mondolucio
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giovedì 25 agosto 2022
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elvis avrebbe ringraziato e gradito, ma...
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Raramente il buon Baz riesce a deludere (personalmente ne sono incantato sin da Ballroom), qui riesce a confermarsi e regalarci un tripudio di colori e musica e effetti, tutto sapientemente amalgamato così come il suo passato da deejay gli ha insegnato... TUTTAVIA, nonostante i primi 5 minuti da scuola di cinema (e musica), é un film che corre troppo e rallenta ingiustificatamente nell'ultima mezz'ora, per poi (fortunatamente) chiudersi in quella emozionante esibizione che non voglio assolutamente spoilerare. Sembra quasi una lepre che gareggia contro una tartaruga, fermata a riposarsi conscia di avere più di 2 ore di vantaggio e che si risveglia bruscamente accorgendosi anche di essere stata superata da tempo.
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Raramente il buon Baz riesce a deludere (personalmente ne sono incantato sin da Ballroom), qui riesce a confermarsi e regalarci un tripudio di colori e musica e effetti, tutto sapientemente amalgamato così come il suo passato da deejay gli ha insegnato... TUTTAVIA, nonostante i primi 5 minuti da scuola di cinema (e musica), é un film che corre troppo e rallenta ingiustificatamente nell'ultima mezz'ora, per poi (fortunatamente) chiudersi in quella emozionante esibizione che non voglio assolutamente spoilerare. Sembra quasi una lepre che gareggia contro una tartaruga, fermata a riposarsi conscia di avere più di 2 ore di vantaggio e che si risveglia bruscamente accorgendosi anche di essere stata superata da tempo... ma, a differenza della fiaba, riesce a recuperare in extremis e vincere di poco (spero di aver reso l'idea). Il ritmo forsennato viene davvero mantenuto per troppo tempo, più di 2 ore, cosa che rende un po' faticosa la visione, ciononostante rimane un film valido che si arrufiana facilmente il popolo USA e che farà mambassa di oscar senza ombra di dubbio. PS: vi prego, non parlate di "capolavoro" perché PALESEMENTE non lo è.
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paolorol
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lunedì 8 agosto 2022
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tanto rumore per nulla
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.....sicché secondo Zappoli questo filmaccione dovrebbe far pensare ? E a cosa, di grazia ? Forse a "quando finirá sto polpettone"? Sarebbe stato meglio trasformarlo, allungando ulteriormente il brodo, in una miniserie Netflix. Quella è la giusta collocazione di un bioptic/documentario che non ha nulla da offrire al di fuori di una sontuosa e ricca produzione. L'inizio del film è mirabolante e ti inganna, dandoti la falsa speranza di essere in procinto di assistere ad un capolavoro ineguagliabile Fotografia straordinaria, ambientazioni curatissime, montaggio serrato e catturante.. Ma poi la bolla di sapone scoppia e tutto il resto è noia.
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.....sicché secondo Zappoli questo filmaccione dovrebbe far pensare ? E a cosa, di grazia ? Forse a "quando finirá sto polpettone"? Sarebbe stato meglio trasformarlo, allungando ulteriormente il brodo, in una miniserie Netflix. Quella è la giusta collocazione di un bioptic/documentario che non ha nulla da offrire al di fuori di una sontuosa e ricca produzione. L'inizio del film è mirabolante e ti inganna, dandoti la falsa speranza di essere in procinto di assistere ad un capolavoro ineguagliabile Fotografia straordinaria, ambientazioni curatissime, montaggio serrato e catturante.. Ma poi la bolla di sapone scoppia e tutto il resto è noia. Il solito rischio legato alle agiografie contemporanee, un luogo pieno di insidie dal quale pare impossibile riuscire ad uscirne vivi..Elvis va a far buona compagnia a Freddie ed ad Elton. Tre fallimenti, tre operazioni inutili.
Che dire degli attori ? Tom Hanks, o quello che di lui si riesce ad intravedere sotto un trucco massiccio, è l'unico che si merita la sufficienza Butler non è nessuno. Un'interminabile esibizione in perfetto stile "Tale & Quale". Anche lui truccato di tutto punto da Elvis, con una voce intonata, sí, ma che non ha nulla a che vedere con quella di Elvis, con una discreta imitazione di passi e movenze ma lontanissimo da una qualsivoglia logica interpretativa. La sceneggiatura è inesistente, in sintonia con la struttura documentaristica del film. Ma perché allora non inserire piú sequenze originali, ricordarci chi era davvero Elvis e perché incantava le folle ? Assistere ad un'imitazione va bene per 5 minuti, facciamo anche 10, ma non per quasi tre ore! Sopraggiunge lo sbadiglio e ti viene voglia di uscire dal cinema. La cosiddetta "storia" poi proprio non sussiste Il fatto che sia raccontata dal punto di vista del sedicente Colonnello Parker aggiunge poco e niente. In sostanza una grande (e lunghissima...) delusione, sono all'ultimissimo minuto. Con un po' di campanilismo ci eravamo entusiasmati per il fatto che la colonna sonora includesse una traccia dei Maneskin.. Che in effetti esiste, tranne che é l'ultimissima, alla fine dei titoli di coda. In pochi arriveranno ad ascoltarla ed è un peccato perchè è una buona interpretazione di Damiano, che sotterra le imbarazzanti imitazioni del troppo osannato Butler, attorucolo di serie B.
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67user
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domenica 24 luglio 2022
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bello, veramente bello
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Un film che racconta la vita e la carriera, dai primi passi fino al tramonto, di una delle più grandi star della musica di tutti i tempi; ottima trama, magistralmente diretto e interpretato (non è certo facile reinterpretare il carisma di un personaggio di questo calibro), ti prende e ti tiene incollato alla poltrona fino alla fine, emozionando e senza mai cadere nel banale, raccontando, anzi, a tinte forti, anche il rovescio della medaglia nella vita di queste star.
SIcuramente da non perdere per gli appassionati e anche per chi si avvicina per la prima volta a uno dei più carismatici personaggi dello spettacolo a stelle e strisce.
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luca scialo
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venerdì 22 luglio 2022
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spettacolarizzazione di un uomo spettacolare
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Che il cinema di Baz Luhrmann fosse spettacolare, lo sapevamo già. Anche nel raccontare le storie più semplici. Pellicole come Romeo + Giulietta, Moulin Rouge o Il Grande Gatsby hanno lasciato il segno nell'immaginario collettivo. Ma con la presente pellicola ha raggiunto un livello superiore. Raccontare la vita di un personaggio famoso non è mai facile: cosa tralasciare? Cosa approfondire? Per non parlare del fatto che, alla fine, gli scontenti e i critici non mancheranno mai. Perché essere oggettivi, soprattutto quando si hanno grandi aspettative da fan o cultori della persona in questione, è impresa impossibile. Figuriamoci quando si tratta di una Leggenda come Elvis Aaron Presley, il single singer che ha venduto più dischi di tutti.
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Che il cinema di Baz Luhrmann fosse spettacolare, lo sapevamo già. Anche nel raccontare le storie più semplici. Pellicole come Romeo + Giulietta, Moulin Rouge o Il Grande Gatsby hanno lasciato il segno nell'immaginario collettivo. Ma con la presente pellicola ha raggiunto un livello superiore. Raccontare la vita di un personaggio famoso non è mai facile: cosa tralasciare? Cosa approfondire? Per non parlare del fatto che, alla fine, gli scontenti e i critici non mancheranno mai. Perché essere oggettivi, soprattutto quando si hanno grandi aspettative da fan o cultori della persona in questione, è impresa impossibile. Figuriamoci quando si tratta di una Leggenda come Elvis Aaron Presley, il single singer che ha venduto più dischi di tutti. Introducendo nella musica la spettacolarizzazione delle esibizioni e l'idolatria del cantante. Lurmann, come quasi sempre avviene in un Biopic, parte dalla fine. Ma di quella del suo manager, il Colonnello Parker. Nome d'arte di Andreas Cornelis van Kuijk, la cui vita già meriterebbe un film a parte. L'uomo, ormai prossimo alla morte, ripercorre tutta la sua vita. Partendo da quando era un imbonitore nel Circo fino all'incontro con Elvis, che cambiò la vita ad entrambi. L'uomo fece nascere il mito, ma forse lo portò all'estrema potenza, dimenticando che in fondo si trattasse di un semplice essere umano. Parker gestiva completamente la vita di Elvis, al punto di vietargli pure viaggi all'estero. Dopo una prima parte dai ritmi accelerati ed estremamente spettacolarizzata, il film rallenta e finisce per approfondire maggiormente l'Elvis privato. In mezzo a tante immagini ad effetto, le emozioni e i sentimenti riescono comunque ad emergere. Vengono così fuori le origini delle movenze e del talento di The Pelvis, grazie alla sua contaminazione con la cultura afro fin da bambino. Ma anche gli ultimi anni difficili della sua vita, quando ormai i farmaci e l'obesità avevano preso il sopravvento. Strepitosa l'interpretazione di Austin Butler, che ha anche utilizzato la propria voce. Mentre Tom Hancks forse è servito più come nome prestigioso da inserire nel cast. Poiché il trucco lo rende quasi irriconoscibile, dunque sprecato. Nel complesso, un film che è riuscito a coniugare esigenze di spettacolarizzazione con il dare comunque una sostanza ai sentimenti. Emozionante la scena finale dell'ultimo concerto di Elvis, tenutosi il 21 giugno del 1977, quando cantò Unchained Melody. A meno di un mese dalla morte. E chissà che non abbia ragione proprio il Colonnello Parker: ad uccidere Elvis è stato l'amore per il pubblico.
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maramaldo
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domenica 17 luglio 2022
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l''innocenza perduta di un''america.
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Quel ragazzo, Austin Butler, realizza un prodigio che riesce a pochi. Penso alle creature della Portman, di Kristen Stewart: ci s'impadronisce di un personaggio che "conosciamo", lo si rimonta, lo si plasma, gli si dà un soffio di vita propria ed ecco, confezionato, il fantasma che crediamo essere quello che da sempre si agita nella nostra povera testa.
Baz Luhrmann, scrittura elegante e svelta, tavolozza varia. Inventore di atmosfere. Non solo. Imbonimenti e mistificazioni. Un'autorità nel settore, Tom Hanks (il Colonnello). Invadente, disturba continuamente quelle parentesi di suggestione ottenute con la replica di quella voce che un giorno vi toccò dentro.
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Quel ragazzo, Austin Butler, realizza un prodigio che riesce a pochi. Penso alle creature della Portman, di Kristen Stewart: ci s'impadronisce di un personaggio che "conosciamo", lo si rimonta, lo si plasma, gli si dà un soffio di vita propria ed ecco, confezionato, il fantasma che crediamo essere quello che da sempre si agita nella nostra povera testa.
Baz Luhrmann, scrittura elegante e svelta, tavolozza varia. Inventore di atmosfere. Non solo. Imbonimenti e mistificazioni. Un'autorità nel settore, Tom Hanks (il Colonnello). Invadente, disturba continuamente quelle parentesi di suggestione ottenute con la replica di quella voce che un giorno vi toccò dentro. Lo squallido maneggione, invece, irrita, per odiarlo non arrivate alla fine.. Ma, poi, per dire cosa? "Pelvis" venne alla luce grazie ai biscazzieri di Las Vegas.
A questo punto, bisogna chiederselo. Cosa preme a Baz: celebrare (o quanto meno raccontare) oppure veicolare la visione di una certa America. Una sua visione? L'Australiano è relativamente "giovane" per cui si suppone che alla sue spalle ci siano stati maestri di pensiero. Buoni o cattivi? Stabilirlo non è un problema per chi si attiene al criterio evangelico: "dai loro frutti li riconoscerete".
Si adombra nell'indimenticato rockettaro qualcosa di retrò, con qualche fondamento. Si sa, "non" amò i beatles nè i rolling stones. Fin da piccolo, lo segnala il film, volle "fare l'eroe". Cresciuto ma rimasto sempliciotto, pensò che per "combattere il male" occorresse possedere quel prestigioso distintivo dell'FBI. Lo chiese "all'uomo orribile" che allora bivaccava alla Casa Bianca. Tutto documentato. Foto storica. Sembra essere solo io a ricordarmene, "Elvis & Nixon", del 2016, con Kevin Spacey (ma vi è anche il figlio di Tom, Colin Hanks). Molto più severo ed acre ma di gran lunga più serio e corretto del lavoro di Luhrmann.
Perchè si vuole che l'America di Elvis sia vista attravero la lente di una cultura che si sostenta di reticenze, amnesie e censure? Solo un es., l'episodio Germania. Nonostante l'epitaffio di John Lennon, il soldato di leva Presley (congedato sergente) non andò "costretto" ma contento e orgoglioso. Vi fece tanti di quegli "atlantici"che se li sogna lo svampito depresso che di recente è stato inviato alla bisogna da quelle parti.
Tutto ciò sembra critica ma si avverte un'avversione, un accanimento verso quel Paese. I "Baz" dimenticano quel che ha rappresentato per tante generazioni l'America: l'unica attrattiva che si poteva ricavare da una riflessione sulla Storia, punto reale di ottimismo nelle concezioni sociali più concrete, un modello, una speranza. La fecero uomini, donne, fanciulli savi che vi s'inoltrarono con coraggio e determinazione. Avveduti, non avrebbero mai cambiato i cavalli nel mezzo di un guado. Anime rette, li faceva "tremare" Dio, non l'apache. Certo, sbiadita la coscienza che si nutriva di Bibbia, arrivarono i pistoleros. Ce ne sono ancora, in giro per il mondo a raddrizzar torti. Invincibili, favolosi, affollano lo schermo. Non ci resta che cantare, ogni tanto anche Elvis l'accennava, God Bless America...
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montefalcone antonio
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domenica 17 luglio 2022
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il “più grande uomo di spettacolo del 20° secolo”
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La vita e la musica di Elvis Presley viste attraverso la relazione con l’enigmatico manager, il colonnello Tom Parker. La trama approfondisce le complesse dinamiche tra i due nell’arco di oltre venti anni, quando Presley raggiunse un livello di celebrità senza precedenti; mentre sullo sfondo un panorama culturale in evoluzione e la perdita dell’innocenza di una nazione segnata dalla segregazione razziale e dagli omicidi di Martin Luther King e Bob Kennedy.
Sotto questa lente, Elvis appare nella pellicola di Luhrmann come un’anima scissa e tormentata.
Gli sceneggiatori sottolineano molto la dimensione dell’impegno politico, verso cui il protagonista avrebbe tentato di avvicinarsi per tutta la carriera ma sempre bloccato dall’opportunismo del proprio manager che gli proibiva di toccare temi scottanti e controversi, come la religione e la politica.
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La vita e la musica di Elvis Presley viste attraverso la relazione con l’enigmatico manager, il colonnello Tom Parker. La trama approfondisce le complesse dinamiche tra i due nell’arco di oltre venti anni, quando Presley raggiunse un livello di celebrità senza precedenti; mentre sullo sfondo un panorama culturale in evoluzione e la perdita dell’innocenza di una nazione segnata dalla segregazione razziale e dagli omicidi di Martin Luther King e Bob Kennedy.
Sotto questa lente, Elvis appare nella pellicola di Luhrmann come un’anima scissa e tormentata.
Gli sceneggiatori sottolineano molto la dimensione dell’impegno politico, verso cui il protagonista avrebbe tentato di avvicinarsi per tutta la carriera ma sempre bloccato dall’opportunismo del proprio manager che gli proibiva di toccare temi scottanti e controversi, come la religione e la politica.
Il film è però anche un raffinato spaccato dell'industria musicale a cavallo tra gli anni '50 e '70, quando ancora si sperimentava un sistema ancora in costruzione ma già cinico, manipolante e intrappolante.
E così se col colonnello Parker (vero e proprio contraltare del genio di Presley), e il suo lato cinico, meschino e brutale, ci si sofferma sugli aspetti filmici legati all’invenzione del Re del Rock 'n Roll; con il personaggio di Elvis stesso, si cerca di cogliere il lato più umano, il privato dietro a quello pubblico, l'uomo dietro il mito.
L’Elvis interpretato da un sorprendente Austin Butler, nelle mani del regista, diventa un’icona colorata, energica e sfrenata ma assume anche un’aura malinconica, tragica e quasi mistica.
La pellicola ci mette di fronte al mito e alla grandezza autodistruttiva di Presley attraverso un flusso di esperienze musicali, generi, suggestioni, concerti e performance.
E gradualmente l’epopea si fa più cupa, più intimista, ci si concentra sui tormenti, sul tracollo.
L’aspetto visivo strabordante, barocco ed eccessivo del film, fatto di colori, movimenti vorticosi e musica (e come sempre fotografia, scenografia, montaggio e colonna sonora sono eccezionali), sposa appieno lo stile di Baz Luhrmann con quello dello stesso cantante, nei suoi modi di essere, di fare, di cantare, negli atteggiamenti, nell’abbigliamento, eccetera: un gioco di mimesi superlativa (soprattutto da parte dell’attore protagonista, un’autentica rivelazione) che stupisce per somiglianza e ricostruzione minuziosa, ma anche per il trasporto emozionale che riesce a creare nei riguardi dello spettatore, immediatamente immerso nelle vicende dell’opera e soprattutto nell’interiorità del cantante. Molte sono le sequenze in tal senso efficaci, tra tutte quella del finale, dove un Elvis sovrappeso e sofferente canta “Unchained Melody” al Market Square Arena di Indianapolis. Nel segno dello sfarzo e della ridondanza più spettacolari, il regista utilizza i ricordi del colonnello Parker (un bravissimo Tom Hanks, sommerso dal make-up) per ricostruire le tappe più interessanti della carriera di Elvis: il quartiere nero dove è cresciuto; l’influenza del Rhythm and Blues; la centralità musicale di Memphis; il fascino esercitato sulle donne; il rapporto con il padre e la madre; l’incontro con la futura moglie Priscilla; le implicazioni sociali delle sue performance; il sogno di una carriera a Hollywood; e il lungo periodo finale a Las Vegas. La musica si era impossessata del corpo di Elvis. Lì sul palco, con il suo inconfondibile modo di muoversi e di sprigionare erotismo.
L’intuizione vincente di quest’opera è di puntare sulle grandi Hit: “Love Me Tender”, “Suspicious Minds”, “Hound Dog” e sulle memorabili esibizioni in palcoscenico, alternandola anche con la musica moderna.
E così il film diventa uno spettacolo godibile, piacevole e coinvolgente, una vera e propria ipnotica esperienza visiva e sonora capace di far emozionare e commuovere lo spettatore, perché sa trascendere i limiti del film biografico nel senso classico del genere, e cerca di avvicinarsi (secondo l’interpretazione degli autori) alla vera essenza di Elvis per farcela abitare.
Vita, morte, resurrezione di un cinema che si riflette dunque sull’immagine di Elvis Presley.
Il risultato finale, convincente e suggestivo, valorizza il genio di Presley e la sua importante influenza nella musica Rock, ma, attraverso la metamorfosi del suo destino in un incubo quasi gotico e surreale (Presley imprigionato dai ricatti economici, dall’abuso di droghe e dalla manipolazione psicologica di Parker), ne mette in evidenza anche le ansie, le paure, la gloria e l'autodistruzione.
La leggenda torna così carne e ossa, per poi rifarsi mito immortale. Farsi questo film esplosivo.
La realtà e lo spettacolo si fondono e confondono tra loro, e alla fine sembrano la stessa cosa, in tutta la loro potenza magica ma anche in tutta la loro carica distruttiva, bellezza ma anche orrore.Era stato così per Presley, e, in un certo senso e per altri versi, è così anche per ognuna delle nostre esistenze…
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no_data
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lunedì 4 luglio 2022
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elvis: rock o lento?
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La domanda da farsi è: può un film racchiudere un mito ? Secondo me è raro che succeda, ed in questo caso, dove si sta parlando della vita del King, del Re del Rock N' Roll, è difficile dare una risposta a questa domanda, nonostante l'entusiasmo unanime della critica.
Le premesse ci sono tutte: una storia di riscatto, un vero "American Dream", il protagonista più amato e conosciuto al mondo, la migliore musica rock, moltissime ombre dietro il personaggio folgorante sopra il palco.
Il regista australiano Baz Luhrmann ci presenta le origini di Elvis, dove il destino lo ha portato, come la famiglia lo ha educato ed influenzato, dove la sua indole "di fuga" lo ha indirizzato, come il suo talento è esploso.
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La domanda da farsi è: può un film racchiudere un mito ? Secondo me è raro che succeda, ed in questo caso, dove si sta parlando della vita del King, del Re del Rock N' Roll, è difficile dare una risposta a questa domanda, nonostante l'entusiasmo unanime della critica.
Le premesse ci sono tutte: una storia di riscatto, un vero "American Dream", il protagonista più amato e conosciuto al mondo, la migliore musica rock, moltissime ombre dietro il personaggio folgorante sopra il palco.
Il regista australiano Baz Luhrmann ci presenta le origini di Elvis, dove il destino lo ha portato, come la famiglia lo ha educato ed influenzato, dove la sua indole "di fuga" lo ha indirizzato, come il suo talento è esploso.
Parallelamente conosciamo Andreas Cornelis van Kuijk, che pretendeva di essere americano e si faceva chiamare Tom Parker, il suo manager di una vita, che lo ha creato e che lo ha distrutto, forse come un Dio o un Padre adottivo, purtroppo dovuto dagli eventi accaduti nella vera famiglia Presley.
Gli attori protagonisti sono strepitosi, perfetti nella parte e forse più veri dei personaggi storici, il ritmo della storia è perfetto, le musiche incendiano il pubblico come da sotto il palco ad un concerto, le immagini sanno far esplodere l'energia del rock e il lato umano di tutte le persone accanto ad Elvis, tutte tranne quelle del Colonnello, che rimane solo molto ambiguo, grigio, avido e vizioso (ha molti debiti di gioco). La descrizione di "grande imbonitore" che il Colonnello si autoattribuisce ed attribuisce anche ad Elvis per continuare a tenerlo a se, non svela o non vuole svelare i motivi di alcune scelte discutibili, complicate, difficili, mai risolutorie, portate avanti dalla star.
Spesso vengono presentati gli eventi storici e politici del tempo, come il popolo americano ha vissuto questi eventi e come la musica di Elvis abbia in qualche modo influito o semplicemente accompagnato la cultura di quegli anni. Senza andare forse giustamento o forse ingiustamente mai oltre.
Le molte zone "grigie" che hanno indirizzato e gestito la vita del rocker cominciano allora a prendere il sopravvento, a far "perdere colpi" alla storia, a rallentare il ritmo del film , come l'alcool e le droghe hanno mano a mano rallentato, fiaccato e stancato Elvis, che nonostante tutto ha sempre infiammato con il cuore il palco con tutto il suo amore per la musica e per i propri fan.
Secondo me continua ad essere il migliore film sulla vita del THE KING, a tratti è perfetto, ma forse la durata eccessiva ed il triste ritmo del finale non lo rendono un capolavoro.
Forse è bene così, visto che aumenta in noi, come nei fan il sentimento di grande rimpianto e di affetto verso questo bambino del Tennessee che ha realizzato il suo sogno di diventare un supereore immortale, che ha rivoluzionato il mondo della musica pop rock e la vita di miliardi di persone.
Celentano, in tv, chiedeva:" se sei rock o lento?". Elvis, il re, THE KINK OF ROCK, non poteva non essere sia rock che lento.
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max821966
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venerdì 1 luglio 2022
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strepitoso
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Premessa: amo il blues, il soul e il r & r, ovviamente un film del genere meritava la fantastica sala Energia a Melzo ( sicuramente la miglior sala in italia e una delle tre migliori al mondo).
Baz Luhrmann è un regista iconico, con qualche scivolone perdonabile (Il grande Gatsby E Moulin rouge) ma con , ora tre capolavori assoluti della settima arte: Romeo + Giulietta, Australia ed ora Elvis.
Lo ammetto, Elvis privato lo conoscevo poco, poi sono un fan accanito di uno dei suoi + grandi rivali, Jerry Lee Lewis e Great Ballas of Fire lo metto sullo stesso livello di Elvis.
Pensavo che Elvis fosse un personaggio furbo, attaccato ai soldi, viziato, senza solide basi musicali.
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Premessa: amo il blues, il soul e il r & r, ovviamente un film del genere meritava la fantastica sala Energia a Melzo ( sicuramente la miglior sala in italia e una delle tre migliori al mondo).
Baz Luhrmann è un regista iconico, con qualche scivolone perdonabile (Il grande Gatsby E Moulin rouge) ma con , ora tre capolavori assoluti della settima arte: Romeo + Giulietta, Australia ed ora Elvis.
Lo ammetto, Elvis privato lo conoscevo poco, poi sono un fan accanito di uno dei suoi + grandi rivali, Jerry Lee Lewis e Great Ballas of Fire lo metto sullo stesso livello di Elvis.
Pensavo che Elvis fosse un personaggio furbo, attaccato ai soldi, viziato, senza solide basi musicali.....ebbene mi sbagliavo di grosso, è stato un grandissimo artista, che a differenza del suddetto J.L.Lewis è stato spremuto ( o è stato tanto debole da farsi spremere) fino a portarlo alla morte a soli 42 anni da una cricca di persone che hanno vissuto nel lusso sfrenato con i dollari guadagnati da Elvis.
Passiamo a 2 citazioni , credo volute dal regista: all'inizio del film, la scoperta da parte di un Elvis adolescente della musica nera, ricorda un altrettanto giovane J.L.Lewis quando con il cugino spia attraverso un pertugio un locale in cui si suona il jazz, già trasformatosi in blues e poi i R & Roll.
La seconda , la + terribile, è quando lo staff di sanguisughe che circonda un Elvis, ridotto a uno straccio, lo forza a continuare i concerti, con dosi di droghe pesanti per rimetterlo in piedi, quì è lampante il richiamo alla mitica scena di "The Wall" dove Pink viene rimesso in piedi allo stesso modo, sulle le note del capolavoro Comfortably Numb.
Passo al commento tecnico.
Se questo film non farà incetta di Premi, sarà uno scandalo, dalla regia, alla sceneggiatura, colonna sonora, fotografia, e oltre al solito intramontabile Hanks, spicca la STRATOSFERICA performance di AUSTIN BUTLER, tanto si è calato nel personaggio da poter paragonare la sua interpretazione, ad attori ben + esperti Hitchcock/ The Silence of the Lambs (Anthony Hopkins), Churchill/Lèon ( Gary Oldman), Gangs of New York/ Lincoln ( Daniel day-lewis).....
Film da vedere e rivedere, rigorosamente sul grande schermo.
Capolavoro assoluto
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jaylee
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domenica 26 giugno 2022
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elvis lives! (ancora)
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Chissà, ci sarà ancora da dire qualcosa sul Re del Rock’n’Roll? A 45 anni dalla sua morte, e svariate iterazioni del suo biopic con interpretazioni dei vari Kurt Russell, Jonathan Rhys Meyers, Michael Shannon, ecc. la risposta appare ardua.
Ci prova il redivivo Baz Luhrmann, dopo anni in sordina. Il regista di Romeo + Juliet e Moulin Rouge offre il suo tocco, barocco, estremo, coloratissimo, lustrini, magari storicamente non accuratissimo, e soprattutto, oltre al re, mette al centro della scena il suo manager, il Colonnello Parker, l’uomo che ne fece una leggenda, ma, si dice (ed è anche la tesi del film, senza fare spoiler), ne fu anche la rovina.
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Chissà, ci sarà ancora da dire qualcosa sul Re del Rock’n’Roll? A 45 anni dalla sua morte, e svariate iterazioni del suo biopic con interpretazioni dei vari Kurt Russell, Jonathan Rhys Meyers, Michael Shannon, ecc. la risposta appare ardua.
Ci prova il redivivo Baz Luhrmann, dopo anni in sordina. Il regista di Romeo + Juliet e Moulin Rouge offre il suo tocco, barocco, estremo, coloratissimo, lustrini, magari storicamente non accuratissimo, e soprattutto, oltre al re, mette al centro della scena il suo manager, il Colonnello Parker, l’uomo che ne fece una leggenda, ma, si dice (ed è anche la tesi del film, senza fare spoiler), ne fu anche la rovina.
Anzi, è proprio il Colonnello Parker, qui interpretato dal solito eccellente Tom Hanks negli ultimi anni della sua vita, a rendere il racconto un flashback di come andarono le cose: con il suo ragazzo che lui considera “la più grande attrazione” di tutti i tempi, che ancheggiando e dimenandosi mentre canta conquista il pubblico femminile, gli mostra il frutto proibito che diventerà il rock’n’roll con lui, e da li, il cinema, Las Vegas, la leggenda.
Dobbiamo dire che lo stile di Luhrman si adatta molto bene a raccontare la vita del re: gli anni ’50 colori pastello e vita da circo, le commistioni di Elvis con il mondo dei neri di quegli anni, gli ambienti jazz, e poi Hollywood e Las Vegas… insomma, ce lo vedevamo bene ed infatti funziona. Soprattutto i primi anni, con quell’energia de Re ventenne che sprizza ovunque, è davvero notevole e ci ha ricordato proprio i vortici di Moulin Rouge, con i costumi sopra le righe di Elvis -questi si, accuratissimi- praticamente perfetti).
Come dicevamo, magari storicamente non accuratissimo per i cultori di Elvis, anche se il protagonista, il semi-sconosciuto Austin Butler, fa un lavoro eccellente. Somigliante si, ma soprattutto le movenze ne fanno uno dei punti chiave del film. Rispetto ad un Bohemian Rhapsody/Freddy Mercury di Rami Malek, forse un po' meno tridimensionale (ma è il tema generale del film), più in linea rispetto al RocketMan/Elton John di Taron Egerton.
A dire la verità, però forse questo è il film che ci è piaciuto di più dei 3: l’impronta stilistica è davvero notevole; nonché la modernizzazione di molti dei temi musicali che sbucano ogni tanto anche nel film (oltre che nei bellissimi titoli di coda). Meno riuscita la parte finale, quella del declino, ma fino al grande ritorno del 1970, è davvero un grande spettacolo, ed in generale, ci ha convinto il tono da circo della vita di Elvis, che prima lo esalta, infine diventa una gabbia dorata, fino ad abbatterlo, come un purosangue spremuto dal padrone. Niente magari di nuovo, ma davvero notevole, uno spettacolo che vale il prezzo del biglietto, e senza bisogno di aggiungere niente, neanche un bis. Come annunciavano alla fine degli spettacoli del Re: “Elvis ha lasciato l’edificio”. (www.versionekowalski.it)
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vittorio
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sabato 25 giugno 2022
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elvis: l’umano prezzo da pagare alla leggenda
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Baz Luhrmann fa ancora centro. Una storia intessuta di umana debolezza di un mito che fa i conti con le difficoltà del tempo, con la famiglia antica e nuova, con il suo plasmatore artistico commerciale Parker. La vita pennellata di un mito della musica narrata attraverso il suo despota opportunista pigmalione che sembra ricalcare l'orma di Salieri/Mozart in Amadeus.
Tuttavia,tutto è diverso nel dipanarsi di una vicenda di rara bellezza musicale, di piena coinvolgente immersione in ambientazioni e costumi d'epoca, di trascinante partecipazione del declino fisico e psichico di un uomo,prima del Mito.
Gli interpreti tutti magnifici,su tutti ,un iconografico,incommensurabile Tom Hanks ad un Austin Butler che definire, " davvero" Elvis non è errato .
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Baz Luhrmann fa ancora centro. Una storia intessuta di umana debolezza di un mito che fa i conti con le difficoltà del tempo, con la famiglia antica e nuova, con il suo plasmatore artistico commerciale Parker. La vita pennellata di un mito della musica narrata attraverso il suo despota opportunista pigmalione che sembra ricalcare l'orma di Salieri/Mozart in Amadeus.
Tuttavia,tutto è diverso nel dipanarsi di una vicenda di rara bellezza musicale, di piena coinvolgente immersione in ambientazioni e costumi d'epoca, di trascinante partecipazione del declino fisico e psichico di un uomo,prima del Mito.
Gli interpreti tutti magnifici,su tutti ,un iconografico,incommensurabile Tom Hanks ad un Austin Butler che definire, " davvero" Elvis non è errato .
Film capolavoro
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