ibba1
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domenica 21 febbraio 2021
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una fiaba leggera e colorata
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Quasi ogni volta che un film strizza l'occhio al grande pubblico, con soluzioni commerciali, smielate o prevedibili, fioccano stroncature e pesanti insufficienze, a partire dalla valutazione di my movies. Per fortuna c'è anche gente che ha una sensibilità per delle storie raccontate con gusto e leggerezza, come questa, che tanti hanno apprezzato. Oltre al film, bellissime le ambientazioni e i colori. Quattro stelle e mezzo per me, ma ne do 5 per bilanciare le incomprensibili recensioni negative
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miciu
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domenica 17 gennaio 2021
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seconda chance
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non mi è piaciuto il finale perchè questa volta mi sarebbe piaciuto il finale classico romantico banale come dicono tante persone tra i i 2 protagonisti ci avrebbe insegnato tanto l'amore tra una persona normodotata e una disabile parlo cosi perchè ho una amica sulla sedia a rotelle e le voglio bene lei guida è fidanzata lavora vive da sola e ha cambiato vita si è data una seconda possibilità ha anche sofferto ma vive, scegliere la strada più facile non è sempre giusto, poi ognugo nella vita puo fare quello che vuole
maria elena napoli
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mercoledì 13 gennaio 2021
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pioggia di emozioni
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Il film è molto bello e ti fa riflettere sulla qualità della vita da sano e da paraplegico, le emozioni sono un susseguirsi di pensieri che si affollano nella mente e ti fanno piangere pensando alla decisione dell'interprete che manchera ai genitori e a lei che è innamorata di lui e della vita
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watanabe
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sabato 19 settembre 2020
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confronto e curiosità
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Mi piacerebbe confrontarmi con chi ha visto il film e letto il libro. E ho anche delle curiosità...magari qualcuno è più illuminato di me! Grazie
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very
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venerdì 4 settembre 2020
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l'amore non sempre vince
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Avevo letto il libro in un giorno solo. Tutto d'un fiato. E avevo pianto. Convinta che il film non mi avrebbe emozionato come il libro, l'ho guardato. Un brivido continuo, tra amore e dolore. Abbiamo tutti sperato che Will cambiasse idea...ma l'amore non sempre vince. Vorrei tanto vedere il continuo….
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toty bottalla
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venerdì 24 maggio 2019
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tema delicato trattato in favola agrodolce!
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Le sorti della vita che ti colpisce duro affidate ad una decisione drastica, definitiva e certamente drammatica, il film di Thea Sharrock ci risparmia la vera sofferenza di chi come William vive l'incubo, e così il racconto scorre in maniera prevedibile e in qualche modo rassicurante, l'amabile Louisa ha il cuore d'oro ma non ha soldi William decide di morire ma ne ha tanti e li usa bene, i tratti della favola ci sono tutti, amara certo, che ci lascia perplessi e senza parole, che ci commuove e ci fa riflettere impotenti d'innanzi al nostro destino! Saluti.
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vanessacasu
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domenica 26 novembre 2017
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film non consigliato ai disabili!
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Ho appena finito di vedere il film e ne sono rimasta shockata. Sono una ragazza non vedente e lo sono diventata, il tema della disabilità “accidentale” viene trattato in modo da non lasciare speranza. Spero che tutte le persone disabili come me possano guardare, o anche solo ascoltare, questo film con la consapevolezza che il tempo genera delle forme di adattamento che possono stupire anche lo stesso disabile. Per favore non arrendetevi mai perché, anche se il protagonista non potrà più correre, come io non potrò più vedere, c’e sempre UN MODO PER VIVERE, per tutti.
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barbyrosemarie
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mercoledì 18 ottobre 2017
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vivi e considera in pienezza la tua vita.
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Con la premessa che ogni libertà va rispettata e nessuno di noi ha il diritto di giudicare, può solo porre una riflessione, pongo due considerazioni sul tema dell'eutanasia nel film.
1) La mia riflessione è sulla libertà della propria vita che vedo legata al sentimento dell'amore e del bene, allora ci si può chiedere se l'eutanasia sia un vero bene per ogni persona che è colpita gravemente nella malattia? Ogni cosa non capita a caso,e tutto ciò che è e che succede può concorrere al bene.
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Con la premessa che ogni libertà va rispettata e nessuno di noi ha il diritto di giudicare, può solo porre una riflessione, pongo due considerazioni sul tema dell'eutanasia nel film.
1) La mia riflessione è sulla libertà della propria vita che vedo legata al sentimento dell'amore e del bene, allora ci si può chiedere se l'eutanasia sia un vero bene per ogni persona che è colpita gravemente nella malattia? Ogni cosa non capita a caso,e tutto ciò che è e che succede può concorrere al bene. La non-vita nella pienezza fisica può essere anche un dono per l'altro e riservare un piano diverso di autocomprensione della vita stessa.
2) La società odierna vede solo l'efficientismo, il consumismo, la realizzazione di sè, tutto ciò che non dà la possibilità di essere attore è emarginato. Le nostre strade sono limitate, perchè la nostra visione non è totalizzante.
Will il protagonista da uomo di successo, bello abile, ricco, amato, diventa tetraplegico, cambia la visione della sua vita e conosce nella malattia una dimensione nuova del sentimento d'amore, diversa da quella di prima, apprezza Louisa, una ragazza semplice che forse non avrebbe mai guardato prima, ma che ora rappresenta per lui il solo e vero sentimento d'amore e pur scegliendo l'eutanasia, confida in lei come continuità di un futuro, donandole i suoi beni, perchè possa vivere in pienezza quella vita che lui si costringe a lasciare.
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valterchiappa
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martedì 17 ottobre 2017
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minestrone sentimentale
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Magari non era nelle intenzioni di Jojo Moyes, sceneggiatrice ed autrice del romanzo da cui è tratto il film. Ma “Io prima di te” non sembra altro che una giustapposizione di cose già viste. O, meno benevolmente, un minestrone riscaldato più volte. La ricetta? Base: “Quasi amici” e poi tre dosi di “Pretty woman”, una di “My fair lady”, una spruzzata di “Amelie” e il gioco è fatto.
L’incipit è spudoratamente simile a quello del film francese: un ricco rimasto tetraplegico, un (o in questa caso una) badante piovuto per caso. Ma, se nella commedia di Olivier Nakache e Éric Toledano, la dialettica fra il malato e il suo assistente è resa frizzante dalla antiteticità sociale dei due protagonisti (l’aristocratico ed il nero delle banlieue), fornendo così spunto per una satira diluita ma pur sempre irriverente sui contrasti della società francese, la Moyes preferisce condire tutto in salsa rosa, riproponendo l’eterna favola romantica.
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Magari non era nelle intenzioni di Jojo Moyes, sceneggiatrice ed autrice del romanzo da cui è tratto il film. Ma “Io prima di te” non sembra altro che una giustapposizione di cose già viste. O, meno benevolmente, un minestrone riscaldato più volte. La ricetta? Base: “Quasi amici” e poi tre dosi di “Pretty woman”, una di “My fair lady”, una spruzzata di “Amelie” e il gioco è fatto.
L’incipit è spudoratamente simile a quello del film francese: un ricco rimasto tetraplegico, un (o in questa caso una) badante piovuto per caso. Ma, se nella commedia di Olivier Nakache e Éric Toledano, la dialettica fra il malato e il suo assistente è resa frizzante dalla antiteticità sociale dei due protagonisti (l’aristocratico ed il nero delle banlieue), fornendo così spunto per una satira diluita ma pur sempre irriverente sui contrasti della società francese, la Moyes preferisce condire tutto in salsa rosa, riproponendo l’eterna favola romantica.
Nel suo progetto Sam Claflin è al posto giusto: con il suo indiscutibile sex appeal, costituisce senz’altro un efficace richiamo per lo stuolo di giovinette o signore âgé (forse più le seconde) ancora legate al mito del Principe Azzurro. Emilia Clarke invece, dismessi i succinti panni di Daenerys Targaryen in “Game of Thrones”, non ha la verve irresistibile di Omar Sy, né sostituisce la fisicità dell’attore senegalese con le doti da Venere tascabile, che appaiono sulle copertine delle riviste da parrucchiere. Improponibile poi il confronto con la più nota Cenerentola dei tempi moderni, la Vivian di “Pretty woman” (il cui plot peraltro è un riferimento cui sicuramente la sceneggiatura ha prestato attenzione): lontani anni luce il fascino magnetico di Julia Roberts e il sorriso che ha stregato più di una generazione, assente la trasgressività del personaggio. Che ruolo viene affidato allora alla povera Clarke? Quello di una ragazza ingenua, goffa e un po’ svampita, paludata con abitini da bambola, calze multicolori e scarpe improponibili. Un po’ Amelie, ma senza la surrealtà del personaggio di Audrey Tautou e senza il tono favolistico del film di Jean-Pierre Jeunet; un po’ Eliza Doolittle, ma senza la grazia inarrivabile di Audrey Hepburn. Un ruolo cui l’attrice inglese si presta offrendo un fisico rotondetto ed una recitazione fatta di smorfiette, occhi sgranati e pose vezzose.
Preparati gli ingredienti il film va avanti da solo su binari già tracciati. Louisa Clark è una ragazza di paese in cerca di lavoro; William Traynor è il rampollo della nobile famiglia locale, come ogni buon Principe Azzurro, bello, ricchissimo e proprietario di un castello (è quello di Pembroke, nella provincia gallese). Lui, a seguito dell’incidente che lo ha reso invalido, ha dovuto abbandonare la brillante carriera di manager ed una vita spericolata, chiudendosi in una solitudine carica di rancore; lei, che, carica di colori e d’allegria, entra nella sua esistenza come una fresca ventata di primavera, saprà addolcirlo. Inevitabile l’amore. Ma, ad aggiungere lacrime alle lacrime, sul loro destino grava, come una spada di Damocle, una inesorabile decisione.
Scontata la storia, scontate anche le dinamiche della coppia: lui diventa naturalmente Pigmalione, lei si cala immediatamente nei panni dell’angelo salvifico. Impressiona poi l’aderenza con cui il susseguirsi degli episodi ricalca i riferimenti cinematografici summenzionati: si va dalla giornata all’ippodromo (“My fair lady”), al concerto classico in abito di gala (“Pretty woman”), con immancabile commozione della piccola fiammiferaia. E non può mancare la scena del ballo, ovviamente adattata alla situazione. Chiamiamole citazioni.
Eppure, nonostante tutto ciò, la regista Thea Sharrock riesce nel compito. Le lacrime sgorgano copiose, il cuoricino si stringe, le farfalline svolazzano davanti agli occhi. Azzecca pure qualche frase ad effetto (“Non voglio rientrare ancora. Voglio essere un uomo che è stato a un concerto con una ragazza vestita di rosso, ancora per qualche minuto.”), mentre la colonna sonora, come sempre in questi casi, fa la sua parte (tanto Ed Sheeran basta e avanza). Ed in più c’è un messaggio, facile facile, ma su cui si può dibattere con interesse.
Ci sono serate in cui il pensare ci è particolarmente grave, serate in cui ci piace essere ancora bambini in attesa di una nuova favola da ascoltare, serate in cui riponiamo in un cassetto il noioso gusto critico e ci basta poco per ridere, piangere o sognare.
Se ve ne capita una, è la serata giusta per andare a vedere “Io prima di te”.
Voto: 6
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pierronchetti
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giovedì 7 settembre 2017
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la dolcezza non basta
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Louisa, cameriera in un bar, viene improvvisamente licenziata e si mette a cercare lavoro. Lo trova presso una ricca famiglia americana. Dovrà assistere il figlio Will, un trentenne divenuto tetraplegico a causa di un incidente in moto. Dapprima il compito è difficile ma lei, con la sua genuina semplicità riesce a far breccia nel cuore di un ragazzo ferito a morte dalla vita. Oscillante tra la commedia lacrimevole e la tragedia sorridente, il film, pur essendo ben recitato dai due simpatici protagonisti, non convince perché tenta diverse strade e non ne imbocca con decisione nessuna. Peccato, una buona occasione sprecata.
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