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Bel documentario fin troppo simbolico all’epoca del trionfo nell’attualità della retorica su Europa sì- Europa no e sui miti dei tunnel come potrebbero essere i ponti che collegano, nella fattispecie Italia e Francia , che se ne dica due “cardini” di questa “mitica” Europa. Alle suggestive immagini di repertorio dell’ Istituto Luce si alternano interviste ai protagonisti di oggi e di ieri del traforo: l’ingegnere, anzi gli ingegneri, il francese e l’italiano che ricordano i momenti delle perforazioni con le diverse tecniche e la loro quasi gara a chi arriva prima a spezzare il diaframma. Belle le immagini della maestosità ingegneristica e solennità del budello sotto la montagna e l’altrettanto maestoso paesaggio esterno che lo ospita. Le varie sezioni nelle quali è organizzato il documentario mostrano didascalicamente poi lo svolgersi nei vari turni di lavoro delle opere di manutenzione, con tanto di riunioni e focus group in spettacolari gabbiotti e uffici dentro il tunnel, non poteva mancare il richiamo al famoso e disastroso incendio e la speculazione filosofica, questa volta tutta francese da parte del teorico dei non luoghi, Marc Augè, che quale miglior appiglio non potesse trovare per le sue elucubrazioni negli ambienti di lavoro del tunnel e nelle immediate sue vicinanze nei suoi piazzali esterni e pure dentro il tunnel stesso …bè in fondo non ha che ragione. La citazione è d’obbligo: l’operaio che dice che il senso del loro lavoro all ‘interno del tunnel è “quello di catturare quello che c’è più di impalpabile, l’aria” e via a seguire con immagini di grandi ventole, sfiatatoi e macchinari per la condensazione dell’aria all’interno della galleria. Ovvio che un documentario del genere non potesse che essere una coproduzione italo francese e per la parte italiana di Minimum fax (media), sempre molto attenta a tematiche del tutto particolari e per certi versi residuali.
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