eugen
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giovedì 19 gennaio 2023
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sfida etica
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Confesso, in primo luogo, che non sono riuscito a seguire regolarmente(id est con continuita')"IL nostro generale", miniserie di LUcio Pellegrini e Andrea Jublin, scritto da Monica Zapelli e Beppe Fiore con la consulenza storica di Giovanni Bianconi, 2023), riuscendo comunque a vederne varie parti cruciali. IN porimis, il rigore nella regia TV e nella sceneggiatura "sottostante"e'da lodare, come anche l'impegno etico(nel titolo parlo di "sfida"etica, e cio'non a caso), che emerge dallo sceneggiatoo TV(Sergio Saviane diceva"fumeggiato", ma qui non lo avrebbe detto e scritto); che sta alla base della miniserie, della sua scrittura e dell'accolgienza riservata all'opera.
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Confesso, in primo luogo, che non sono riuscito a seguire regolarmente(id est con continuita')"IL nostro generale", miniserie di LUcio Pellegrini e Andrea Jublin, scritto da Monica Zapelli e Beppe Fiore con la consulenza storica di Giovanni Bianconi, 2023), riuscendo comunque a vederne varie parti cruciali. IN porimis, il rigore nella regia TV e nella sceneggiatura "sottostante"e'da lodare, come anche l'impegno etico(nel titolo parlo di "sfida"etica, e cio'non a caso), che emerge dallo sceneggiatoo TV(Sergio Saviane diceva"fumeggiato", ma qui non lo avrebbe detto e scritto); che sta alla base della miniserie, della sua scrittura e dell'accolgienza riservata all'opera. Inoltre , diamine, Sergio Castellitto, come"dallla Chiesa"e'un vero interprete: attore e regista teatrale di chiara fama, riesce ad essere un"nostro generale"di grande efficacia, assolutamente fedele al generale, che pur anche attraverso contraddizioni umane(l'adesione alla P2, quasi certamente, ma forse il servitore dello Stato generale s'era illuso, non avendo il tempo di informarsi abbastanza a riguardo....)e'riuscito a mantenere una coerenza degna di miglior causa, quella dei ROS etc. Anche gli/le altri/e interpreti , comunque, si difendono... El Gato-Eugen
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figliounico
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venerdì 13 gennaio 2023
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dovrebbe coivolgere e invece annoia
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La Rai fa sul serio e la voluminosa fiction del duo registico Pellegrini-Jublin, da considerarsi forse come una risposta tardiva alla miniserie di canale5 “Il generale Dalla Chiesa" del 2007”, appare questa volta meglio documentata di quella recente su Moro e si diffonde ampiamente nel descrivere la vita pubblica e privata di Dalla Chiesa, avvalendosi peraltro la sceneggiatura della consulenza di Bianconi, uno scrittore impegnato da trent’anni proprio sui temi di terrorismo e mafia. Ma il suo limite è proprio la lunghezza eccessiva della serie, otto episodi sono troppi, e la sintesi del docufilm, con un taglio da reportage giornalistico e l’inserimento di frammenti di immagini di repertorio dell’epoca, e della tradizionale fiction televisiva risulta poco riuscita, perché il primo non raggiunge lo scopo di informare compiutamente lo spettatore, soprattutto quello più giovane, neofita totale per quanto riguarda la storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi, come farebbe un serio film inchiesta, e la seconda scade spesso nei toni patetici e melodrammatici della telenovela brasiliana o nel migliore dei casi della nuova commedia all’italiana quella intellettuale e lacrimosa che tanto piace alla piccola e media borghesia.
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La Rai fa sul serio e la voluminosa fiction del duo registico Pellegrini-Jublin, da considerarsi forse come una risposta tardiva alla miniserie di canale5 “Il generale Dalla Chiesa" del 2007”, appare questa volta meglio documentata di quella recente su Moro e si diffonde ampiamente nel descrivere la vita pubblica e privata di Dalla Chiesa, avvalendosi peraltro la sceneggiatura della consulenza di Bianconi, uno scrittore impegnato da trent’anni proprio sui temi di terrorismo e mafia. Ma il suo limite è proprio la lunghezza eccessiva della serie, otto episodi sono troppi, e la sintesi del docufilm, con un taglio da reportage giornalistico e l’inserimento di frammenti di immagini di repertorio dell’epoca, e della tradizionale fiction televisiva risulta poco riuscita, perché il primo non raggiunge lo scopo di informare compiutamente lo spettatore, soprattutto quello più giovane, neofita totale per quanto riguarda la storia d’Italia dal dopoguerra ad oggi, come farebbe un serio film inchiesta, e la seconda scade spesso nei toni patetici e melodrammatici della telenovela brasiliana o nel migliore dei casi della nuova commedia all’italiana quella intellettuale e lacrimosa che tanto piace alla piccola e media borghesia. Nonostante gli sforzi del cast degli attor giovani di belle speranze che ce la mettono tutta per riuscire naturali e spontanei ed il più delle volte ci riescono, è la scelta di Castellitto per interpretare il nostro Generale che appare non troppo felice. Ormai il grande attore molisano è prigioniero di una maschera che lui stesso ha creato ed il suo personaggio tipico, gioviale triste e bonaccione, va bene sia che interpreti il Lucariello di Eduardo o il Vate de’ “Il cattivo poeta”. La recitazione sommessa a tratti quasi sussurrata, che rende addirittura incomprensibili alcune battute, complice l’estenuante interminabile racconto, che a volte si perde in inutili sequenze, per allungare il brodo?, non aiuta a mantenere alta l’attenzione e così la storia di un protagonista della prima repubblica, che dovrebbe risultare di per sé interessante ed avvincente, così fatta, induce al torpore e diventa, mandata in prima serata, uno dei tanti rassicuranti programmi per conciliare il sonno.
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