lbavassano
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domenica 18 agosto 2019
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deludente
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Omaggio a Hitchcock, e nella trama e nel linguaggio (visivo e sonoro). Irrisolto però, a mio parere. Mi ha lasciato insoddisfatto, nonostante l'ottima confezione, o forse proprio a causa di essa: come un pasto raffinatissimo quando viene a mancare la sostanza.
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carlo bruni
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venerdì 4 gennaio 2019
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situazioni irrisolte
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Alla fine, rimane la (personalissima) rabbia per un' occasione perduta. Troppi elementi lasciati indefiniti, situazioni irrisolte e due piani narrativi che promettono di riunirsi, ma non lo fanno mai. Come incrociare le visioni psicoanalitiche con il pragmatismo delinquenziale che sembra stare dietro i personaggi. Una sfida esaltante, che non sembra nemmeno affrontata.
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spettatorpensoso
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venerdì 9 novembre 2018
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piuttosto deludente
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... quasi un'occasione perduta, direi.Perché il tema politico avrebbe potuto trovare uno sbocco più 'appasionante': la tematica è meritevole di attenzione , e l'insieme dei personaggi - i presidenti - avrebbe potuto costruire uno scenario assai più dialettico e drammatico... Invece tutto diventa banale , scontato , e stereotipizzato: antipatico funzionario gringo corruttore, politici - presidenti - latino americani servi corrotti e acquiescenti, nessuna deviazione dal copione del dipartimento di stato. Un po' poco, no? anzi niente... Ma questo lo sapevamo già. L'altro piano, quello della cosidetta 'vicenda personale', non c'azzecca niente col primo: due banali storie parallele senza costrutto.
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... quasi un'occasione perduta, direi.Perché il tema politico avrebbe potuto trovare uno sbocco più 'appasionante': la tematica è meritevole di attenzione , e l'insieme dei personaggi - i presidenti - avrebbe potuto costruire uno scenario assai più dialettico e drammatico... Invece tutto diventa banale , scontato , e stereotipizzato: antipatico funzionario gringo corruttore, politici - presidenti - latino americani servi corrotti e acquiescenti, nessuna deviazione dal copione del dipartimento di stato. Un po' poco, no? anzi niente... Ma questo lo sapevamo già. L'altro piano, quello della cosidetta 'vicenda personale', non c'azzecca niente col primo: due banali storie parallele senza costrutto. Non c'era bisogno di ipnotisti per scoprire che il protagonista è un personaggio almeno ambiguo... ma così, dando due al prezzo di uno, il regista se la cava alla veloce, senza poi offrire nulla. Anche lo scenario della cordillera (certo, salvando la metafora dei tornanti...) è presentato in modo statico e piatto...: c'è molto di meglio da fotografare di quanto ci viene presentato (compreso l'orribile albergo che tanto ricorda le stazioni alpine in disfacimento degli anni 60 delle nostre alpi...
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vanessa zarastro
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domenica 4 novembre 2018
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doppio registro
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Il film argentino “La cordillera” – titolo originale – affronta il tema del potere e della mancanza di etica negli uomini politici. Henàn Blanco (interpretato da Ricardo Darìn) è il neo-presidente dell’Argentina, ex sindaco di provincia, eletto dopo una campagna elettorale basata sul gioco di parole del suo cognome come sinonimo di purezza: un uomo comune, un uomo come voi, un lavoratore onesto e così via.
All’inizio Blanco appare come uomo calmo, piuttosto silenzioso, sembrerebbe manovrato dai suoi consiglieri. Un giornalista in un servizio alla radio lo definisce addirittura “invisibile”, per la sua inconsistenza.
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Il film argentino “La cordillera” – titolo originale – affronta il tema del potere e della mancanza di etica negli uomini politici. Henàn Blanco (interpretato da Ricardo Darìn) è il neo-presidente dell’Argentina, ex sindaco di provincia, eletto dopo una campagna elettorale basata sul gioco di parole del suo cognome come sinonimo di purezza: un uomo comune, un uomo come voi, un lavoratore onesto e così via.
All’inizio Blanco appare come uomo calmo, piuttosto silenzioso, sembrerebbe manovrato dai suoi consiglieri. Un giornalista in un servizio alla radio lo definisce addirittura “invisibile”, per la sua inconsistenza.
Man mano che il film va avanti Blanco lentamente si trasforma, sembra prendere in mano la situazione, piano piano, fino ad arrivare a eludere i suoi accompagnatori e l’impagabile segretaria tuttofare, decidendo tutto a modo suo.
“La cordillera” presenta un doppio registro e, accanto alle riunioni, gli incontri, le interviste, il summit internazionale dei Capi di Stato latino-americani per il futuro energetico di tutta l’area, il Presidente dell’Argentina ha una vita privata oscura. Ha per amante segreta la moglie dell’ambasciatore da lui nominato e una figlia border-line con grossi problemi psichici. Sua figlia Marina, che ha un ex marito piuttosto ricco ma inquisito per traffici illeciti, raggiunge il Padre al summit, dove avrà una crisi isterica in albergo – una sorta di Overlook Hotel come in “Shining”? – e nell’attacco frantumerà la finestra a colpi di sedia. Salvatasi per miracolo e una volta dimessa dall’ospedale, viene curata da uno psichiatra famoso - probabile citazione dello psicoanalista argentino Ignacio Matte Blanco. In una prima seduta di ipnosi, Marina racconta alcune scene dell’infanzia in cui sembrerebbe ci sia un litigio seguito da un incendio, in cui suo padre avrebbe avuto una certa responsabilità. Ma Blanco spiega allo psichiatra che Marina si è inventata tutto ma che quei luoghi e quelle persone di cui lei parla sono realmente vissute, ma prima che lei nascesse. Ne “La cordillera” il mistero non sarà svelato e la conclusione emergente del film è di tipo morale: il bene e il male non esistono per i politici e tutto è basato sull’opportunità politica o, peggio, personale.
La prima parte del film è un po’ troppo statica e molto parlata, si fatica a stare dietro a nomi, intrighi politici e notizie, ma pian piano il film comincia a incuriosisce per il doppio binario dove conscio e inconscio si intrecciano. Infatti, partendo dalla dottrina psicodinamica, Matte Blanco ha analizzato il dualismo conscio-inconscio mettendo in risalto le differenze tra i processi cognitivi. Il suo sguardo si focalizza sull'interazione tra pensiero logico aristotelico, proprio del conscio e caratterizzato dalle categorie di spazio e tempo e dal principio di non contraddizione, che chiama "pensiero asimmetrico", e quello inconscio, definito "simmetrico", dove la logica tradizionale si scioglie per lasciare spazio a una modalità di pensiero “intellettiva” con potenza cardinale corrispondente all'infinito.
Condotto dal giovane regista argentino Santiago Mitre, il film in alcuni punti appare un po’ schematico e, a mio avviso, si regge soprattutto sulla bravura di Ricardo Darìn e in generale di tutti gli attori (Dolores Fonzi, Paulina Garcia, Alfredo Castro e Daniel Giménez Cacho). Altro elemento positivo del film è la rappresentazione dell’atmosfera. Surreale è l’ubicazione del summit latino-americano che si tiene in un albergo isolato a tremila metri di altezza nella Cordigliera delle Ande, che dividono il Chile dall’Argentina. Le strade di montagna tortuose e il clima invernale trasmettono una situazione da thriller: le interviste in aereo interrotte da turbolenza, i dirupi a strapiombo, i grattacieli isolati nel territorio, le accese discussioni in funivia…tutto serve a costituire una suspense.
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gianniquilici
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giovedì 30 novembre 2017
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un thriller intimo e politico
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di Gianni Quilici In un hotel isolato sulla cordigliera andina si svolge un summit dei capi di Stato latino-americani per dettare le regole di un nuovo accordo petrolifero, ma tra le pieghe, si insinuano sornioni e prepotenti gli interessi statunitensi e gli intrecci che questi stanno tramando. Protagonista centrale il presidente argentino Hernán Blanco, poco considerato dagli avversari tanto da essere etichettato da certa stampa praticamente invisibile e che si trova sul capo la minaccia di uno scandalo da parte dell’ex genero su dei finanziamenti occulti ricevuti dal suo raggruppamento . All’inizio sembra un film politico, ma via via emerge con forza l’aspetto esistenziale, non solo a livello psicologico, ma anche psicoanalitico, perché evoca drammi, senza esplicitarli chiaramente, fantasmi profondi che non capiamo bene se immaginati o reali.
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di Gianni Quilici In un hotel isolato sulla cordigliera andina si svolge un summit dei capi di Stato latino-americani per dettare le regole di un nuovo accordo petrolifero, ma tra le pieghe, si insinuano sornioni e prepotenti gli interessi statunitensi e gli intrecci che questi stanno tramando. Protagonista centrale il presidente argentino Hernán Blanco, poco considerato dagli avversari tanto da essere etichettato da certa stampa praticamente invisibile e che si trova sul capo la minaccia di uno scandalo da parte dell’ex genero su dei finanziamenti occulti ricevuti dal suo raggruppamento . All’inizio sembra un film politico, ma via via emerge con forza l’aspetto esistenziale, non solo a livello psicologico, ma anche psicoanalitico, perché evoca drammi, senza esplicitarli chiaramente, fantasmi profondi che non capiamo bene se immaginati o reali. A quel punto La cordillera diventa un thriller intimo, dove i due livelli politico e esistenziale, si incontrano, con grande efficacia narrativa e implacabilmente morale, in Hernán Blanco e noi spettatori capiamo, anzi meglio intuiamo, cosa si nasconde dietro il suo volto, dentro la sua maschera. Ricardo Darin riesce a trasmettere le sfumature giuste a un personaggio complesso, apparentemente dimesso in realtà ambizioso e determinato, mentre il paesaggio nudo e solitario, tortuoso e inquietante della Cordigliera rappresenta efficacemente, anche simbolicamente, la profondità della storia
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