La Dreamworks e Rob Minkoff pescano bene nel lago dei sogni animati, tanto che già nel lettering di testa scorgiamo Mr. Peabody lenza in mano sopra il logo della casa di Spielberg, Katzenberg, Geffen: così tornano dal passato di una serie tv americana anni ‘50 (Peabody’s Improbable History) due personaggi che per un’ora e mezzo ci portano in giro per il mondo a imparare.
Si tratta del beagle Mr. Peabody e del figlio adottivo Sherman: un bambino di 6 anni adottato ancora in fasce – caso più unico che raro – da un cane che ha dedicato la propria vita alla ricerca della conoscenza, primeggiando in qualsiasi disciplina umana sino a ricevere il premio Nobel. Un cagnolino occhialuto che, per rendere curioso della vita il figlioletto Sherman, ha deciso di inventare il Tornindietro (WABAC nell’originale), una macchina del tempo per viaggiare nel passato e conoscere direttamente la Storia nel momento in cui prende vita.
I due si lanciano di continuo in avventure dal gusto pioneristico, finché per il piccolo Sherman inizia l’avventura più grande: quella della scuola. Con un padre come Mr. Peabody – letterato, inventore, scienziato, atleta – non v’è argomento che sfugga a Sherman rispetto ai suoi compagni di classe, tanto da correggere la saputella Penny Peterson salvo poi subirne l’affronto (“Anche tu sei un cane”) che lo porta al litigio e al rischio per Mr. Peabody di perderne la custodia sotto la corpulenta minaccia di Miss Grunion.
Ma Mr. Peabody è un uomo – pardon, un cane – dalle mille risorse, tanto da organizzare a casa propria (un attico a New York City) una cena riparatrice con la famiglia Peterson. Ma mentre è impegnato nello strabiliare i genitori con le sue arti da chef, chiropratico, ballerino, cantante e barman, Sherman fa quello che gli era stato vietato: mostra a Penny il Tornindietro, che la blocca nell’Egitto di Tutankhamon. Così, cominciano anche per noi le piroette temporali in compagnia di Mr. Peabody e Sherman, che si precipitano a salvare Penny, prima di rimbalzare nella Firenze di Leonardo da Vinci e dentro l’impresa greca del cavallo di Troia.
Qui le cose si complicano e i due (nuovi) amichetti, col cruccio d’aver perduto Mr. Peabody nel suo tentativo di salvarli, decidono di tornare a qualche ora prima nell’appartamento, contravvenendo alla regola di viaggiare in un tempo nel quale sono presenti due se stessi. Ma Mr. Peabody non era morto e il paradosso temporale crea un cortocircuito che rischia di far collassare il presente, precipitandovi oggetti e personaggi della Storia passata.
Poi, eccoci nel centro della città con Sherman che afferma “Anch’io sono un cane”, seguito a ruota da Leonardo Da Vinci, Tutankhamon, Agamennone, Odisseo, i Peterson, Robespierre, Maria Antonietta, Albert Einstein, in un coro crescente che si chiude con Penny e immediatamente riporta alla mente le scene di In & Out e Spartaco, mentre ci scortano ancora le morbide note di Danny Elfman.
Ci portano sino alle parole di George Washington che ridanno la libertà a Mr. Peabody, stringendo padre e figlio in un abbraccio/propulsore all’idea che trasforma l’ingenuo Sherman in un genio come suo papà: verso il futuro con il WABAC per ricucire lo strappo nel continuum spazio-temporale. Un’ultima missione per un duo al quale ci siamo affezionati: ispirati dai precisi stimolanti insegnamenti di Mr. Peabody e da un sottile umorismo che Sherman ha fatto suo per naturale osmosi. Come il sapere tramandato da un padre a un figlio, al di là di ogni diversità.
[+] lascia un commento a andrea alesci »
[ - ] lascia un commento a andrea alesci »
|