Il film è un interessante e divertente pot-pourri del mondo femminile: la sessualità, la seduzione, il femminismo, il desiderio, l’attrazione e il ripudio di un certo machismo, l’adolescenzialità, la maturità, il propendere verso la libertà assoluta (indipendenza) o verso la condivisione (rischio di schiavitù), la necessità o l’inutilità di essere protette. Fino al maschicidio (quando ce vo, ce vo). Con la rappresentazione di un mondo maschile, pure in parte vero, o troppo violento e prevaricatore o troppo appiccicaticcio, ma sempre col fine di usarla, come mezzo (o di piacere, o di fattrice). Quindi, a che punto siamo arrivati su una rivisitazione delle figure della femmina e del maschio del mondo d’oggi (occidentale) che permettendo una uguaglianza nella diversità, possa permettere una relazione simmetrica, tra uguali? É possibile, quindi, essere d’esempio a tutti gli altri, oppure essere un fallimento? Riconosco che la tematica è formidabile (come dice Benigni, vogliamo affermare che siamo di fronte a una utopia, quindi irrealizzabile, o vogliamo dimostrare che è possibile vivere in modo diverso dove la tolleranza verso la diversità può essere un segnale forte di speranza per la sua realizzabilità? La regista Noémie Merlant ci prova, approfittando della teatralità delle donne, partendo dagli stereotipi, maschili e femminili, in una sarabanda anche vampiresca, con annessi zombi di quelli che non hanno saputo comportarsi appropriatamente, di tre donne fra loro decisamente diseguali.