gaiart
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sabato 2 settembre 2017
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una storia del tubo.
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THE INSULT E UNA STORIA DEL TUBO.
Parole chiave del film: Verità, giustizia, parola e sofferenza.
Un film geniale. Scritto da Dio. In persona.
Parla della storia di un tubo e di come gli animi si possano accendere per un nonnulla. Geograficamente universale, ma casualmente collocato in Libano.
Un uomo deve riparare un tubo di un terrazzo in una casa privata che perde su strada, bagnando i passanti. Da li parte un processo per un insulto che scatena un semi aborto, delle costole rotte, dispendio economico, catastrofe famigliare, un processo mediatico, malattia, odio, bombe e morte.
In realtà la relazione tra i palestinesi rifugiati in Libano, i cristiani del quartiere e le frasi di odio che alimentano il mondo odierno ovunque, sono la miccia esplosiva per conflitti di vicinato, di famiglia, di società e che poi diventano guerre vere proprie.
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THE INSULT E UNA STORIA DEL TUBO.
Parole chiave del film: Verità, giustizia, parola e sofferenza.
Un film geniale. Scritto da Dio. In persona.
Parla della storia di un tubo e di come gli animi si possano accendere per un nonnulla. Geograficamente universale, ma casualmente collocato in Libano.
Un uomo deve riparare un tubo di un terrazzo in una casa privata che perde su strada, bagnando i passanti. Da li parte un processo per un insulto che scatena un semi aborto, delle costole rotte, dispendio economico, catastrofe famigliare, un processo mediatico, malattia, odio, bombe e morte.
In realtà la relazione tra i palestinesi rifugiati in Libano, i cristiani del quartiere e le frasi di odio che alimentano il mondo odierno ovunque, sono la miccia esplosiva per conflitti di vicinato, di famiglia, di società e che poi diventano guerre vere proprie. Non solo in medio oriente.
Il film racconta uno spaccato odierno con molta intelligenza, ironia ottimi attori estremamente reali e credibili, proprio perché forse hanno provato sulla propria pelle la sofferenza che si racconta come fiction.
Ed è proprio questa la potenza del film : far percepire che la sensibilità di chi ha sofferto, di chi ha avuto una vita difficile fatta di morte, distruzione, esilio non ha nulla di finto.
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maumauroma
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sabato 13 gennaio 2018
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l' insulto
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Per una banale lite e qualche parola di troppo, Toni e Yasser finiscono addirittura in tribunale. Siamo nella Beirut dei giorni nostri. Toni fa il meccanico, ed e' un cristiano libanese. Yasser e' capocantiere per una ditta di costruzioni ,ed e'un profugo musulmano palestinese. Due vite difficili, un passato fatto di persecuzioni e incomprensioni in quelle tormentate terre. Durante le lunghe fasi del processo, i due contendenti, a poco a poco avranno modo di conoscere i trascorsi delle loro esistenze, capiranno che al di la delle religioni e dei credo politici esiste il rapporto tra gli esseri umani, tutti con le loro debolezze e le loro qualita', tutti con una vita da raccontare, una vita che, come un fiume che scorre verso il mare, porta con se' gioie, dolori, amori, passioni.
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Per una banale lite e qualche parola di troppo, Toni e Yasser finiscono addirittura in tribunale. Siamo nella Beirut dei giorni nostri. Toni fa il meccanico, ed e' un cristiano libanese. Yasser e' capocantiere per una ditta di costruzioni ,ed e'un profugo musulmano palestinese. Due vite difficili, un passato fatto di persecuzioni e incomprensioni in quelle tormentate terre. Durante le lunghe fasi del processo, i due contendenti, a poco a poco avranno modo di conoscere i trascorsi delle loro esistenze, capiranno che al di la delle religioni e dei credo politici esiste il rapporto tra gli esseri umani, tutti con le loro debolezze e le loro qualita', tutti con una vita da raccontare, una vita che, come un fiume che scorre verso il mare, porta con se' gioie, dolori, amori, passioni. Il loro odio e il loro rancore gradualmente si stemperera' e forse finira' col nascere una sorprendente e nuova amicizia.
L'opera di Ziad Doueiri si caratterizza per un inizio di rara intensita' e asprezza. Poi si appiattisce un po' diventando un tipico film processuale senza peraltro perdere smalto e interesse. Anzi gli atti del dibattimento finiscono per essere propedeutici a fare un po' di chiarezza sulle annose problematiche politiche e religiose che da decenni affliggono e insanguinano quella sfortunata regione. Piuttosto interessante e originale, durante lo svolgersi del processo, e' il rapporto che si instaura tra gli avvocati difensori dei due protagonisti, un padre, principe del foro, vecchio e consumato professionista della toga e una giovane figlia, piena di entusiamo per il suo lavoro, fiera dei suoi ideali. Bel film, ottimamente interpretato e diretto, dal ritmo sempre teso e incalzante, sicuramente tra i migliori della stagione.
Forse ha ragione chi sostiene che probabilmente non ci sarebbero piu' guerre su questo mondo, se la sera prima di una battaglia tutti i componenti dei due eserciti nemici potessero incontrarsi, scambiarsi qualche parola,confidarsi le loro paure, stringersi le mani, scambiarsi un semplice sorriso
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miguelangeltarditti
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domenica 10 dicembre 2017
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el pasado es siempre presente en el presente y lo será en el futuro.
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“EL INSULTO” (“L’insulto”), film libanés 2017 de Ziad Doueiri En una Beirut árabe, que convive con campamentos palestinos, y donde la guerra ha terminado en un 1990 que, si bien es lejano en el tiempo, se siente aùn presente el pasado de muerte, en las fisuras dejadas por los enfrentamientos que han sangrado esas tierras. Aún hoy el equilibrio de Medio Oriente, queda siempre en ese borde frágil que conoce las fáciles roturas de una Paz casi ya inalcanzable. Las distintas etnias, sunitas, sciitas, maronitas, dan lugar a tantas colectividades religiosas, donde en algún momento la Católica, era superior a la Musulmana, pero que hoy parece que se ha reducido a un 40 % aproximadamente.
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“EL INSULTO” (“L’insulto”), film libanés 2017 de Ziad Doueiri En una Beirut árabe, que convive con campamentos palestinos, y donde la guerra ha terminado en un 1990 que, si bien es lejano en el tiempo, se siente aùn presente el pasado de muerte, en las fisuras dejadas por los enfrentamientos que han sangrado esas tierras. Aún hoy el equilibrio de Medio Oriente, queda siempre en ese borde frágil que conoce las fáciles roturas de una Paz casi ya inalcanzable. Las distintas etnias, sunitas, sciitas, maronitas, dan lugar a tantas colectividades religiosas, donde en algún momento la Católica, era superior a la Musulmana, pero que hoy parece que se ha reducido a un 40 % aproximadamente. La religión aquì, está estrechamente vinculada a lo político, y de ahí se puede entender las dificultades de ese vulnerable equilibrio. La situación planteada hoy por las imprudentes medidas de la administración Trump, agravan sin dudas esta precariedad, en las relaciones de toda esta zona medio oriental, como se ve en la historia de este film. Esta grave dificultad de convivencia árabe-palestino-judía,debería ser cuidadosamente tratada diplomáticamente,con guantes de seda,y no con medidas provocantes e irritantes, que re-encienden y disparan la antigua intolerancia, para, al menos, no empeoraran lo que la historia de estas sociedades, enmarañadas desde tiempos ancestrales, ha cobrado en incontables vidas humanas. Esta atmosfera de polvorín de guerra, es el tema indirecto de la trama de “El Insulto”, film atrapante, interesante, y didascálico respecto a esta intolerancia racial, religiosa, política, difícilmente resolvible. Estalla el conflicto en el film, por una causa casi insignificante, ésta lleva a un insulto, y éste enciende la mecha de este polvorín, arrastrando a una reacción encadenada, que llevará a los protagonistas hasta los estrados judiciales. Desde la rotura de un simple caño se llega al verdadero motor de este odio de resentimientos entre palestinos, libaneses y judíos. De allí a la agresión, a la violencia y a los foros de la justicia nacional libanes, solo tres pequeños pasos. “El Insulto” nos recuerda como la historia personal y social de los hombres, maneja y condiciona, consciente o inconscientemente, sus actos. El pasado, que consideramos ya no existente, tiene en vez una incidencia en un presente acuciante, y se manifiesta vivo, en un futuro difícil, casi imposible de reacomodar. El guion de Ziad Doueiri y Joelle Touma y la fotografía de Tomaso Fiorill, son óptimas, excelentes. Los actores protagonistas, Adel Karam, Rita Hayek, Kamel El Bashason estupendos. La regia de Ziad Doueiries magnífica, porque atrapa, sorprende, asombra y exalta, encendiendo nuestro personal, secreto polvorín guerrero, que grita su propia impotencia.
michelangelotarditti@gmail.com
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flyanto
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lunedì 11 dicembre 2017
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una questione non più tanto privata
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Da un banale litigio tra due individui che comporta un brutto termine rivolto da uno all'altro, si scatena una sorta di diatriba di una portata esagerata che coinvolgerà ben presto l'intera nazione libanese in un conflitto tra cristiani e palestinesi. Finito il caso in tribunale, i due schieramenti combatteranno legalmente affinché prevalga la ragione di ognuno. Questa, in breve, la vicenda dell' "L'Insulto".
Premiato quest'anno all'ultima Mostra del Cinema a Venezia come miglior film, l'opera del regista Ziad Doueiri effettivamente merita ampiamente questo riconoscimento in quanto molto ben diretta, ben interpretata e ben presentata l'intera storia.
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Da un banale litigio tra due individui che comporta un brutto termine rivolto da uno all'altro, si scatena una sorta di diatriba di una portata esagerata che coinvolgerà ben presto l'intera nazione libanese in un conflitto tra cristiani e palestinesi. Finito il caso in tribunale, i due schieramenti combatteranno legalmente affinché prevalga la ragione di ognuno. Questa, in breve, la vicenda dell' "L'Insulto".
Premiato quest'anno all'ultima Mostra del Cinema a Venezia come miglior film, l'opera del regista Ziad Doueiri effettivamente merita ampiamente questo riconoscimento in quanto molto ben diretta, ben interpretata e ben presentata l'intera storia. Con una regia lucida, precisa, e ben scandita, Doueiri passa con naturalezza dalla dimensione privata a quella più estesa coinvolgente la causa nazionale tanto dibattuta tra cristiani e palestinesi residenti in Libano. Le violenze subite, i rancori ancora vivi e l'intolleranza tra i due schieramenti vi sono ben descritti rendendo accese le incomprensioni e la mancanza di volontà a cooperare o venirsi incontro. L'orgoglio è profondo e quasi detta legge e ciò, purtroppo, costituisce una pagina vera di una realtà cruda e ben radicata all'interno di un paese come il LIbano, ma il discorso è sicuramente estendibile anche ad altre nazioni.
Perfetto, coinvolgente e pertanto, del tutto consigliabile.
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francescoizzo
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domenica 14 gennaio 2018
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coinvolgente e profondo
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Il film è molto coinvolgente, e alla fine, più che di conflitto libano-palestinese,ci parla proprio di tolleranza, comprensione e accettazione dell'altro. Da una sciocchezza -dell'acqua che cade da un balcone che non ha la grondaia a norma - nasce uno scontro tra due individui di due etnìe diverse sempre più aspro, che li porterà fino al tribunale di primo grado, poi alla corte d'appello e infine davanti al presidente del Libano.A complicare ancor più le cose subentra lo svenimento in officina del libanese, il conseguente malore e parto prematuro della moglie, e il licenziamento del palestinese. Nel frattempo il conflitto si colora di istanze politiche, che coinvolgono le due etnìe (palestinesi e libanesi maroniti) sempre di più.
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Il film è molto coinvolgente, e alla fine, più che di conflitto libano-palestinese,ci parla proprio di tolleranza, comprensione e accettazione dell'altro. Da una sciocchezza -dell'acqua che cade da un balcone che non ha la grondaia a norma - nasce uno scontro tra due individui di due etnìe diverse sempre più aspro, che li porterà fino al tribunale di primo grado, poi alla corte d'appello e infine davanti al presidente del Libano.A complicare ancor più le cose subentra lo svenimento in officina del libanese, il conseguente malore e parto prematuro della moglie, e il licenziamento del palestinese. Nel frattempo il conflitto si colora di istanze politiche, che coinvolgono le due etnìe (palestinesi e libanesi maroniti) sempre di più. Gli avvocati delle due parti (padre e figlia, come a volerci ricordare che in fondo facciamo tutti parte di una stessa famiglia: l'umanità..) si incalzano però nonostante questo senza tregua a vicenda.
Dalle loro arringhe serrate, dai video mostrati in aula del discorso di Gemayel prima e poi da quello delle milizie palestinesi che entrano in Libano e perpetrano massacri indiscriminati nasceranno emozioni forti e coinvolgenti, che non risparmieranno neppure l'avvocato padre e porteranno a desiderio di giustizia sommaria palestinese contro il libanese, reagendo al quale i suoi provocheranno ancora una vittima, un povero fattorino palestinese in motorino che per fuggire si fratturerà una gamba.
Fortunatamente il film si conclude bene, con la ripetizione dell'assoluzione per il palestinese pronunciata dalla corte d'appello, che riesce a capire che tra un'insulto grave e un'aggressione fisica non c'è poi così tanta differenza, e che c'è bisogno di comprensione, tolleranza e civiltà di rapporti.
Belli i volti distesi e trionfanti alla fine di tutti i partecipanti al processo: libanese (e moglie), palestinese (e moglie commossa) e i due avvocati - sintesi familiare di un conflitto vivaddìo sanabile tra due persone,due etnìe e due qualsivoglia mondi contrapposti.
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matteo
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giovedì 28 novembre 2019
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le divisioni nella quotidianità internazionale
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Ottimo film che rispecchia le problematiche di convivenza tra persone che sono frutto di antiche divisioni politiche di più ampia portata. Da un fatto banale, a Beirut, si scatenano risentimenti e frustrazioni archittetate dalla politica, nazionalismi, sofferenze private e tragici passati. Bravi gli interpreti, anche l'avvocato dell'accusa nella sua antipatia. Ma dopo tutto quel trambusto e gli scontri e la violenza, prima che la giustizia trovi la soluzione, lo sguardo tra esseri umani, il riconoscersi figli dello stesso destino riesce a voltare le pagine della storia.
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felicity
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mercoledì 17 marzo 2021
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nessuno ha il monopolio della sofferenza
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“L’insulto”, ovvero nessuno ha il monopolio della sofferenza. Cristiani maroniti, palestinesi, falangisti…Insomma, tutta la storia tormentata del Libano è presente in questo film, tra tragedie individuali e traumi collettivi. Sì, anche in questo film si parla di traumi e dei loro effetti sugli individui e sulle società. E ha il pregio di farlo senza tesi precostituite. “Perché nessuno ha il monopolio della sofferenza!”. Non a caso è una coproduzione di artisti dalle differenti appartenenze etniche e religiose. Verità storiche, più o meno trascurate, negate o occultate, responsabilità collettive che si traducono in inevitabili aspettative stereotipate, in una estrema suscettibilità alla umiliazione e ai sentimenti di vergogna sociale che dominano i comportamenti dei protagonisti del film (tutti bravissimi attori, tra l’altro).
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“L’insulto”, ovvero nessuno ha il monopolio della sofferenza. Cristiani maroniti, palestinesi, falangisti…Insomma, tutta la storia tormentata del Libano è presente in questo film, tra tragedie individuali e traumi collettivi. Sì, anche in questo film si parla di traumi e dei loro effetti sugli individui e sulle società. E ha il pregio di farlo senza tesi precostituite. “Perché nessuno ha il monopolio della sofferenza!”. Non a caso è una coproduzione di artisti dalle differenti appartenenze etniche e religiose. Verità storiche, più o meno trascurate, negate o occultate, responsabilità collettive che si traducono in inevitabili aspettative stereotipate, in una estrema suscettibilità alla umiliazione e ai sentimenti di vergogna sociale che dominano i comportamenti dei protagonisti del film (tutti bravissimi attori, tra l’altro).
Ammettere una colpa, scusarsi, vuol dire sottomettersi ancora una volta all’altro. E’ questo a impedire la possibilità di poter dire con semplicità all’altro “mi dispiace, ho sbagliato!”.Ma soprattutto è un film sull’importanza delle parole e della permanenza di dolore che possono continuare a causare; le parole come pietre, le parole che da opinioni si traducono in insulti. Un tema, questo, che trovo estremamente attuale, muovendosi tra il diritto di opinione e il divieto delle ingiurie e delle offese personali. Vale per i conflitti atavici, ma vale anche per noi, qui, in Italia, qui sui social, qui nei nostri dibattiti politici….. Un invito a fare un uso attento, oculato, meditato, delle nostre parole. Un film, infine, che rivendica il possibile primato della risoluzione individuale, privata, di tante controversie, per evitare strumentalizzazioni e generalizzazioni. Che sottolinea il ruolo dell’onore e della dignità – “è solo una questione di principio!”, sembrerebbe voler dire il protagonista del film – e, quasi paradossalmente, del rispetto, dell’amicizia personale, della franchezza.”E’ giusto ricordare i (traumi) del passato, ma non possiamo far sì che siano questi a vincere sul nostro presente!”
Il problema di fondo di The Insult è principalmente di regia: educato al cinema in America, cresciuto sui set dei primi film di Tarantino, Ziad Doueiri confeziona il film disinnescando il potenziale politico della scrittura, e ne cava un prodotto spesso troppo enfatico: perché non bastano certo i movimenti continui della camera, o le agnizioni di metà film, o flashback centellinati a bocconi, infiammati da effetti fotografici, o lo score sempre troppo roboante; e non aiuta la caratterizzazione degli altri personaggi femminili, le mogli soprattutto, abbozzate appena, a dare la profondità corale e la complessità psicologica e, ovviamente storica, che un’altra economia di mezzi avrebbe potuto cavare da uno spunto del genere.
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danielamontanari
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domenica 10 dicembre 2017
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l'insulto primario è quello rivolto a noi stessi
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Il regista libanese Ziad Doueiri ci accompagna in una Beirut in ricostruzione. Almeno per quanto riguarda strade, palazzi e quartieri. Per gli animi dei suoi abitanti no, ci vuole ancora tempo.
In una Beirut contemporanea, Toni Hanna è un sanguigno meccanico che durante il tempo libero, seppur poco, milita nel partito di destra cristiana. Yasser è un capocantiere tacituro, apparentemente, e vive la condizione di profugo palestinese come una sfida. E' per questo che nulla più di un tubo rotto li mette uno di fronte all'altro: l'insulto. L'insulto che li attende, li provoca e li mette davanti al medesimo vissuto dell'essere invasi, della guerra civile, della resa, e del fatto, soprattutto, che nessuno dimentica ciò che li ha costretti a vivere lontano da dove vorrebbero.
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Il regista libanese Ziad Doueiri ci accompagna in una Beirut in ricostruzione. Almeno per quanto riguarda strade, palazzi e quartieri. Per gli animi dei suoi abitanti no, ci vuole ancora tempo.
In una Beirut contemporanea, Toni Hanna è un sanguigno meccanico che durante il tempo libero, seppur poco, milita nel partito di destra cristiana. Yasser è un capocantiere tacituro, apparentemente, e vive la condizione di profugo palestinese come una sfida. E' per questo che nulla più di un tubo rotto li mette uno di fronte all'altro: l'insulto. L'insulto che li attende, li provoca e li mette davanti al medesimo vissuto dell'essere invasi, della guerra civile, della resa, e del fatto, soprattutto, che nessuno dimentica ciò che li ha costretti a vivere lontano da dove vorrebbero.
La regia è meticolosa e nitida, i primi piani primordiali in un quasi bianco nero di un'ora qualsiasi del giorno.
Di una Beirut bianca e diroccata si percepiscono l'incompiutezza, come orfana della guerra civile ma anche la voglia di rinascita, di dimenticare.
Nell'avvicendarsi dell'insulto e nella difesa dal medesimo, Toni e Yasser conducono una lotta armata di parole e pugni sferzati all'addome, dove risiede il nostro centro di equilibrio. A volte cade l'uno, e tutte le prove con le quali si sta difendendo, e talvolta cade l'altro, con arringa inconfutabile al seguito.
Dopo la coraggiosa presentazione del suo film a Venezia (Premio Coppa Volpi migliore interpretazione maschile dell'attore che interpreta Yasser) il regista in ritorno nel Libano viene arrestato.
E' stato successivamente scarcerato e scagionato, eppure grazie alla sua temerarietà, tutti noi possiamo raccoglierci intimamente e ponderarese siamo così inclini e pronti alla pace nel mondo. O piuttosto vorremmo insultare chi sappiamo noi, al fine di riscattare il nostro passato di discordie intestine?
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michelino
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giovedì 14 dicembre 2017
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michelino va al cinema
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Siete mai stati a Beirut?
Michelino non c'è mai stato
Michelino sa veramente poco di Beirut e quasi niente del Libano
Michelino è andato a vedere questo film
Ora a Michelino è rimasta qualche bella immagine delle strade di Beirut
Ora Michelino ha in testa pure qualche informazione in più sul Libano
Ma la cosa più importante è stata quella di potersi fare qualche idea
sui rapporti quotidiani tra Libanesi e Palestinesi
Basta questo per far dire a Michelino che il film meritava di essere visto
Da un punto di vista morale nel film viene detta una frase
che racchiude benissimo in se il senso di questa storia
La frase non la ricordo tanto bene
Ma dice più o meno che troppo spesso una persona che soffre
ha un alta considerazione della propria sofferenza
ma tende a negare quella degli altri
No.
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Siete mai stati a Beirut?
Michelino non c'è mai stato
Michelino sa veramente poco di Beirut e quasi niente del Libano
Michelino è andato a vedere questo film
Ora a Michelino è rimasta qualche bella immagine delle strade di Beirut
Ora Michelino ha in testa pure qualche informazione in più sul Libano
Ma la cosa più importante è stata quella di potersi fare qualche idea
sui rapporti quotidiani tra Libanesi e Palestinesi
Basta questo per far dire a Michelino che il film meritava di essere visto
Da un punto di vista morale nel film viene detta una frase
che racchiude benissimo in se il senso di questa storia
La frase non la ricordo tanto bene
Ma dice più o meno che troppo spesso una persona che soffre
ha un alta considerazione della propria sofferenza
ma tende a negare quella degli altri
No...non era esattamente così...nel film è detta bene
ma ora non mi viene
Ragazzi... che sofferenza la scarsa memoria!
Comunque almeno una nota negativa il film se la merita
La pecca peggiore è nella sceneggiatura
Non dico che non funziona
A tratti è anche divertente e non priva di spunti notevoli
Il problema è che forse è un po troppo sopra le righe
Esagerata!
Pensate che il tubo di scarico dell'acqua di un balcone diventa un affare di stato
Non potevano inventarsi qualcosa di più verosimile?
Peccato...
Comunque è un buon film e almeno una visione la merita
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lapo10
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giovedì 14 dicembre 2017
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l'inimicizia tra due popoli
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Mi perdoni Israel Zangwill (lui drammaturgo ebreo, inglese e sionista, per giunta) per la divertita insolenza di utilizzare un termine da lui coniato nel 1908 nella sua opera omonima, per classificare la nuova fatica del regista libanese Ziad Doueiri. Già, perché mi viene naturale definire "L'insulto" come un'opera "Melting Pop", peraltro in salsa mediorientale. Un po' perché Doueiri, come Zangwill prima di lui, scrive, speranzoso, di un ideale società senza divisioni religiose e culturali, un po' per la diversa estrazione sociale dei due protagonisti del film, l'uno, Tony Hanna (Adel Karam), libanese e cristiano, l'altro, Yasser Salameh (Kamel El Basha), palestinese e musulmano. Ma questo crogiolo è anche artistico, basta focalizzare l'attenzione sul poliedrico regista e le sue precedenti esperienze personali.
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Mi perdoni Israel Zangwill (lui drammaturgo ebreo, inglese e sionista, per giunta) per la divertita insolenza di utilizzare un termine da lui coniato nel 1908 nella sua opera omonima, per classificare la nuova fatica del regista libanese Ziad Doueiri. Già, perché mi viene naturale definire "L'insulto" come un'opera "Melting Pop", peraltro in salsa mediorientale. Un po' perché Doueiri, come Zangwill prima di lui, scrive, speranzoso, di un ideale società senza divisioni religiose e culturali, un po' per la diversa estrazione sociale dei due protagonisti del film, l'uno, Tony Hanna (Adel Karam), libanese e cristiano, l'altro, Yasser Salameh (Kamel El Basha), palestinese e musulmano. Ma questo crogiolo è anche artistico, basta focalizzare l'attenzione sul poliedrico regista e le sue precedenti esperienze personali. Studente negli States, assistente di Quentin Tarantino, passaporto francese, film ambientati in diversi luoghi: "West Beyrut" e 'l'Insulto" in Libano, "Lila dice" in Francia, "the Attack" in Israele. Tutti questi influssi convergono all'interno del film che prende le mosse da un alterco tra i due uomini che si accusano per una parola di troppo uscita dalla bocca del palestinese arrabbiato per una scorrettezza commessa dal libanese. L'insulto, per l'appunto, potrebbe essere sanato in fretta se non fosse per il testardo orgoglio di entrambe le parti a non retrocedere di un passo in vista di un salutare accomodamento. I due uomini finiscono, invece, in tribunale, per redimere le proprie questioni e si trovano invischiati in una paradossale situazione che chiedeva solo un po' di buon senso per essere risolta. Il vortice mediatico che si crea intorno al loro caso porterà dissesti familiari e sociali imprevisti. Doueri inizia da un fattaccio privato per raccontare la parabola di due popoli in crisi: quello palestinese che vive senza diritto alcuno nei campi, e quello libanese (in particolare la sponda cristiana ormai ridotta a minoranza) che mal tollera la situazione geo-politica, i profughi e lo stato di Israele. Il film ha il pregio (notevole) di far conoscere ad un distratto Occidente quanto succede all'ombra del "cedrus libani" e quali siano le problematiche che affliggono uno dei paesi arabi più moderni e con la minoranza cristiana più elevata. Il Libano ha la sfortuna di trovarsi al centro della zona più instabile del globo. La guerra di Siria a nord- Est, e l'irrisolta questione ebraico-palestinese a sud sono conflitti ancora aperti, come tutti sanno. Invece, 15 anni di guerra civile (1975-1990) causati dalle divergenze politiche tra cristiani e musulmani e dalle indesiderate attenzioni di Siria, Israele, Olp ed Iran hanno lasciato il segno su una popolazione che non riesce ancora a metabolizzare la strage di maroniti a Damour ed il massacro di palestinesi a Sabra e Shatila. Il racconto di Doueiri si abbevera di queste tensioni geo-politiche, che i due protagonisti incarnano alla perfezione, specialmente nel personaggio interpretato da Karam che mantiene, fin quasi la fine, un atteggiamento irriducibile, iracondo e per niente accomodante, mitigato solo in parte dal ruolo materno e ammonitore della moglie (Rita Hayek). Il difetto (che può essere ribaltato a seconda dei punti di vista) che sminuisce l'ottimo lavoro di Doueiri è lo spasmodico ricorso agli stilemi del cinema occidente (americano) come l'eccessivo peso e spettacolarizzazione del processo che sembra declassare il film a legal-movie e le caraterizzazioni dei personaggi femminili (un po' troppo in linea con le nostre esigenze di emancipazione della donna, che non sembrano troppo credibili per il contesto). Attrici troppo belle e troppo bionde, un atteggiamento forse troppo bonario verso i palestinesi, ed il ricorso al "genere" sono comunque licenze "commerciali" che si possono perdonare in un'opera pensata per le giovani generazioni libanesi desiderose di riconciliazione e per un pubblico occidentale poco incline a mettere il naso fuori dal giardino di casa ed occuparsi delle questioni altrui. Israel Zangwill, credo, approverebbe lo sforzo e l'impegno civile di Ziad Doueiri
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