma un terzo fattore entra ancora in gioco, per essere precisi la ristrutturazione dell’ambiente naturale, l'attrezzatura, l'armamento, i processi di lavoro e di combattimento; e questo fattore occupa un posto a parte dal fatto che, se agisce sulla forma dell'organizzazione sociale, ne subisce a sua volta la reazione. Per il resto questo fattore è il solo sul quale i membri di una società possono, forse, avere un qualche controllo …”. Ma gli affetti di Anna e Nadiya sono piuttosto acerbi e mancano di consapevolezza. La loro relazione amicale viaggia a singulti, sembra più dettata dalla solitudine che da una sua ricerca. In più la “malattia” di Anna, misteriosa, sembra un cancro da qualche parte, a vedere le manovre della dottoressa, cerebrale, non fa che complicare una situazione già di per sé sufficientemente complicata. Inoltre poco credibile perché Anna, a parte brevi momenti di crisi, cammina, si muove, fa le cose, come niente fosse. Particolarmente gustosa, invece, è la figura di Angelo (Valerio Di Benedetto) nel suo disperato tentativo, perdente, che gli venga riconosciuta dalla madre l’operazione di appendicite da piccolo, al posto del primogenito
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pasqualina libone
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sabato 7 settembre 2024
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la javanaise
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Il film è indubbiamente bello, anche se un po' troppo volutamente iperrealista, non lascia spazio al sogno, se non nella parte finale riesce a strappare le lacrime a chi si lascia trasportare nel coinvolgimento emotivo per la profondità dei sentimenti delle due ragazze...il loro incontro è proprio come dice la canzone di Gainsbourg La javanaise...l amore dura esattamente quanto il tempo di una canzone ed è meglio approfittarne....
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