zarar
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domenica 3 dicembre 2017
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imparate a stare al mondo, per favore
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Film tanto banale, quanto pretenzioso, attraversato da una corda pazza di isteria condita di sentimentalismo, con tocchi di femminismo invecchiato e intellettualismo di serie B. Si può immaginare una mistura più indigesta? La storia è una delle più vecchie del mondo: una quarantenne o giù di lì, Claudia (un’esagitata Lucia Mascino) è appena naufragata da un amore nato strano tra insulti e polemiche di lei e finito male con l’abbandono di lui, un riluttante Flavio pieno di riserve mentali (un Thomas Trabacchi senza infamia e senza lode). Tutti e due sono professori universitari, anche se le sciocchezze messe loro in bocca fanno pensare al peggio.
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Film tanto banale, quanto pretenzioso, attraversato da una corda pazza di isteria condita di sentimentalismo, con tocchi di femminismo invecchiato e intellettualismo di serie B. Si può immaginare una mistura più indigesta? La storia è una delle più vecchie del mondo: una quarantenne o giù di lì, Claudia (un’esagitata Lucia Mascino) è appena naufragata da un amore nato strano tra insulti e polemiche di lei e finito male con l’abbandono di lui, un riluttante Flavio pieno di riserve mentali (un Thomas Trabacchi senza infamia e senza lode). Tutti e due sono professori universitari, anche se le sciocchezze messe loro in bocca fanno pensare al peggio. Nel disegno della regista, dovremmo forse simpatizzare per l’infelice Claudia, il cui amore tradito non si arrende neppure di fronte all’evidenza. Ma, ahimè, non ce la facciamo. Il personaggio appare infinitamente irritante: più che appassionata, è sempre sopra le righe a proposito e a sproposito e sono tali e tante le guerre nevrotiche e assurde da lei armate contro il partner, prima, durante e dopo la fine del loro rapporto, che finisce con il risultare poco credibile e intollerabile non solo a lui, ma anche allo spettatore meglio disposto. Si prova l’incoercibile impulso di imbottirla di Valium ad ogni pie’ sospinto e si è perversamente portati a prendere le parti del pavido Flavio fuggitivo, che almeno ha l’apparenza di una persona quasi normale. Lei continua a inseguirlo, tentando senza successo una rivalsa in una relazione lesbica. Lui, secondo uno standard tristanzuolo ben collaudato, si rifugia tra le braccia di una ragazza giovanissima che finirà con lo sposare. Per chiudere in bellezza, un incontro finale tra i due fa guarire dal mal d’amore nel modo più precipitoso e improbabile la mezza matta, che vediamo veleggiare allegramente verso altre possibili avventure dello stesso stampo. Da quanto detto, qualcuno potrebbe pensare a interessanti suggestioni alla Almodóvar: niente del genere; nessun estro dell’assurdo, o grottesco, o ironico, così come siamo lontani dalla capacità di un Virzì di fondere ironia e fragilità, sorriso e dramma. A parte una fotografia accattivante, qui non resta molto da salvare. Della Comencini abbiamo visto di meglio.
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atalante61
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giovedì 7 dicembre 2017
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la banalità fatta a film
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Una coppia di mezza età, entrambi professori universitari per niente coinvolti nel loro lavoro e sopratutto nei confronti degli studenti, vive una storia d'amore come tante, anche se a Claudia, una pur bravissima Lucia Mascino, sembra la fine del mondo. Ed in questo c'è la prima grande banalità, perchè le storie d'amore sembrano sempre così a chi le vive. Ci sentiamo unici, inarrivabili. Gli altri non possono e non potranno mai capire quello che sentiamo. L'ambientazione della vicenda, una Roma radical chic universitaria, con case piene di libri, aule occupate e casali appena fuori città. Ci poteva essere qualcosa di più banale ? Una donna resa nevrotica dall'abbandono dell'uomo che (in fondo non)ama, esagitata oltre ogni umana comprensione per oltre sette anni.
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Una coppia di mezza età, entrambi professori universitari per niente coinvolti nel loro lavoro e sopratutto nei confronti degli studenti, vive una storia d'amore come tante, anche se a Claudia, una pur bravissima Lucia Mascino, sembra la fine del mondo. Ed in questo c'è la prima grande banalità, perchè le storie d'amore sembrano sempre così a chi le vive. Ci sentiamo unici, inarrivabili. Gli altri non possono e non potranno mai capire quello che sentiamo. L'ambientazione della vicenda, una Roma radical chic universitaria, con case piene di libri, aule occupate e casali appena fuori città. Ci poteva essere qualcosa di più banale ? Una donna resa nevrotica dall'abbandono dell'uomo che (in fondo non)ama, esagitata oltre ogni umana comprensione per oltre sette anni. Un film che è insulto all'intelligenza di tutte le donne vere, alla reale sofferenza, che spesso è muta. Un fiume sotterraneo che scava e che non ha nulla di così infantile. Una donna tiranno che vuole imporre i suoi desideri, la sua visione dell'amore = matrimonio = figlio, alla quale il compagno evidentemente sfugge per approdare tra le braccia di una più accogliente, dolce, femminile sua allieva. Invito la Regista a rivedere qualche film del padre e a meditare a lungo.
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flyanto
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giovedì 7 dicembre 2017
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una donna profondamente in contrasto con se stessa
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Versione cinematografica dell'omonimo romanzo della stessa regista Francesca Comencini, "Amori che non Sanno Stare al Mondo" racconta le paure, le instabilità psicologiche e la brama di affetto che la protagonista, una donna di circa 40 anni , vive nel corso della propria relazione sentimentale col suo compagno. Il suo instabile e, a volte, ossessionante modo di agire e sentire conduce direttamente la storia verso la certa fine perchè il compagno, non sapendo bene come interagire esattamente con la donna, si stanca ed inizia una relazione più tranquilla con una ragazza più giovane di lui con cui anche, poi, arriva a convolare a nozze.
Francesca Archibugi analizza la natura umana, qui, in particolare quella femminile, mettendone in evidenza tutte le particolarità e come, soprattutto col proprio comportamento, gli esseri umani riescano a determinare l'andamento delle cose, delle relazioni sentimentali nello specifico.
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Versione cinematografica dell'omonimo romanzo della stessa regista Francesca Comencini, "Amori che non Sanno Stare al Mondo" racconta le paure, le instabilità psicologiche e la brama di affetto che la protagonista, una donna di circa 40 anni , vive nel corso della propria relazione sentimentale col suo compagno. Il suo instabile e, a volte, ossessionante modo di agire e sentire conduce direttamente la storia verso la certa fine perchè il compagno, non sapendo bene come interagire esattamente con la donna, si stanca ed inizia una relazione più tranquilla con una ragazza più giovane di lui con cui anche, poi, arriva a convolare a nozze.
Francesca Archibugi analizza la natura umana, qui, in particolare quella femminile, mettendone in evidenza tutte le particolarità e come, soprattutto col proprio comportamento, gli esseri umani riescano a determinare l'andamento delle cose, delle relazioni sentimentali nello specifico. Una tesi sicuramente vera ma accettabile in parte perchè il ritratto femminile che la regista presenta si riferisce ad una parte di donne strutturate come la protagonista ma che fortunatamente non corrisponde all'immagine di tutte le altre che in questa maniera vengono unpoco svilite.
In ogni caso la commedia ingenerale è piacevole a vedersi: Lucia Mascino, la protagonista, è perfetta nella sua parte do donna nevrotica, come lo è anche Thomas Trabacchi in quella del suo paziente compagno.
Un poco esagerato e paradossale, comunque la pellicola induce lo spettatore o, più precisamente, le spettatrici, a riflettere su certi comportamenti personali
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manuelazarattini
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venerdì 1 dicembre 2017
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lento ma con brio
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Il film tratteggia una figura di donna che non riesce ad accettare la fine del suo amore. Però le angosce, le sofferenze e i tanti comportamenti esasperati, se pur reali sono forse troppo concentrati in un'unica figura femminile. E così Claudia, se pur impersonata dalla bravissima Lucia Mascino, risulta quasi avere un carattere border line, al limite della follia. Ad esempio quando urla e arringa le persone attonite dalla balaustra del Maxi di Roma, la galleria di arte moderna. Alla fine Claudia sembra ritrovare se stessa e i suoi impeti disperato paiono assopirsi. Ma per quanto? La storia comunque è piuttosto lunga, troppo "parlata" e quindi nell'insieme lenta. A parte le scene (in particolare quelle di Claudia con la sua amica collega, l'attrice Carlotta Natoli) che sono dei veri e propri cammei briosi divertenti e godibili.
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criticona
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giovedì 30 novembre 2017
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un film coraggioso. da vedere e rivedere.
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Questo è un film da vedere più volte. La prima si ride a crepapelle per i tempi comici impeccabili, per un'ora e mezza di frasi che si fanno tutte ricordare e che spesso strizzano l'occhio a Woody Allen e danno corpo a una sceneggiatura articolata e accuratamente costruita. La seconda volta si entra nella vita di Claudia, nella sua disperata irruenza, nel suo dolore, in una vita autentica, che tutti conosciamo bene. Si scava sotto la leggerezza incontrando una storia che potrebbe non essere più recitata. Se poi si torna ancora, si scoprono sempre più dettagli. Si scopre di avere a che fare con un film coraggioso, perché affronta gli amori - tutti gli amori - con una sincerità nuova. Senza filtri, senza pudori, in tutte le sfaccettature possibili.
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Questo è un film da vedere più volte. La prima si ride a crepapelle per i tempi comici impeccabili, per un'ora e mezza di frasi che si fanno tutte ricordare e che spesso strizzano l'occhio a Woody Allen e danno corpo a una sceneggiatura articolata e accuratamente costruita. La seconda volta si entra nella vita di Claudia, nella sua disperata irruenza, nel suo dolore, in una vita autentica, che tutti conosciamo bene. Si scava sotto la leggerezza incontrando una storia che potrebbe non essere più recitata. Se poi si torna ancora, si scoprono sempre più dettagli. Si scopre di avere a che fare con un film coraggioso, perché affronta gli amori - tutti gli amori - con una sincerità nuova. Senza filtri, senza pudori, in tutte le sfaccettature possibili. Le stesse che incarna Claudia, una Lucia Mascino sontuosa (che spicca su un ottimo cast: Trabacchi, Bellè, Iaia Forte) e finalmente protagonista e cuore pulsante del film, che sa incarnare ogni sfumatura restando intensa e vera come solo i grandi sanno fare.
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rinorigodanzo
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lunedì 4 dicembre 2017
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amori malati. per colpa di chi?
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Francesca Comencini non ha dubbi sul fatto che gli amori sono malati perchè le donne non sono più quelle degli anni cinquanta.
Le donne, ancor di più quelle istruite, sono diventate esigenti, egoiste, aggressive e spesso insopportabili per gli uomini.
Come insopportabile e la professoressa Claudia che si scaglia nell'aula universitaria contro il collega professor Claudio, davanti a studenti e colleghi, insultandolo senza alcun vero motivo.
Il povero professor Flavio viene poi sedotto da Claudia prima al ristorante e poi nella vecchia casa che possiede vicino a Roma. Una casa vecchia, insalubre ed isolata in campagna in mezzo ai lupi. Sì perche le donne, quando vogliono, sono potentissime: basta loro un rossetto!
Per una giovane bellissima come Nina è ancor più facile sedurre il povero Flavio, rubarlo a Claudia, farsi sposare e rimanere incinta.
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Francesca Comencini non ha dubbi sul fatto che gli amori sono malati perchè le donne non sono più quelle degli anni cinquanta.
Le donne, ancor di più quelle istruite, sono diventate esigenti, egoiste, aggressive e spesso insopportabili per gli uomini.
Come insopportabile e la professoressa Claudia che si scaglia nell'aula universitaria contro il collega professor Claudio, davanti a studenti e colleghi, insultandolo senza alcun vero motivo.
Il povero professor Flavio viene poi sedotto da Claudia prima al ristorante e poi nella vecchia casa che possiede vicino a Roma. Una casa vecchia, insalubre ed isolata in campagna in mezzo ai lupi. Sì perche le donne, quando vogliono, sono potentissime: basta loro un rossetto!
Per una giovane bellissima come Nina è ancor più facile sedurre il povero Flavio, rubarlo a Claudia, farsi sposare e rimanere incinta.
Per Flavio arriva dunque, seduto ad un tavolino del bar, la maledizione finale di Claudia: "Possa tu avere una figlia che da grande si innamori di un uomo che assomigli a te e che lo faccia soffrire come ho sofferto e sto ancora soffrendo io per te".
Sì perchè oggi a soffrire le pene dell'amore sono soprattutto le donne e non gli uomini.
Bravissima Lucia Mascino a maltrattare Thomas Trabacchi che, poveretto, fa una figura pessima.
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benedetta zelig
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giovedì 30 novembre 2017
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stare al mondo, stare a galla, affrontare la vita
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Cosa succede quando la storia d'amore in cui si è investito tutto giunge a termine? Si aspetta riversi su un letto, con il cellulare tra le mani, e lo sguardo perso nel vuoto, che lui ritorni. inizia così il film di Francesca Comencini, con un'attesa, un eternità presente che divide passato e futuro, che porta dolore, che accentua le nevrosi, che estremizza la fragilità di una donna come Claudia che non depone mai le armi, neanche sotto tortura. "Amori che non sanno stare al mondo", a differenza di quanto dice il titolo, insegna a stare al mondo, o meglio a stare a galla, e a rimettersi ad affrontare il mare aperto della vita, quando anche restare a galla diventa insufficiente e si trasforma in palliativo per non soffrire troppo.
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Cosa succede quando la storia d'amore in cui si è investito tutto giunge a termine? Si aspetta riversi su un letto, con il cellulare tra le mani, e lo sguardo perso nel vuoto, che lui ritorni. inizia così il film di Francesca Comencini, con un'attesa, un eternità presente che divide passato e futuro, che porta dolore, che accentua le nevrosi, che estremizza la fragilità di una donna come Claudia che non depone mai le armi, neanche sotto tortura. "Amori che non sanno stare al mondo", a differenza di quanto dice il titolo, insegna a stare al mondo, o meglio a stare a galla, e a rimettersi ad affrontare il mare aperto della vita, quando anche restare a galla diventa insufficiente e si trasforma in palliativo per non soffrire troppo. E' vita vera, è quotidianità ciò che mette in scena Comencini, ed è interpretata magistralmente da Lucia Mascino e da Thomas Trabacchi in un film che tutti dovrebbero vedere per potersi guardare allo specchio e ritrovare nei propri errori, nelle decisioni affrettate, nei Sì e nei No detti con lasciva noncuranza.
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alberto58
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lunedì 4 dicembre 2017
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più che di amore si parla di mezza età
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Lui ha 52 anni, Lei 45. Entrambi sanno che sta per passare l'ultimo treno. Lei vuole disperatamente un figlio, lo urla in faccia al suo lui che invece pensa che legandosi troppo a lei perdrebbe qualche altra possibilità che ancora ha. Così va a cercaresi la 25 enne illudendosi che sarà quella la donna con cui sarà bello andare a fare la spesa, passare la sera sul divano a guardare la TV. Ma si sbaglia. La giovinezza di lei lo consuma, gli sbatte contro la sua vecchiaia incipiente, lo costringe a performance, non solo erotiche, che lo sfiniscono. Sarebbe stato meglio con la 45 enne, meno sfinente. La 45 enne tira fuori tutta se stessa, quello che viene messo in scena non è tanto una "realtà esagerata" come dice qualche commentatore superficiale, ma puro inconscio mischiatio al reale.
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Lui ha 52 anni, Lei 45. Entrambi sanno che sta per passare l'ultimo treno. Lei vuole disperatamente un figlio, lo urla in faccia al suo lui che invece pensa che legandosi troppo a lei perdrebbe qualche altra possibilità che ancora ha. Così va a cercaresi la 25 enne illudendosi che sarà quella la donna con cui sarà bello andare a fare la spesa, passare la sera sul divano a guardare la TV. Ma si sbaglia. La giovinezza di lei lo consuma, gli sbatte contro la sua vecchiaia incipiente, lo costringe a performance, non solo erotiche, che lo sfiniscono. Sarebbe stato meglio con la 45 enne, meno sfinente. La 45 enne tira fuori tutta se stessa, quello che viene messo in scena non è tanto una "realtà esagerata" come dice qualche commentatore superficiale, ma puro inconscio mischiatio al reale. No c'è niente di "normale" nelle reazioni dei protagonisti, del resto come si a ad essere "normali" (se non di facciata) mentre il tuo corpo cambia e ti annuncia irreversibilment che tutto quello che hai, un pò per volta, giorno dopo giorno, se lo poterà via. Ci accorgiamo, nella mezza età, che l'unica cpsa che ci salva dall'angoscia di invecchiare per poi dover morire è l'amore, con tutte le illusioni assurde che si porta dietro, assurde, tutt'altro che normali, ma in grado di eclissare la morte, come se non esistesse. E' questo che guida i protagonisti, specialmente lei che sta per andare "fuori mercato" ed è contro questa assurdità che chiamiamo vita che ural con tutta la sua forza la protagonista. Per poi arrendersi nell'ultima scena in cui cammina su un ponte di Roma
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valterchiappa
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sabato 2 dicembre 2017
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a volte amare è difficile. ma ne vale la pena.
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Chi vorrà leggere una recensione di “Amori che non sanno stare al mondo” è forse meglio che cerchi un altro articolo.
Noi parleremo di Claudia. Perché l’abbiamo amata. E parleremo, anzi loderemo senza fine Lucia Mascino. Non è una questione tecnica, qui si parla di sentimento. Tale e talmente palpabile è l’amore viscerale che Lucia ha riversato sul suo personaggio, trasparente da ogni sguardo, da ogni espressione; tale è il potere, proprio dei grandi attori, di trasferire per osmosi su noi che guardiamo tutto quell’amore, che ogni altra considerazione passa necessariamente in second’ordine.
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Chi vorrà leggere una recensione di “Amori che non sanno stare al mondo” è forse meglio che cerchi un altro articolo.
Noi parleremo di Claudia. Perché l’abbiamo amata. E parleremo, anzi loderemo senza fine Lucia Mascino. Non è una questione tecnica, qui si parla di sentimento. Tale e talmente palpabile è l’amore viscerale che Lucia ha riversato sul suo personaggio, trasparente da ogni sguardo, da ogni espressione; tale è il potere, proprio dei grandi attori, di trasferire per osmosi su noi che guardiamo tutto quell’amore, che ogni altra considerazione passa necessariamente in second’ordine.
Claudia è esuberante, passionale, impulsiva, ansiosa, ipersensibile. Ama senza pensarci un secondo, non soffre ma “sta per morire”, si arrabbia, è felice, sviene, piange (tutte le notti). Ma Claudia è anche una guerriera, di quelle che non si arrendono mai. E se per le sue idee sguaina la spada, per difendere il suo amore si tuffa senza esitare in un oceano di sofferenza.
“Amori che non sanno stare al mondo” è la storia della sua affrancazione da quell’amore, anzi dall’amore, perché l’amore non può essere sostituito, ma solo metabolizzato.
Claudia (Lucia Mascino) a Flavio (Thomas Trabacchi) si amano. Ma amare Claudia è difficile. Perché lei vuole tutto. Altrimenti ti travolge con le sue domande. Flavio, posato e vanesio docente universitario e collega di Claudia, con lei si diverte. Ma alla fine, “per non soffrire più”, sceglie la strada più facile: farsi accalappiare da una giovane studentessa (Camilla Semino Favro) e ridurre le sue preoccupazioni alla tenuta degli addominali e alla durata delle performance. Claudia assilla una amica paziente (Carlotta Natoli), cerca rifugio in un amore saffico con una giovane allieva (Valentina Bellè). Ma va dritta. Come un’eroina mitologica non tradisce mai la sua idea. Sarà l’idea ad abbandonare lei, lasciandola libera di correre verso il futuro.
A questo straordinario personaggio Lucia Mascino dona tutta sé stessa, anima e corpo, andando oltre la qualità dell’interpretazione. Claudia è il suo oggetto di amore, cui si adegua in tutto e per tutto, non recitando, ma amando indefinitamente e senza condizioni.
Ora possiamo passare a fare il nostro dovere di critici. I meriti di Francesca Comencini, che ha adattato per lo schermo un suo romanzo, sono indiscutibili. Oltre Claudia, statua perfetta, modella perfettamente i suoi personaggi, creando fra loro un equilibrato contrappunto. Il percorso della sua protagonista si srotola in maniera fluida e credibile. Il tema sentimentale è in giusta misura alleggerito dal registro comico. Curata anche la confezione, in particolare il montaggio con un equilibrato utilizzo dei rimandi temporali. Convincenti anche gli altri interpreti, con Trabacchi perfettamente nella parte. Rimandata al mittente l’accusa di utilizzare luoghi comuni in materia di rapporti di coppia: parlare di ciò che è “comune” non è forse raccontare la vita?
Il peccato della Comencini è di non abbandonare completamente il romanzo o meglio l’idea del trattato sentimentale. Inserisce infatti fra le battute aforismi, aggiunge, sia pur con sapidi inserti, le sue provocatorie teorie, distraendo da una vicenda cui sarebbe stato sufficiente essere raccontata.
Completato il nostro compito, possiamo tornare a pensare a Claudia. Certo, lo abbiamo compreso: per alcuni amori è difficile stare al mondo. Ma forse ne sarebbe valsa la pena.
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