gianni quilici
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venerdì 24 novembre 2023
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un film emozionante
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Siamo nel 2016 nell’Inghilterra del Nord, in un paese minerario in piena decadenza economico sociale. Qui sopravvive ancora l’ultimo vecchio pub “The Old Oak” (La vecchia quercia), dove ristagnano alcuni vecchi clienti del pub, bevendo birra e lamentandosi . E in questo momento i loro lamenti stanno divenendo rabbia contro i nuovi arrivati: un pugno di rifugiati siriani, scappati dalla guerra, che il governo ha scaricato da quelle parti.
Un film necessario, diretto e emozionante assolutamente da vedere.
Un film necessario, perché il tema dell’accoglienza, difficile e complesso, è una delle questioni su cui si misurerà il futuro dell’Europa e farlo vivere, attraverso storie visive, è quanto mai utile, quando il film lo affronta con coscienza civile.
Un film diretto perché i sentimenti sono rappresentati nella loro diretta forza e semplicità.
Un film emozionante, perché Ken Loach riesce a creare quel calore che nasce tra gente del luogo e rifugiati siriani da un comune intento: risanare alla meglio uno spazio presente all’interno del pub, rimettendo in funzione la cucina, dove poter mangiare e fare altro. Ci sarà la reazione subdola di chi scarica ogni colpa sui nuovi arrivati, ma il finale sarà emozionante, forse utopico. Del resto Ken Loach con il suo ultimo film vuole lasciarci con una utopia. Infatti a 86 anni lo ha detto: “Stavolta vi do speranza, poi mi ritiro”
La forza del film è tuttavia nella figura di TJ (Dave Turner), il proprietario del pub, un omone pacifico, generoso e taciturno, con alle spalle il mito del padre minatore e delle sue lotte , la moglie che, a ragione, lo aveva abbandonato e che trova nei rifugiati siriani la motivazione per continuare ancora a vivere. Perché ciò avvenga assurge a ruolo quasi di co-protagonista una ragazza siriana (Ebla Mari) , che parla bene l’inglese, ha l’occhio fotografico da artista con cui stabilisce quella amicizia limpida, che consente all’uno e all’altra di manifestarsi.
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montefalcone antonio
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giovedì 23 novembre 2023
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quando l''impegno civile si fa arte ed emozione
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L’87enne Ken Loach, insieme al fedele sceneggiatore Paul Laverty, gira ancora una volta un altro dramma sociale, amaro ma necessario, sugli ultimi. “The Old Oak” (La vecchia quercia) è semplice e trasparente nella forma, ma umanistico e vigoroso nell’anima.
Questa pellicola, con tutti i suoi pregi e malgrado alcuni suoi difetti, rappresenta un concentrato efficace degli elementi tipici del cinema del regista inglese, a partire da quell’approccio sensibile e rispettoso nei confronti di tematiche sociali attuali e importanti, all’affidarsi a quella centralità di sequenze e dialoghi ricchi di naturalezza; all’eloquenza di dettagli e sguardi espressivi dei suoi personaggi; alla rappresentazione sincera e veritiera, chiara e lineare dei fatti raccontati.
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L’87enne Ken Loach, insieme al fedele sceneggiatore Paul Laverty, gira ancora una volta un altro dramma sociale, amaro ma necessario, sugli ultimi. “The Old Oak” (La vecchia quercia) è semplice e trasparente nella forma, ma umanistico e vigoroso nell’anima.
Questa pellicola, con tutti i suoi pregi e malgrado alcuni suoi difetti, rappresenta un concentrato efficace degli elementi tipici del cinema del regista inglese, a partire da quell’approccio sensibile e rispettoso nei confronti di tematiche sociali attuali e importanti, all’affidarsi a quella centralità di sequenze e dialoghi ricchi di naturalezza; all’eloquenza di dettagli e sguardi espressivi dei suoi personaggi; alla rappresentazione sincera e veritiera, chiara e lineare dei fatti raccontati.
L’opera evidenza le cause e gli effetti di tradimenti morali, rabbia, diffidenza, disperazione, disillusione diffusi soprattutto in comunità povere ed abbandonate dallo Stato, nonché nei cuori di uomini sfiancati sempre più dal malessere esistenziale.
Soltanto la condivisione e l’unione di forze/capacità/risorse di ogni singolo individuo possono colmare quelle mancanze della politica e l’incuranza o incapacità delle istituzioni.
Film dolente ma carico di speranza nonostante tutto, "The Old Oak" riesce a trasmettere (e ribadire l’utilità del)la forza di valori umani come l’accoglienza, la solidarietà, la lotta convinta a qualsiasi inciviltà e ostilità, la resistenza al disagio sociale, il rifiuto di ogni forma di discriminazione. Fino all’utopico desiderio di un mondo migliore a cui ambire.
Per questo alla fine riesce a coinvolgere, emozionare e commuovere i nostri cuori.
Voto: 7.50
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stefano
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mercoledì 22 novembre 2023
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grande regista
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Colpisce sempre la bravura di questo regista capace di rappresentare al meglio il mondo degli ultimi della società inglese ( ma vale per tutti). Ultimi da cui spesso esce una umanità commovente e coraggiosa. Bravi attori e ottima sceneggiatura. Assolutamente da vedere.
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mauridal
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lunedì 20 novembre 2023
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la vecchia quercia si muove al vento
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Quando l’impegno civile di un artista come Ken Loach, si traduce in opere di grande spessore culturale, allora, possiamo meglio comprendere ed accettare il suo ultimo film, the old Oak, film che introduce con forza i temi della solidarietà tra le persone, differenti per ceto ,per cultura e qui , anche per etnia differente. La storia è molto semplice, un paese del nord d’Inghilterra molto chiuso, molto introverso per i pochi abitanti ma ben radicati nelle loro abitudini e tradizioni anglosassoni, una in particolare, frequentare, uomini e donne, il Pub del paese, dove si incontrano tutti per bere le famose pinte di birra e altro, ma soprattutto.
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Quando l’impegno civile di un artista come Ken Loach, si traduce in opere di grande spessore culturale, allora, possiamo meglio comprendere ed accettare il suo ultimo film, the old Oak, film che introduce con forza i temi della solidarietà tra le persone, differenti per ceto ,per cultura e qui , anche per etnia differente. La storia è molto semplice, un paese del nord d’Inghilterra molto chiuso, molto introverso per i pochi abitanti ma ben radicati nelle loro abitudini e tradizioni anglosassoni, una in particolare, frequentare, uomini e donne, il Pub del paese, dove si incontrano tutti per bere le famose pinte di birra e altro, ma soprattutto. Per discutere, per parlare e sparlare delle vicende di tutti, siano amici o soltanto i vicini di casa . Questo Pub , appunto l’Old Oak , cosiddetto, viene in particolare descritto e narrato nel film, come il fulcro di questo paesino dove la vita dei vecchi uomini scorre tranquilla , poiché gli abitanti sono tutti pensionati ex minatori delle miniere di quella zona. Le donne sono anch’esse tranquille mogli anziane che vivono nelle loro vecchie case, con pochi giovani figli, abitanti del paese. In questo paesino avviene una grossa novità, viene scelto dal governo come residenza per un gruppo di famiglie di rifugiati Siriani, è lì portati dai pullman dei servizi sociali inglesi con accompagnatori e assistenti. Questo fatto rappresenta una svolta nella storia del paesino, che il film racconta bene e che il regista vuole sottolineare, di come una tranquilla comunità si trasforma in un conflitto sociale dove le persone gli abitanti e vecchi residenti non vogliono accettare questi rifugiati ovvero intere famiglie con donne, giovani , e bambini piccoli, scampati alla guerra. Dunque, l’eterno conflitto tra egoismo umano e solidarietà sociale, tra gente con privilegi, anche minimi e persone sfortunate per congiunture di natura politica per guerre e conflitti tra Stati diversi e lontani. Ken Loach è un uomo di 87 anni regista noto per scelte radicali sia in politica che di schieramento sociale, in Inghilterra, a favore dei lavoratori proletari e contro le borghesie ricche e dominanti. Tuttavia il vero motivo del film è una ricerca di umanità, da parte di tutti, sia degli abitanti inglesi, che dei siriani arrivati, entrambi gruppi rispettivamente personificati in due personaggi : TJ Ballantyne , il proprietario del pub e Yara , giovane ragazza siriana scappata dalla guerra con la madre , e con la sua macchina fotografica ,cui deve tutta la sua speranza di ripresa della vita. Un vero snodo del film è quando, a parte tutti i conflitti di accettazione e compresenza tra gli abitanti e rifugiati, la vera umanità solidale scatta tra il vecchio TJ ,e Yara con la sua speranza di fotografare la vita e continuare così con una forma d’arte a documentare e testimoniare le vicende umane. Cose che a sua volta il vecchio Ken Loach con i l suo film dimostra di fare, raccontando la possibilità di convivenza tra popoli e anche religioni diverse, dove nel finale del film riunisce nella cattedrale storica del paese i musulmani siriani e i cattolici inglesi, in un grande coro dedicato alla vecchia quercia simbolo di pace e speranza di umanità. Certo un film idealista e utopico, ma con una verità solida e credibile, le persone e l’umanità non possono soccombere alle guerre e alle decisioni di pochi al potere, come in uno Stato , così in un paesino ,o in una famiglia . (mauridal)
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domenica 19 novembre 2023
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vecchio è bello
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Sì, dire vecchio è bello, meglio di anziano, chiamare le cose col loro nome anche se ci fanno paura.
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ruger357mgm
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sabato 18 novembre 2023
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grazie vecchia quercia
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Grazie, per raccontarci il mondo com'è, con pochissima allegria, nell' Occidente ricco, dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri, anche se poveri, sono talvolta sempre più stronzi. Il mondo di Ken Loach é così, la sua cifra stilistica é quella, provare per credere la bellissima retrospettiva su RaiPlay che ci dice tutto. Non dobbiamo sbuffare se la fotografia ha i toni urbani delle red brick houses, se al buon TJ , per colmo di sventura, oltre alla sue normali sfighe, gli ammazzano anche il cane. Non conta. Conta il messaggio politico, forte : la solidarietà smuove le montagne, anche ì profughi che scappano dalla guerra , miracolosamente accolti nell' ostilissimo UK, possono insegnare qualcosa ai gretti pensionati locali, uguali a tanti dei nostri paesini.
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Grazie, per raccontarci il mondo com'è, con pochissima allegria, nell' Occidente ricco, dove i ricchi sono sempre più ricchi e i poveri, anche se poveri, sono talvolta sempre più stronzi. Il mondo di Ken Loach é così, la sua cifra stilistica é quella, provare per credere la bellissima retrospettiva su RaiPlay che ci dice tutto. Non dobbiamo sbuffare se la fotografia ha i toni urbani delle red brick houses, se al buon TJ , per colmo di sventura, oltre alla sue normali sfighe, gli ammazzano anche il cane. Non conta. Conta il messaggio politico, forte : la solidarietà smuove le montagne, anche ì profughi che scappano dalla guerra , miracolosamente accolti nell' ostilissimo UK, possono insegnare qualcosa ai gretti pensionati locali, uguali a tanti dei nostri paesini.Degli anziani, di cui anche Ken fa parte, però ci viene regalata la voglia e forza di lottare che invece latita nei giovani. Meglio un pensionato saggio o un immigrato politicamente consapevole e determinato che un mollaccione tutto smartphone e con un pitbull al guinzaglio ma di pelle bianca. Grazie Ken , per darci forza e coraggio, di fronte alle sconfitte e all' ineluttabilità del fascismo. Come diceva in " Terra e libertà " : No pasaran !
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athos
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venerdì 17 novembre 2023
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la magia del cinema
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Ken Loach alla leggera età di 87 anni confeziona un film che scorre semplice pur trattando un tema bruciante dei nostri tempi. Poi vira sul drammatico e conclude con una magia semplice e commovente. Grande.
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(di anna rosa)
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francesca meneghetti
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giovedì 16 novembre 2023
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la pornografia della speranza
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C’è una battuta nel film che si presta a giochi o approfondimenti etimologici, in quanto vi ricorre l’aggettivo osceno (sarà stato obscene in inglese?), attribuito al sostantivo speranza. È diventata davvero indecente la fede nella possibilità di un mondo migliore? Ce lo chiediamo tutti.
Il regista, notoriamente schierato a sinistra, pur avendo anche girato film improntati al pessimo (penso a Sorry we missed you), questa volta si apre all’utopia.
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C’è una battuta nel film che si presta a giochi o approfondimenti etimologici, in quanto vi ricorre l’aggettivo osceno (sarà stato obscene in inglese?), attribuito al sostantivo speranza. È diventata davvero indecente la fede nella possibilità di un mondo migliore? Ce lo chiediamo tutti.
Il regista, notoriamente schierato a sinistra, pur avendo anche girato film improntati al pessimo (penso a Sorry we missed you), questa volta si apre all’utopia.
Pensa che la celebre frase del Manifesto (“Proletari di tutto il mondo unitevi”) potrebbe diventare realtà tale da unire gli opposti. Se gli opposti comprendessero fino in fondo la propria disperazione: conditio sine qua non.
In una cittadina dell’Inghilterra del nord, la cui vita, un tempo, aveva come fulcro la miniera, ma che ora è decaduta, desolata, arrabbiata, giunge un pullman di profughi siriani, in fuga dalla guerra. L’accoglienza è ostile e improntata al più becero razzismo (cose che abbiamo molte volte visto e sentito). Ma fanno eccezione alcune persone di buon cuore, e, attraverso di loro, si crea una crepa nel muro dell’odio xenofobo. Certo: ci vogliono i mediatori, da una parte e dall’altra: spiccano così T.J. (David Turner) che gestisce lo storico pub The Old Oak (La vecchia quercia): uomo che, attraverso tanti errori, ha imparato la pietà verso se stesso e verso gli altri e non ha dimenticato la legge della solidarietà esistente in miniera): e poi la giovane fotografa siriana Yara (Ebla Mari), che vuole vedere il mondo, ritagliandolo a suo piacimento, attraverso l’occhio di vetro della camera. Anche lei pietosa anzitutto verso se stessa.
La narrazione non risparmia momenti di tensione e colpi di scena, ma il regista non è draconiano nei confronti dei razzisti che qui racconta: sembra voler dire che, dietro l’odio di facciata, sono dei poveri disperati. Non hanno tutti i torti quando affermano che i profughi non li portano a Kensington o in uno dei quartieri snob di Londra.
E c’è un momento, nel film, in cui le barriere etniche e culturali sembrano cadere di fronte alla consapevolezza che quelle più dure a cadere sono le frontiere economico-sociali.
La speranza oscena?
Film da vedere.
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