felicity
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martedì 11 giugno 2024
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un film sull’amicizia, la crescita, il privilegio
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Con questo film James Gray decide di portare sul grande schermo un pezzo della sua vita e della sua famiglia. L’idea era quella di staccarsi da un cinema artefatto per girare una storia che lo riguardasse da vicino, ma anche quella di raccontare un Queens che oggi non esiste più, quello degli anni Ottanta.
Armageddon Time - Il tempo dell'Apocalisse è un film sull’amicizia, la crescita, il privilegio, la disuguaglianza, il razzismo.
È un film amarissimo, Armageddon Time. Pessimista. Un film che racconta una realtà crepuscolare, autunnale nei colori e nei toni, asciutto nei modi e privo di ogni patetismo, ma non di dolente malinconia. Un film in cui il racconto di formazione non è confortante, ma solleva interrogativi complessi e dolorosi.
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Con questo film James Gray decide di portare sul grande schermo un pezzo della sua vita e della sua famiglia. L’idea era quella di staccarsi da un cinema artefatto per girare una storia che lo riguardasse da vicino, ma anche quella di raccontare un Queens che oggi non esiste più, quello degli anni Ottanta.
Armageddon Time - Il tempo dell'Apocalisse è un film sull’amicizia, la crescita, il privilegio, la disuguaglianza, il razzismo.
È un film amarissimo, Armageddon Time. Pessimista. Un film che racconta una realtà crepuscolare, autunnale nei colori e nei toni, asciutto nei modi e privo di ogni patetismo, ma non di dolente malinconia. Un film in cui il racconto di formazione non è confortante, ma solleva interrogativi complessi e dolorosi.
È una pillola amara che James Gray fa mandare giù allo spettatore dopo averla mandata giù lui stesso. Forse per espiare colpe antiche, dove la speranza è uno spiraglio da cogliere al volo, da raggiungere dando qualche spintone di troppo.
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eugenio
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lunedì 1 maggio 2023
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storia di un’amicizia nell’americana reaganiana
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Sin dalle prime inquadrature, Armageddon Time di James Gray pare ben lontano da quel tempo dell’apocalisse del sottotitolo. Si presenta superficialmente con una messa in scena cinematograficamente molto classica, una trama abbastanza lineare, additabile nella categoria di romanzo di formazione con protagonista “il classico timido” ragazzino, Paul Graff (Michael Banks Repeta), appartenente a un’agiata famiglia ebrea del Queens, nell’America reaganiana degli anni ’80 col sogno di diventare artista.
Paul è un ragazzino vivace che non ostenta il suo amore per l’arte palesato anche durante le lezioni del severo professore di prima media ma che si lascia condizionare e in fondo perché no, guidare dall’estro dell’amico Johnny, ripetente “dell’ultimo banco” dal retroterra infelice, rompendo gli schemi di un conservatorismo di facciata rappresentato dalla madre Esther (Anne Hathaway) nel comitato genitori insegnanti della locale scuola e dall’iracondo e violento padre (James Strong) che non esita a punir con cinghiate il figlio quando il suo comportamento evade dai binari usuali del conformismo e della rigida disciplina impostagli.
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Sin dalle prime inquadrature, Armageddon Time di James Gray pare ben lontano da quel tempo dell’apocalisse del sottotitolo. Si presenta superficialmente con una messa in scena cinematograficamente molto classica, una trama abbastanza lineare, additabile nella categoria di romanzo di formazione con protagonista “il classico timido” ragazzino, Paul Graff (Michael Banks Repeta), appartenente a un’agiata famiglia ebrea del Queens, nell’America reaganiana degli anni ’80 col sogno di diventare artista.
Paul è un ragazzino vivace che non ostenta il suo amore per l’arte palesato anche durante le lezioni del severo professore di prima media ma che si lascia condizionare e in fondo perché no, guidare dall’estro dell’amico Johnny, ripetente “dell’ultimo banco” dal retroterra infelice, rompendo gli schemi di un conservatorismo di facciata rappresentato dalla madre Esther (Anne Hathaway) nel comitato genitori insegnanti della locale scuola e dall’iracondo e violento padre (James Strong) che non esita a punir con cinghiate il figlio quando il suo comportamento evade dai binari usuali del conformismo e della rigida disciplina impostagli. Un ragazzino che con beghe familiari, compreso solo dal nonno Aaron (Anthony Hopkins) in fondo, è uno specchio biografico del regista, James Gray, alle prese con una realtà di un luogo tutt’altro che libera, quella favolosa terra che accoglie con la sua Statua della Libertà gli emigranti europei. Con un padre che impone scelte, amicizie, ruoli, che decide ciò che giusto da ciò che è sbagliato, nei ruggenti e mica tanto eccelsi anni ’80, capiamo, passo dopo passo, movimento dopo movimento, che in realtà mai titolo è più consono.
Perché in fondo Armageddon time, è un film amaro e molto. Un film esiziale, duro in cui i genitori nell’atto di riporre speranze nei figli, affinchè divengano migliori di loro, di quanto “loro hanno saputo fare”, decidono per gli stessi compiendo scelte comode ai loro piani ma egoistiche per la stessa progenie. Scelte che non rispettano in alcun modo la vita dei figli, dei loro sentimenti e aspirazioni come quelle di Paul volubile disegnatore che sfoga nell’estro di un taccuino consumato da schizzi, il cinico rifiuto al pragmatico Dio denaro che vede nell’uomo arrivato, colui che è riuscito ad affermarsi disponendone a suo piacimento. A volte vorrei solo scappare e ho paura di dire agli altri qualcosa che agli altri possa sembrare stupido e mi arrabbio molto con me stesso. Confessa questo Paul in un momento di seduta nella nuova scuola privata che i genitori gli hanno imposto di frequentare, per allontanarlo da Johnny (e dalla sua malefica influenza a loro dire e anche in fondo dai suoi sogni di artista che vive fuori dalla realtà), scuola tra l’altro ampiamente foraggiata da una famiglia di ex alunni, tali Trump.
Il peso di una responsabilità schiacciante, (tu e tuo fratello siete tutta la mia vita, in voi ho riposto il mio futuro dirà la madre in un accorato appello al figlio) e quello di una scelta nella quale l’amicizia e il sogno cedono il passo all’autorevolezza e all’autorità, dominano Armageddon time nei suoi colori soffusi, asciutti, in una natura in fondo crepuscolare. Non sembra mai sorgere il sole in questo film. Tutto pare permeato da una pregnante malinconia entro cui Paul è immerso dominato da una silente stasi. Solo il nonno pare scuoterlo, consigliandogli cosa significa essere uomo ovvero difendere chi è vittima di abusi e bullismo, chi alimenta la malcelata piaga del razzismo (evidente ancora nei confronti di quei “negri”), qualcuno che ha ben ragione di una filippica perché in fondo da ebreo emigrante l’ha vissuto sulla sua pelle. Ma è una parentesi breve, purtroppo.
Perché in fondo questo tempo dell’apocalisse ci dice Gray, pare non essere lontano. Il tempo delle mele in cui tutto è finito, dove scappare e aspirare a diventare astronauta come vorrebbe Johnny, cozza contro l’opinione pubblica comune che vede “un culo nero” non capace nemmeno di pulire i bagni della NASA, non detiene a un destino già segnato. Un film che solleva concetti inquietanti di libero arbitrio, in fondo dolorosi nella speranza di un redde rationem per inghiottire meglio un boccone amaro, grazie a uno zuccheroso placebo. Da vedere.
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[+] la crescita dell''uomo nell''impatto con la realtà
(di antonio montefalcone)
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athos
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martedì 28 marzo 2023
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i dolori del giovane paul
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Mentre l'America aspetta l'incoronazione di Ronald Reagan, il giovane Paul si dibatte nella crescita personale con cambi di scuola, amicizie problematiche, voglia di libertà che esprime nel disegno. E' aiutato dal nonno che poco alla volta gli instilla il giusto senso delle cose. E' uno di quei film che a casa seguiresti distrattamente senza però smettere di guardare lo schermo fino alla fine. Cast composto da Hopkins istrionico, Hathaway irriconoscibile e un bravo attore protagonista.
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maransimo
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domenica 26 marzo 2023
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eccellenti interpretazioni e.. nulla più
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Un cast eccellente che si muove a suo agio negli anni 80 di Reagan.
Tutto qui.
Non conivolge Paul ribelle ragazzino dodicenne dalla personalità creativa e complicata e nemche la sua famiglia incapace di aiutarlo.
Durante la visione, si rimane sempre freddi spettatori.
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