savio 86
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domenica 6 dicembre 2020
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disagio femminile
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Mettiamo da parte la protagonista, la giovane Elizabeth: le donne sono sole.
Donne suicide, donne che nascondono le bottiglie d'alcool nel passeggino dei figli o che sono dipendenti dai tranquillanti.
La via di Elizabeth, nonostante il suo grande talento, non sembra affatto diversa da quella di sua madre, della sua madre adottiva o delle compagne di scuola.
Insomma, quell'america anni '60 è una condanna a morte per lo spirito e il corpo di chi ha la sfortuna di nascere femmina.
" Un giorno rimarrai tutta sola" disse la madre di Beth: e lei resta sola... qualsiasi tentativo di chi le è vicino di aiutarla, affoga agonizzante nell'alcool o tra i tranquillanti.
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Mettiamo da parte la protagonista, la giovane Elizabeth: le donne sono sole.
Donne suicide, donne che nascondono le bottiglie d'alcool nel passeggino dei figli o che sono dipendenti dai tranquillanti.
La via di Elizabeth, nonostante il suo grande talento, non sembra affatto diversa da quella di sua madre, della sua madre adottiva o delle compagne di scuola.
Insomma, quell'america anni '60 è una condanna a morte per lo spirito e il corpo di chi ha la sfortuna di nascere femmina.
" Un giorno rimarrai tutta sola" disse la madre di Beth: e lei resta sola... qualsiasi tentativo di chi le è vicino di aiutarla, affoga agonizzante nell'alcool o tra i tranquillanti.
Quella solitudine ricercata, quella condanna a morte termina di fronte alla grande bacheca del defunto guardiano Shaibel: colui che l'ha iniziata agli scacchi e ha seguito passo passo le sue vittorie.
Perché se sono gli uomini la condanna delle donne, sono anche gli uomini la loro salvezza: se da un lato abbiamo i padri di famiglia americani, aguzzini e traditori delle loro stesse mogli, chiuse in casa senza la possibilità di esprimere il loro talento (l'unica cosa che può davvero salvarle), dall'altro abbiamo una folla di "disadattati", maestri di scacchi che vivono in scantinati o ridotti a commessi di supermercato, custodi vecchi di orfanotrofi abbandonati nei loro sotterranei.
Sono questi che salvano Elizabeth: non i viaggi extralusso, non i vestiti e i trucchi (simbolo di quelle donne "vuote"), ma quelle menti geniali che, come lei, non sanno accettare quella forma predefinita dettata dalle regole sociali.
Il paradosso è che una degli aspetti più curati del film, riguarda proprio quella "bellezza", quel lusso, quei colori e forme, che nei fatti il film mira a distruggere (ho usato "film non a caso, le atmosfere sono più da cinema che da serie tv): la cura e la bellezza degli arredi, dei vestiti, delle acconciature, rappresentano quel superfluo barocco, il vortice che risucchia Beth e, di conseguenza, lo spettatore. E sembrano normali le frasi "adoro il tuo vestito, mi piace lo stile delle donne parigine" e non ci si rende conto che sarà quella vanitas vanitatum a portare Beth a un passo dall'autodistruzione.
Non c'è nessun intento catto-moralista, anzi Beth metterà alla porta le associazioni cristiane che promettono d'aiutarla in cambio di dichiarazioni di fede: un buon film non fa la morale, un buon film ci intratteniene, racconta una storia e, spesso, ci avvisa dei pericoli.
Tanto alla fine... è solo unn gioco.
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davide masoero
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martedì 24 novembre 2020
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queen''s gambit
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Una produzione interessante: miniserie con struttura cinematografica, cattura dalla seconda puntata e obbliga lo spettatore ad arrivare alla fine tutto d'un fiato. Non c'è da strapparsi i capelli, non è il capolavoro a cui molti gridano, tuttavia dalla sua parte ha il non seguire il nuovo filone di prodotti incentrati su minoranze, in questo caso una donna che eccelle in un campo in cui a predominare sono gli uomini, infatti questa tematica non è gridata ma viene messa quasi in secondo piano o comunque resa implicita, inoltre si fa ironia su alcuni cliché (il custode dell'orfanotrofio ha caratteristiche tipiche del cinema americano che ce lo fanno subito sembrare un pedofilo, poi si scopre essere uno dei personaggi più positivi per la protagonista bambina).
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Una produzione interessante: miniserie con struttura cinematografica, cattura dalla seconda puntata e obbliga lo spettatore ad arrivare alla fine tutto d'un fiato. Non c'è da strapparsi i capelli, non è il capolavoro a cui molti gridano, tuttavia dalla sua parte ha il non seguire il nuovo filone di prodotti incentrati su minoranze, in questo caso una donna che eccelle in un campo in cui a predominare sono gli uomini, infatti questa tematica non è gridata ma viene messa quasi in secondo piano o comunque resa implicita, inoltre si fa ironia su alcuni cliché (il custode dell'orfanotrofio ha caratteristiche tipiche del cinema americano che ce lo fanno subito sembrare un pedofilo, poi si scopre essere uno dei personaggi più positivi per la protagonista bambina). Anche il tema della droga viene affrontato in modo originale e non sfocia nel cliché. Tuttavia, e questo penso sia oggettivo, ciò che rende la serie realmente interessante sia la bellezza e la bravura dell'attrice che interpreta la protagonista
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domenica 1 novembre 2020
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una appagante vittoria
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Usualmente odio con tutte le mie forze i titoli che sono ambientati negli anni '60 del 900.Vedo queste ricostruzioni degli "anni d'oro" e mi parte subito un prurito in tutto il corpo. Allergia in particolare alle ricostruzioni degli Stati Uniti di quell'epoca, agli occhiali con la montatura estremamente spessa che intristiscono immediatamente la faccia di chiunque. Sono allergico alla brillantina a che lucida i capelli, ai capelli a caschetto, alle automobili che sembrano la poltrona sudicia e sgangherara del mio bisnonno e ai diners americani che hanno tutti le sedute a poltronicina doppia. E' tutto orribile nei fantastici anni 60.
Non dimentichiamo l'onnipresente fumo di sigaretta e le camicine da uomo bianche che fanno subito sfigato.
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Usualmente odio con tutte le mie forze i titoli che sono ambientati negli anni '60 del 900.Vedo queste ricostruzioni degli "anni d'oro" e mi parte subito un prurito in tutto il corpo. Allergia in particolare alle ricostruzioni degli Stati Uniti di quell'epoca, agli occhiali con la montatura estremamente spessa che intristiscono immediatamente la faccia di chiunque. Sono allergico alla brillantina a che lucida i capelli, ai capelli a caschetto, alle automobili che sembrano la poltrona sudicia e sgangherara del mio bisnonno e ai diners americani che hanno tutti le sedute a poltronicina doppia. E' tutto orribile nei fantastici anni 60.
Non dimentichiamo l'onnipresente fumo di sigaretta e le camicine da uomo bianche che fanno subito sfigato.
Odio così quei film anni 60 in cui al protagonista va tutto male si trova con i debiti a sperimentare la tristezza il tradimento e la povertà, poi il personaggio muore e posso finalmente tirare un sospiro di sollievo. Partivo da un forte pregiudizio vedendo The Queen's Gambit (La regina degli Scacchi) ambientato proprio in America 1960. Invece: sorpresa.
Nonostante la struttura narrativa non particolarmente sorprendente, ne La Regina degli Scacchi tutto è ben sviluppato, tutto ben sceneggiato, il personaggio di Beth Harmon è perfetto.
La Regina degli Scacchi si muove negli anni 60 con realismo e senza nessuna ostentazione. Vi è anche un certo conflitto con gli elementi di ambientazione: Beth, in una bellissima scena quando resta sola nella casa dive vive, distrugge i velluti a sipario dell'ingresso del salotto, come a irrompere distruggendo il passato per fare entrare la modernità.
Noi, dopo un piccolo incipit e un piccolo assaggio dell'approccio burrascoso della protagonista torniamo indietro a vedere l'infanzia della Harmon, e non possiamo non restare coinvolti innamorandoci del personaggio, sempre in bilico fra gioia sconfitta e combattimento per riuscire, per emergere e vincere.
Beth non è per niente simparica, ed anche Anna Taylor Joy, la Beth adulta, da il suo tocco di sapiente antipatia. Il fatto è che Beth combatre contro tutto si sbriciola e si rialza, pian piano vince le proprie debolezze, mentre tutto ciò che fa è ben raccontato e la sceneggiatura presenta i diversi punti di vista dei personaggi della storia, la loro attitudine ed il loro modo di vivere sottopelle gli scacchi.
E così, partendo da un forte pregiudizio sono stato conquistato da questa storia che troviamo come uno dei migliori titoli prodotti da Netflix e non solo di questo anno, dopo successi parziali e produtti un po’ imbarazzanti prodotti in proprio come Six Underground, tanto per citare un caso noto ai più.
Dunque un film da cinque stelle, che fa ben sperare sullo sviluppo dei prodotti della piatraforma streming più popolare e conoscouta al mondo.
In conclusione: scacco matto.
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Usualmente odio con tutte le mie forze i titoli che sono ambientati negli anni '60 del 900.Vedo queste ricostruzioni degli "anni d'oro" e mi parte subito un prurito in tutto il corpo. Allergia in particolare alle ricostruzioni degli Stati Uniti di quell'epoca, agli occhiali con la montatura estremamente spessa che intristiscono immediatamente la faccia di chiunque. Sono allergico alla brillantina a che lucida i capelli, ai capelli a caschetto, alle automobili che sembrano la poltrona sudicia e sgangherara del mio bisnonno e ai diners americani che hanno tutti le sedute a poltronicina doppia. E' tutto orribile nei fantastici anni 60. Non dimentichiamo l'onnipresente fumo di sigaretta e le camicine da uomo bianche che fanno subito sfigato. Odio così quei film anni 60 in cui al protagonista va tutto male si trova con i debiti a sperimentare la tristezza il tradimento e la povertà, poi il personaggio muore e posso finalmente tirare un sospiro di sollievo. Partivo da un forte pregiudizio vedendo The Queen's Gambit (La regina degli Scacchi) ambientato proprio in America 1960. Invece: sorpresa. Nonostante la struttura narrativa non particolarmente sorprendente, ne La Regina degli Scacchi tutto è ben sviluppato, tutto ben sceneggiato, il personaggio di Beth Harmon è perfetto. La Regina degli Scacchi si muove negli anni 60 con realismo e senza nessuna ostentazione. Vi è anche un certo conflitto con gli elementi di ambientazione: Beth, in una bellissima scena quando resta sola nella casa dive vive, distrugge i velluti a sipario dell'ingresso del salotto, come a irrompere distruggendo il passato per fare entrare la modernità. Noi, dopo un piccolo incipit e un piccolo assaggio dell'approccio burrascoso della protagonista torniamo indietro a vedere l'infanzia della Harmon, e non possiamo non restare coinvolti innamorandoci del personaggio, sempre in bilico fra gioia sconfitta e combattimento per riuscire, per emergere e vincere. Beth non è per niente simparica, ed anche Anna Taylor Joy, la Beth adulta, da il suo tocco di sapiente antipatia. Il fatto è che Beth combatre contro tutto si sbriciola e si rialza, pian piano vince le proprie debolezze, mentre tutto ciò che fa è ben raccontato e la sceneggiatura presenta i diversi punti di vista dei personaggi della storia, la loro attitudine ed il loro modo di vivere sottopelle gli scacchi. E così, partendo da un forte pregiudizio sono stato conquistato da questa storia che troviamo come uno dei migliori titoli prodotti da Netflix e non solo di questo anno, dopo successi parziali e produtti un po’ imbarazzanti prodotti in proprio come Six Underground, tanto per citare un caso noto ai più. Dunque un film da cinque stelle, che fa ben sperare sullo sviluppo dei prodotti della piatraforma streming più popolare e conoscouta al mondo. In conclusione: scacco matto.
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