Nel 2013 esce nelle sale cinematografiche un film che nel bene o nel male è diventato un vero e proprio caso mediatico, divenendo il capostipite di una saga che va avanti ancora oggi e che porta il suo stesso titolo: sto parlando di The Conjuring, in italiano conosciuto come L’Evocazione, diretto dal regista James Wan e basato sulle vicissitudini della famosa coppia americana di ricercatori del paranormale, Ed e Lorraine Warren. Nel film, tra i vari oggetti indemoniati disseminati nel museo dei coniugi Warren, si fa un focus particolare su una bambola, la famosa Annabelle, che esiste veramente, sebbene si tratti di una Raggedy Ann di pezza e non dell’inquietante bambola in porcellana propostaci nella pellicola. Visto il successo di The Conjuring, e l’interesse sollevatosi intorno alla figura di Annabelle, la Casa di Produzione New Line Cinema, insieme alla Safran Company ed all’Evergreen Media Group, fa uscire nel 2014 il primo di una lunga serie di spin-off del film di Wan, Annabelle, appunto, diretto dal regista e direttore della fotografia John R. Leonetti. Il film sposta il focus proprio sulla famosa bambola, e sulle vicissitudini a cui vanno incontro tutti coloro che ne entrano in contatto. Dopo l’uscita del secondo capitolo di The Conjuring, Il Caso Enfield, nel 2016, nel 2017 prende vita anche un capitolo due dello spin-off, Annabelle 2: Creation che, come si può intuire dal titolo, ci racconta le origini della diabolica bambola. Diretto da David F. Sandberg, regista svedese resosi noto per il corto ed il lungo che portano lo stesso titolo, Lights Out, e seguito nel 2019 da Annabelle Comes Home dello sceneggiatore Gary Dauberman, Annabelle Creation è sicuramente il segmento più riuscito della serie di spin-off e, a mio modesto parere, dell’intera saga del Conjuring Universe, che vede anche due film dedicati al demone Valak, The Nun 1 e 2, un terzo capitolo di The Conjuring, Per Ordine del Diavolo, oltre ai film La Llorona e L’Uomo Storto. In quanto unico film di questo Universo che ha incontrato pienamente i miei gusti è doveroso che oggi vi parli un po’ di questo Annabelle 2: Creation.
Siamo nel 1943: in una bella dimora di campagna abitano Samuel, la moglie e la figlia piccola, Bee. Lui produce stupende bambole artigianali, e tutto sembra andar loro per il meglio finchè un giorno, rincasando, un’auto non travolge, uccidendola, la bimba. Dopo 12 anni di silenzio e dolore i due coniugi decidono di ripopolare di vita e di grida infantili la propria casa, e lo faranno accogliendo 6 giovani orfane e la suora che le accompagna. Tutto è loro permesso nella grande dimora silenziosa, tranne entrare nella camera della loro bimba defunta, Annabelle, detta Bee. Ma la stanza sembra richiamare insistentemente una delle bambine, Janice, che ha una brutta disabilità motoria alle gambe. La piccola scoprirà nella cameretta di Annabelle uno stanzino buio e completamente tappezzato di pagine della Bibbia, ed al centro, seduta su una sedia, una bambola dall’aspetto demoniaco. Ma tale bambola non è demoniaca solo nell’aspetto, e i residenti di casa Mullins se ne accorgeranno presto ed a loro spese. Ormai Annabelle è libera, e intenzionata a rimanerci, senza che nessuno possa più rinchiuderla in gabbia. La storia che si nasconde dentro di lei nasce dal dolore e dalla disperazione, il terreno più fertile del quale si nutrono ed a quale si attaccano i demoni per farsi traghettare nel nostro mondo.
Buona la prova del cast, in questo Annabelle Creation, anche se la vera rivelazione non sono gli adulti ma le piccole attrice che interpretano le orfanelle, sebbene anche la messicana Stephanie Sigman nel ruolo di Suor Charlotte, e gli australiani Anthony LaPaglia e Miranda Otto in quello dei coniugi Mullins non siano affatto male. Tra le piccole si fa notare Linda, la minore del gruppo, con i suoi grandi ed innocenti occhioni azzurri che rendono impossibile non amarla. Ad interpretarla la baby attrice americana Lulu Wilson, che sebbene all’epoca delle riprese avesse già 12 anni tuttavia è riuscita ad apparire più piccola ed indifesa, creando un forte senso di empatia con lo spettatore; Lulu è già una veterana del mondo dell’horror, nonostante la giovane età: ha infatti debuttato a soli 9 anni con Scott Derrickson in Liberaci dal Male, per poi essere diretta da Mike Flanagan nel secondo capitolo della saga Ouija, prima di approdare nel Conjuring Universe. Al suo fianco, nel ruolo della piccola piagata alle gambe dalla poliomelite, troviamo la giovane Talitha Bateman, ai tempi sedicenne; anch’ella all’apparenza più piccola della sua età anagrafica, darà vita a un personaggio sfaccettato che riuscirà a suscitare in noi un variegato spettro di emozioni che porteranno al finale inaspettato che serve da raccordo tra questo Creation ed il primo film su Annabelle. Molto brava anche la piccola attrice coreana Samara Lee, che all’epoca delle riprese aveva solo 9 anni, ed interpreta il difficile ruolo di Annebelle, la bimba dei coniugi Mullins che muore in maniera drammatica in un violento incidente d’auto. È doveroso citare, nel ruolo del demone che alberga nelle stanze della grande dimora isolata, l’attore e musicista Joseph Bishara, il quale, proprio grazie al sodalizio con James Wan, si è specializzato in ruoli di demoni e mostri di ogni sorta: è lui infatti lo spaventoso demone rosso di Insidious, dello stesso Wan, la strega Bathsheba Sherman di Conjuring, ed il demone Annabelle in tutti e tre i film dello spin-off.
Questo capitolo di Annabelle è caratterizzato da una bella fotografia assolata di Maxime Alexandre, che trasporta il terrore all’interno di una casa dove l’amore ha lasciato il posto alla disperazione. Tuttavia anche le scene in notturna sono ben eseguite, lasciando vedere quel che basta per creare una bella suspense, e nonostante qualche jumpscare citofonato, tipico del suddetto Universe, si riesce comunque a spaventarsi nei momenti giusti ed a vivere con la giusta strizza determinate scene, aiutati anche dall’ottima performance delle giovani protagoniste. Confesso poi che l’aspetto della bambola maledetta, come lo sarà anche quello del demone-suora Valak protagonista di The Nun, è davvero molto azzeccato: essa trasmette inquietudine, malessere, ansia, molto di più che la dolce e sorridente Raggedy Ann originale.
Insomma, per una volta mi trovo a dover ammettere che un prequel è di gran lunga più notevole dell’originale, e per fortuna, in quanto io ho trovato davvero inguardabile il primo Annabelle, e ho dovuto trovare il coraggio, ampiamente ricompensato, per andare avanti con la visione dei titoli successivi. Le due figure del padre e della madre sono, a ben guardare, molto interessanti, a causa della cupezza misteriosa che si cela dietro ai loro volti: Samuel è gentile ed accogliente, ma ha modi molto rudi e spesso spaventa le sue piccole ospiti, mentre la moglie Esther vive rinchiusa nella sua camera da letto, senza poter uscire, e chiamando al bisogno con un campanellino il cui suono rimbombante nella grande casa a tutte le ore del giorno e della notte fa letteralmente gelare il sangue. Inoltre la signora ha metà del volto coperto da una strana maschera bianca che ricorda il volto di una bambola di porcellana: quali oscuri segreti nascondono i due coniugi piagati tanti anni prima da un lutto inimmaginabile come la morte violenta dell’amata figlioletta “Bee” proprio sotto i loro occhi?? I loro cuori saranno ancora candidi o sono stati corrotti dal demone del dolore e della disperazione?
Sandberg, proprio come in Lights Out, si riconferma un ottimo narratore, col dono di saper creare bene la suspense senza ricorrere a mezzucci, capace di usare la macchina da presa nel verso giusto per dar vita ad atmosfere e situazioni genuinamente macabre, come ad esempio la bellissima scena in cui una delle orfanelle più grandi rimane rinchiusa nel granaio con uno spaventoso spaventapasseri, davvero una tesissima sequenza al cardiopalma! Per tutto il film l’asticella dell’attenzione del pubblico rimane alta, tanto che il successo in sala di questo prequel è stato a dir poco strepitoso: 306 milioni di dollari di incasso mondiale a fronte dei 15 milioni di budget di produzione! E questo è tanto più notevole se si pensa che la sceneggiatura e la trama del film sono abbastanza scontate e molto poco originali, quindi a maggior ragione è da sottolineare la maestria di Sandberg nell’essere riuscito a coinvolgere così tanto lo spettatore senza grosse trovate geniali, ma usando bene atmosfere, cast e tecniche cinematografiche tipiche dell’horror, senza eccedere mai nello splatter gratuito o nell’uso smodato di CGI. Oggigiorno gli Americani sembrano sempre meno capaci di creare la tensione senza l’uso di effettaci effervescenti, e quindi volentierissimo il mio plauso va a questo prodotto mainstream che sa però catturarti e non mollarti un attimo fino alla fine. Lo consiglio davvero, anche tralasciando gli altri due capitoli della saga, nettamente inferiori. Con questo Creation, Annabelle si conquista meritatamente il posto alla destra della bambola demoniaca per eccellenza, il folle e sboccato Chucky protagonista di un'altra fortunatissima saga horror, per me inarrivabile, quella de La Bambola Assassina.
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