movieman
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martedì 25 agosto 2020
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tra le grinfie della strega
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Mai sottovalutare le fiabe e ridurle a meri racconti per bambini: non sono soltanto questo. Sono, invece, racconti leggibili a più livelli e non privi di risvolti oscuri, quando non addirittura inquietanti. Queste storie (sto parlando delle fiabe classiche ) avevano dei risvolti foschi e violenti accentuati perché erano i prodotti di una morale molto rigida e severa e nella quale l’ educazione, soprattutto quella dei più giovani, passava anche attraverso la paura.
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Mai sottovalutare le fiabe e ridurle a meri racconti per bambini: non sono soltanto questo. Sono, invece, racconti leggibili a più livelli e non privi di risvolti oscuri, quando non addirittura inquietanti. Queste storie (sto parlando delle fiabe classiche ) avevano dei risvolti foschi e violenti accentuati perché erano i prodotti di una morale molto rigida e severa e nella quale l’ educazione, soprattutto quella dei più giovani, passava anche attraverso la paura. Una paura che, in questi casi, aveva scopi positivi e pedagogici, invitando i fruitori di questi racconti a guardarsi dai pericoli di questo mondo. Nel caso della fiaba dei Grimm su Hansel e Gretel, gli elementi macabri (il bosco insidioso, la casetta isolata che nasconde un pericolo mortale, la strega ) sono molto predominanti e sono coniugati ad argomenti attuali tanto allora quanto oggi: la povertà, la fame nel mondo, l’abbandono dei minori e le violenze che, in alcuni casi, sono costretti a subire. E arriviamo al film di Perkins che, se pur non è eccellente, risulta comunque abbastanza apprezzabile: presenta delle sfumature psicologiche piuttosto insolite e interessanti, ha un’ ottima atmosfera e si giova di una bella colonna sonora. Lo schema della trama è lo stesso della fiaba, ma la sceneggiatura fa dei significativi cambiamenti: Gretel, la vera protagonista del film ( il titolo parla chiaro ), diventa la sorella maggiore, la megera è un personaggio più esoterico, la casetta di marzapane ( metafora dell’opulenza ) è sostituita da una ben più realistica e cupa stamberga nordica di legno e di pietra ed il rapporto fra i due protagonisti ( questo è evidente fin dall’inizio ) non è privo di conflittualità. Inoltre, la vicenda viene contrassegnata da una forte impronta femminista, trasformando una semplice storia di formazione in un racconto più lungo il cui tema principale è il conflitto fra due personalità femminili: una strega che vuole corrompere la ragazza ( cercando quindi di imporre una forma sottile di potere ) e quest’ultima che lotta soprattutto per la propria indipendenza. Il film riesce a mettere bene in evidenza le ambiguità del rapporto fra Gretel e la strega, e l’amore-odio che la prima nutre ( ricambiata nella stessa maniera ) per il fratellino Hansel e trova nell’espressiva Sophia Lillis (già Beverly in "It" e in "It - capitolo due") un viso perfetto per il personaggio. “Gretel e Hansel” è molto curato nelle atmosfere e nelle scenografie e la regia non è affatto male: evita i facili effetti, molte inquadrature sono belle e la fotografia rende ben minacciosi tanto gli interni quanto gli esterni. Il difetto è nella sceneggiatura: sa creare delle ottime premesse ma chiude la storia in maniera sin troppo sbrigativa, lasciando l’amara sensazione di aver assistito ad una grande occasione mancata.
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gurthang
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domenica 30 maggio 2021
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capolavoro rovinato
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Film sulla scia del grandissimo "VVitch": un horror d'autore basato sulla riuscitissima costruzione di atmosfere e sulla trasposizione filmica del più autentico folklore nordico, anziché su puerili scenette ad effetto.
Ma mentre "VVitch" rimaneva con grande coerenza nell'alveo del filone folcloristico, sforzandosi di mettere in scena un film della paura come l'avrebbero concepito i puritani del XVIII secolo (anziché come tendiamo a concepirlo noi), trasportandoci nelle menti di quei nostri lontani predecessori, i creatori di "Gretel & Hansel" hanno pensato bene di rovinare tutto con velleità artisticheggianti, ma soprattutto iniettando nel film dosi massicce di riferimenti a tematiche d'attualità rilette a suon di political correctness.
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Film sulla scia del grandissimo "VVitch": un horror d'autore basato sulla riuscitissima costruzione di atmosfere e sulla trasposizione filmica del più autentico folklore nordico, anziché su puerili scenette ad effetto.
Ma mentre "VVitch" rimaneva con grande coerenza nell'alveo del filone folcloristico, sforzandosi di mettere in scena un film della paura come l'avrebbero concepito i puritani del XVIII secolo (anziché come tendiamo a concepirlo noi), trasportandoci nelle menti di quei nostri lontani predecessori, i creatori di "Gretel & Hansel" hanno pensato bene di rovinare tutto con velleità artisticheggianti, ma soprattutto iniettando nel film dosi massicce di riferimenti a tematiche d'attualità rilette a suon di political correctness.
Dopo uno splendido inizio l'integrità della trama e degli scenari comincia ad essere sistematicamente smantellata per inserire sviluppi e scenografie prive di qualsiasi coerenza rispetto al contesto originale, fra spunti femministi (cfr. già il titolo), apologia del melting pot (è stato inventato di sana pianta un personaggio buono per assegnare la parte a un africano, che evidentemente non ha alcun ruolo in un contesto medioevale), la denunzia della condizione dell'infanzia abbandonata, fino allo stupido happy end a metà fra battimani hollywoodiano e valorizzazione delle potenzialità creative delle femmine.
Una grande occasione perduta, metà per fare arte degenerata e metà per fare agiografia di regime.
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