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antonio22
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mercoledì 8 gennaio 2020
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l'immortale tra immaginario e simbolico
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Ciro di Marzio non muore. Spunta fuori da un terremoto, orfano attraversa il mondo in cui vive, vive indossando abiti non suoi (da sottolineare la grande trovata di riprendere Ciro da ragazzo sempre con magliette enormi: provate a contrapporre tutto questo ai giubbini alla moda del Ciro adulto), entra nel mondo della malavita.
Sul piano immaginario (poi vedremo quello simbolico) Ciro non muore mai perché non riesce a morire. Ciro è un predestinato. Viene da lontano, spunta dal nulla e poi ritorna nel nulla, in paesi lontani.
Ciro ritorna perché è condannato a vivere, è condannato a ripetere in eterno la sua recita. Che si snoda su tre registri.
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Ciro di Marzio non muore. Spunta fuori da un terremoto, orfano attraversa il mondo in cui vive, vive indossando abiti non suoi (da sottolineare la grande trovata di riprendere Ciro da ragazzo sempre con magliette enormi: provate a contrapporre tutto questo ai giubbini alla moda del Ciro adulto), entra nel mondo della malavita.
Sul piano immaginario (poi vedremo quello simbolico) Ciro non muore mai perché non riesce a morire. Ciro è un predestinato. Viene da lontano, spunta dal nulla e poi ritorna nel nulla, in paesi lontani.
Ciro ritorna perché è condannato a vivere, è condannato a ripetere in eterno la sua recita. Che si snoda su tre registri.
Il primo. Mai credere ad un complimento, mai cedere ad una lusinga. La vita non è altro che conquista del potere e suo mantenimento. Ciro dedica se stesso al potere che si alimenta anche a costo della sua vita individuale. E il potere ha bisogno di Ciro, ha bisogno di qualcuno che crede nella sua esistenza e a quella esistenza è votato al di là di se stesso.
Il secondo. Mai dubitare della propria analisi e del proprio intuito. Ciro sa subito cosa si nasconde dietro ogni parola, ogni gesto. E si muove immediatamente di conseguenza. Anticipazione. Ciro anticipa l’altro, segue conseguenze di conseguenze in modo lineare. La vita diviene logica della vita. E la logica prevede un solo atteggiamento una sola azione, necessaria in quel momento. L’immortalità è quella della logica che continua ad esistere anche in un mondo senza umani..
Il terzo. Ogni sentimento non è altro che vita nel futuro prossimo. Il rapporto con l’altro è o adesione al progetto nell’immediato futuro o è lotta per la sopravvivenza. L’amore compare come sentimento forte per quello che ci si appresta a fare. E l’amore è al pari del potere immortale. Esso vive proiettato in avanti senza posa senza tregua. Nella scena del film la moglie di Virgilio lo incontra per dirgli che lo ama. Ma lo dice senza dirlo, lo dice dicendo che è con lui nella sua guerra. I due non si baciano, non dicono quasi nulla. Tutto è risucchiato in quello che sta per succedere.
La figura di Ciro Di Marzio è sul piano simbolico, una figura soglia. Tra la vita e la non vita. La soglia che Ciro attraversa è quella della finzione scenica. Viene richiamato in vita per rendere possibile che il grande dramma umano si consumi e si svolga. Ritorna in vita da agguati e prove terribili per far vivere e morire Pietro Savastano e Salvatore Conte. Quando la storia deve prendere una piega diversa egli torna dal regno dell’impossibile (la sua immortalità) e diventa uomo. Si incarna tante volte e ritorna sempre lì con la sua fede e la sua lucidità. Ciro Di Marzio si incarna e rende possibile la storia umana. Gomorra è la storia di un male senza redenzione che aspetta la redenzione finale nel cuore dello spettatore. La fine di Gomorra sarà la fine della Storia, la fine del gioco di rispecchiamento tra attore e spettatore, la fine di ogni possibile fraitendimento: davanti al potere cosa opponi, davanti alla lotta per conquistarlo quanto vale la tua esistenza? E questa storia che scorre verso il suo annullamento è resa possibile da colui che è volte uomo a volte dio, sembra morire ma poi risorge, che ritorna sempre immutabile. L’immortalità di Ciro è l’orizzonte delle nostre paure e miserie umane. È colui che torna per portarci avanti lungo il percorso di dolore e affanno che è la nostra vita. Lui sta là, senza promettere alcun paradiso, e ci attende alla fine dei giorni.
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reddyfox
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domenica 22 dicembre 2019
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pesante, lento, noioso, pochi dialoghi
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Sinceramente mi aspettavo molto di più da questo film. Credevo fosse sulla stregua di Gomorra, invece l'ho trovato pesante come un macigno. Per più di un'ora la voce del protagonista non si è udita, forse una trentina di parole, non di più....muto, insomma. Una sfilza di flashback, a volte non chiari. Film lento, lentissimo. Molto noioso secondo me. Sono rimasta delusa
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lunedì 16 dicembre 2019
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bellissimo
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Personalmente l'ho trovato bellissimo con un miscuglio di emozioni! Davvero il top!
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mauridal
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domenica 15 dicembre 2019
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dai nemici mi guardo io, dagli amici ...
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Quando si cerca di ricostruire la vicenda di un delinquente napoletano , a partire dalla infanzia, e mentre durante tutto il racconto si evidenzia come la povertà storica dei quartieri di Napoli e della gente che vi abitava avrebbe portato inevitabilmente a delinquere e a cercare tutte le attività illecite, possibili, dal contrabbando allo, spaccio, allora capiamo come il piccolo povero ma furbo e coraggioso Ciruzzo , riesce a cavarsela sognando una famiglia che non ha mai avuto , una fidanzata che non avrà mai insomma una vita normale che per lui non è mai esistita. Intanto ,tutti i personaggi dell’infanzia dai ragazzini mariuoli ai più grandi capi lo accolgono, e poi lo avvolgono in una grande famiglia.
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Quando si cerca di ricostruire la vicenda di un delinquente napoletano , a partire dalla infanzia, e mentre durante tutto il racconto si evidenzia come la povertà storica dei quartieri di Napoli e della gente che vi abitava avrebbe portato inevitabilmente a delinquere e a cercare tutte le attività illecite, possibili, dal contrabbando allo, spaccio, allora capiamo come il piccolo povero ma furbo e coraggioso Ciruzzo , riesce a cavarsela sognando una famiglia che non ha mai avuto , una fidanzata che non avrà mai insomma una vita normale che per lui non è mai esistita. Intanto ,tutti i personaggi dell’infanzia dai ragazzini mariuoli ai più grandi capi lo accolgono, e poi lo avvolgono in una grande famiglia. In seguito, anni dopo Infatti dai vicoli e dalle periferie di Napoli lo ritroviamo , Ciro immortale , dopo un salto narrativo previsto dai molti flash back che ricostruiscono a ritroso la sua vita. Dunque viene in contatto e prende accordi con le mafie dei paesi dell’est , in particolare lo ritroviamo in Lettonia a Riga città dalla luce perennemente sinistra. Ovviamente il personaggio è il naturale seguito (orribile il termine spin-off) di Ciro Di Marzio della serie Gomorra sebbene riveduto e corretto. Dunque il Ciro che sopravvive alla fine della serie TV , sul grande schermo ridiventa un criminale stavolta fuori zona cioè implicato in traffici internazionali, dove lo spostamento della merce droga , implica grandi movimenti di container e camion in porti stranieri. Quasi con malinconica nostalgia , rivediamo così in un flash il contrabbando delle sigarette sulle barche del golfo di Napoli: tutto si evolve e anche il crimine trova altre sponde. Purtroppo Ciro non può staccarsi dalla vecchia vita è l’uomo giusto per continuare una storia criminale e viene in contatto prima con la mafia russa e poi con gli antagonisti Lettoni in guerra fra loro per la supremazia dei traffici di droga, in quei paesi. Si apre nella narrazione del film un quesito interessante .Per chi parteggia un Ciro napoletano tra le due forze in campo. Intanto si pone anche una ulteriore questione , troppo spesso ignoriamo noi comuni mortali ciò che i vari immortali già sanno ovvero che le mafie esistono nel mondo e sono in guerra fra loro e quindi bisogna farci i conti. Un tema del film che forse travalica la storia di Ciro che comunque deve faticare per far sopravvivere i suoi uomini della cosiddetta Paranza criminale che provenendo tutti da Napoli hanno addirittura costituito una piccola comunità con mogli e figli oltre confine in quel di Riga dove lavorano solo contraffacendo abiti e vestiti griffati. Dunque dalla droga a quasi operai , in una fabbrica di sedicenti magliari . Ma gli scarsi guadagni e le povere condizioni di vita tentano sempre di trovare una scorciatoia con il traffico di droga e Ciro coglie l’occasione della guerra tra mafie dell’est per inserirsi e giocare a favore prima dei Lettoni contro i russi , ma poi alla fine , di fronte alla spietata reazione di questi che ammazzano in un raid gli uomini di Ciro , proprio quegli operai disperati prende accordi con il capo dei mafiosi russi per annientare con le armi gli avversari lettoni pure una banda di criminali ma dalle strane fattezze cioè nazionalisti che vogliono combattere , per liberare la comunità dei lettoni dal giogo economico e dunque criminale dei russi. Una guerra che Ciro non sceglie di combattere perché come pure dice “ si può scegliere ma il difficile è tornare indietro “ Quindi il film prende una svolta finale tutta thriller e Pulp dove spari teste mozze e stragi varie fanno giustizia di russi cinici e dei Lettoni paranazisti , sicuramente nemici della vita che Ciro voleva ancora fare da buon immortale. Tuttavia il finale sorprende anche per la fine degli amici di cui Ciro si fidava come Bruno , un vecchio amico della infanzia napoletana e suo complice che addirittura da piccolo , Ciro aveva salvato dai finanzieri al tempo del contrabbando e che dopo tanto tempo invece lo aveva tradito nella guerra contro i russi. Dunque l’ immortale si vendica dei nemici stranieri sterminandoli tutti ma all’amico Bruno traditore preferisce assegnare la condanna della vita , con tutti rimorsi e tormenti per cui non lo uccide , conoscendo la vendetta Shakespeariana. Il gran finale riserva al pubblico appassionato una conferma , l’amicizia fraterna , è immortale come quella tra Genny e Ciro che chiudono il film ancora insieme nella contro luce di Riga. Due ottimi risultati nel film per l’interpretazione di Giuseppe Aiello il Ciro da bambino e per la preziosa regia di Marco D’Amore già collaudato interprete dell’immortale. (mauridal)
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uragano
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domenica 15 dicembre 2019
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nessuno può sfuggire al proprio destino
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Nell’immaginario collettivo degli amanti del cinema resta sempre impressa una scena,una frase,a volte solo uno sguardo vissuto in un film per rendere quel film indimenticabile; nel lungometraggio di Marco D'Amore la scena rilevante è a pochi minuti dall'inizio: un boato fortissimo,la terra trema, il focus in un palazzo,lungo le scale una donna sale precipitosamente fendendo una folla terrorizzata che scende gli scalini in cerca di una via di fuga, in un appartamento c’è il figlio di pochi mesi sul letto: la donna lo solleva lo avvolge in una coperta lo stringe forte al seno, in quell’istante il pavimento si apre e la donna ed il suo bambino vengono risucchiati nel vuoto È una scena potente alla quale non sarebbe necessario aggiungere altro per disvelare il senso di quel destino a cui Ciro è destinato ed a cui tutti noi siamo consegnati al nostro primo vagito.
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Nell’immaginario collettivo degli amanti del cinema resta sempre impressa una scena,una frase,a volte solo uno sguardo vissuto in un film per rendere quel film indimenticabile; nel lungometraggio di Marco D'Amore la scena rilevante è a pochi minuti dall'inizio: un boato fortissimo,la terra trema, il focus in un palazzo,lungo le scale una donna sale precipitosamente fendendo una folla terrorizzata che scende gli scalini in cerca di una via di fuga, in un appartamento c’è il figlio di pochi mesi sul letto: la donna lo solleva lo avvolge in una coperta lo stringe forte al seno, in quell’istante il pavimento si apre e la donna ed il suo bambino vengono risucchiati nel vuoto È una scena potente alla quale non sarebbe necessario aggiungere altro per disvelare il senso di quel destino a cui Ciro è destinato ed a cui tutti noi siamo consegnati al nostro primo vagito. Questa scena d'impatto visivo così forte si allaccia all'ultima scena di Gomorra che vede Ciro colpito al cuore da Genny che si inabbissa nella acque cupe di un mare notturno. Le due immagini sono volutamente accostate dal regista come unite in uno schema Yin e Yang dove tutto ha inizio e tutto ha fine
L’utilizzo della metafora sarà poi il mezzo di cui si servirà il regista per intessere la trama del suo film. Marco D'Amore ci appare in questo suo primo lungometraggio un professionista già maturo I flashback di cui si è servito consentono allo spettatore di entrare nell'anima e nella psiche dei personaggi, per suggerirci, attraverso uno sguardo compassionevole, una chiave di lettura. Ciro nell'episodio finale di Gomorra viene ucciso da un colpo di pistola per mano di chi con lui aveva condiviso le stesse scelte di vita .
Nel film, che costituisce una sorte di ponte con la nuova serie di Gomorra, il corpo esanime del protagonista viene ripescato da una barca di pescatori Di nuovo in vita Ciro si trasferirà in Lettonia come intermediario tra i camorristi napoletani e la mafia russa Giunto a Riga viene accolto da Bruno,lo sguardo tagliente ed al tempo stesso impenetrabile che l'attore Marco d'Amore rivolge a Bruno ci fa immediatamente comprendere che tra i due uomini esista un antico e sospeso contenzioso. E' solo durante il dipanarsi della storia attraverso l'uso sapiente dei flashback che lo spettatore potrà scoprirne le ragioni La storia ha origine nell'infanzia di Ciro che vede come protagonisti Bruno e la sua compagna Stella una giovane donna (la bravissima Martina Attanasio) nel cui seno Ciro bambino vorrebbe rifugiarsi inabissato in un sentimento di amore filiale ed al tempo stesso sensuale. Stella a causa di un atto di vigliaccheria compiuto da Bruno sarà trucidata davanti al suo sguardo impotente di bambino e costituirà l'impronta indelebile su cui la sua vita adulta si dipanerà Ma il coraggio non si può comprare è una qualità dell'anima che si manifesta già dalla giovane età e caratterizza ogni comportamento della nostra esistenza : i 2 protagonisti della storia Ciro e Bruno bene ne rappresentano le caratteristiche antitetiche.
Poche le battute molti gli sguardi intensi e significativi di Vera (Marianna Robustelli) che nella sua rassegnata azione conferma il senso profondo del lavoro del regista dove Ciro e tutti gli altri sono vittime di avvenimenti più grandi di loro riaccendendo nella nostra memoria storica il destino di Edipo, Antigone,Elettra,Fedra e Teseo così dolorosamente narrati e resi immortali dagli autori greci.
URAGANO
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joker91
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martedì 10 dicembre 2019
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cinema di genere all'italiana
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Ogni tanto l'Italia riesce ancora a produrre cinema di genere che fa successo al botteghino,peccato che la pellicola non mi ha coinvolto per niente. Si tratta del solito film all'Italiana sulla malavita,copiato da Gomorra con i soliti stereotipi. Violenza,volgarità,cattiveria,morti e diseducazione per tutto il film,una pellicola che non insegna niente. Mi spiace ma il sud Italia e la gente del sud italia non è affatto cosi(la gente ridotta come questi sgherri se va bene è il 5 percento). Film come questi ormai sono ovunque e sinceramente hanno un po stufato. Gli attori non mi sono piaciuti per niente,siamo lontani dal cinema sulla mafia e sui gangster made in Usa che hanno fatto la storia del cinema mondiale.
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Ogni tanto l'Italia riesce ancora a produrre cinema di genere che fa successo al botteghino,peccato che la pellicola non mi ha coinvolto per niente. Si tratta del solito film all'Italiana sulla malavita,copiato da Gomorra con i soliti stereotipi. Violenza,volgarità,cattiveria,morti e diseducazione per tutto il film,una pellicola che non insegna niente. Mi spiace ma il sud Italia e la gente del sud italia non è affatto cosi(la gente ridotta come questi sgherri se va bene è il 5 percento). Film come questi ormai sono ovunque e sinceramente hanno un po stufato. Gli attori non mi sono piaciuti per niente,siamo lontani dal cinema sulla mafia e sui gangster made in Usa che hanno fatto la storia del cinema mondiale. Solito filmetto adatto ai ragazzini di quartiere con mentalità da bulli. Per il cinema italiano è comunque un passo in avanti vista la mediocrità della maggior parte delle commedie a cui sono abituati gli italiani
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umberto buscemi
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domenica 8 dicembre 2019
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marco d amore non delude
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Una delle pellicole più attese dell anno sopratutto dai fan della famosa serie, bhe che dire l attesa è stata ripagata a pieno. Il film è in perfetta armonia con quanto visto nella serie. D amore riesce a tirar fuori la storia di "Ciru" in modo incalzante, curioso, drammatico che lascia fa scorrere la pellicola tutta d un fiato. I flashback di Ciro sono chiari, puntuali e mai noiosi e il finale poi...bhe puro spettacolo per gli amanti. Marco d amore viene promosso quasi a pieni voti per il lavoro svolto, ti lancia direttamente alla prossima serie di gomorra. Ovviamente scongliatissimo a chi non ha mai visto Gomorra.
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rossana cima
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sabato 7 dicembre 2019
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l’immortalità che condanna ciro di marzio
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Il bello di partecipare alle première è che hai la fortuna di tastare con mano le tensioni degli attori protagonisti e dei produttori, e Marco D'Amore in questo film ha dato sfoggio di entrambi.
Seguo Marco da “Una vita tranquilla” e, ovviamente, da “Gomorra”, di cui questa pellicola rappresenta un riuscitissimo e originale spin off.
Tutto il film è congegnato su di un parallelismo sorretto da cadenzati flashback: il Ciro bambino, che perde madre e padre per mano del terremoto del 1980, cresciuto a pane e furtarelli tra l’orfanotrofio e i perigliosi vicoli di Napoli; il Ciro quarantenne, navigato boss della malavita, oggi emigrato a Riga dopo la morte di moglie e figlia.
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Il bello di partecipare alle première è che hai la fortuna di tastare con mano le tensioni degli attori protagonisti e dei produttori, e Marco D'Amore in questo film ha dato sfoggio di entrambi.
Seguo Marco da “Una vita tranquilla” e, ovviamente, da “Gomorra”, di cui questa pellicola rappresenta un riuscitissimo e originale spin off.
Tutto il film è congegnato su di un parallelismo sorretto da cadenzati flashback: il Ciro bambino, che perde madre e padre per mano del terremoto del 1980, cresciuto a pane e furtarelli tra l’orfanotrofio e i perigliosi vicoli di Napoli; il Ciro quarantenne, navigato boss della malavita, oggi emigrato a Riga dopo la morte di moglie e figlia. Ma anche le sanguinose faide partenopee degli anni Ottanta per il contrabbando delle sigarette e l’odierna guerra in terra lettone tra aspiranti narcotrafficanti di una elegante mafia russa e di una congrega locale di naziskin. E ancora, le neomelodiche ed evanescenti donne dei malavitosi della camorra che fu e le moderne mogli-madri-lavoratrici, che con pragmaticità e lucida ferocia portano oggi sottobraccio il consorte nei meandri del crimine, pronte a sostituirlo non appena vedove.
Trascendono il tempo e lo spazio le sanguinose rese dei conti, gli andrenalinici incontri al vertice, gli intrighi, i tradimenti, le location a tinte fosche, i blasfemi santini e rosari; stessi dialoghi, stessi brutti ceffi, napoletani o slavi che siano nell’accento e nelle fattezze.
Sarebbe stato facile scadere nella buccia di banana del “già visto”, ma il soprannome di Ciro che funge da titolo presto disvela il leit motiv di tutto il film: la morte, questo tema quasi sacrale che ricorre anche nei riusciti dialoghi, quella morte che aleggia tra questi personaggi da moderna MacBeth shakespeariana, la cui sete di potere, gloria e soldi facili li condanna, nel migliore dei casi, ad una violenta e prematura fine (ma “da eroe”, come amano consolarsi). Nel peggiore, ad un corpo con l’anima in decomposizione perenne, spettri di sé stessi, senza più passioni, sentimenti, sogni e affetti. Il bene non si incarna in nessuno di questi personaggi, ma aleggia sotto forma di pentimento e di lucida presa di coscienza del loro triste destino.
È vivido quest’ultimo contrappasso nel romanzo criminale cucito addosso al personaggio di Ciro Di Marzio, che più volte ha sfiorato la morte e l’ha finanche ardentemente desiderata pur di non continuare a vivere la Gomorra che ci hanno fatto conoscere. “Un uomo solo, che non desidera più nulla”, come l’ha definito la sagace Vera, uno dei personaggi più riusciti del film. La morte emerge in tutte le dolorose e apparentemente inspiegabili reviviscenze di
quella infanzia da cui ebbe inizio il suo scontato percorso criminale, ricordi che scopriremo poi essere il collante con il padre putativo ritrovato quaranta anni dopo a Riga. L’invidioso e pusillanime Bruno, colui che lo tradisce di nuovo, e a cui a questo giro Ciro non risparmia tutta la sua mai sopita sete di vendetta.
“‘A mort’ è ‘nu regal’ ‘ca nun’ t’ mirit’, vattenn’ “: è la mancata esecuzione “da eroe” il più crudele dei supplizi che Ciro infligge al fedifrago, l’inesorabile condanna ad una vita da miserabile che pesa più della morte stessa.
Ciro è imprevedibile, immenso, appunto “immortale” come Napoli, l’unica città del mondo antico ancora in vita, sopravvissuta al Vesuvio, all’epidemia di colera, al terremoto e, in questo film capiamo bene perché, anche alla malavita. Perché Napoli è anche di tutti coloro che amano una esistenza degna di essere vissuta, lontani dagli ammalianti canti delle sirene del crimine. È forse proprio questo il potente messaggio che Marco D'Amore voleva trasmetterci quando ci invitò a parlare del “suo” film e a scrivere di “tutto quello che i giornalisti non dicono”.
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danix
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venerdì 6 dicembre 2019
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inutile
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solita solfa, delinquenza, sparatorie, bambino nato nei quartieri malfamati che passa alla criminalita', droga, baby gang, boss, violenza, linguaggio scurrile, chi piu' ne ha piu' ne metta. Ormai film di questa specie ne sfornano uno al giorno, la serie gomorra è diventata ormail una barzelletta...calano gli ascolti e, stile beautiful, iniziano le resurrezioni. 116 minuti di inutilita', per il giudizio finale riprenderet le parole del secondo tragico fantozzi sulla corazzata Potemkin..."una c......a pazzesca"
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