pepito1948
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martedì 26 febbraio 2013
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un apologo attualissimo
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Il tema dei gemelli come doppio non è nuovo nel cinema come in letteratura o nella mitologia, talora per rappresentare le somiglianze ma più spesso le difformità, le due anime che si confrontano o si combattono, la bifaccialità dell’uomo. Senza arrivare all’estremismo prefreudiano di Stevenson (lotta tra il bene e il male), anche le leggendarie origini di Roma si dipartono dallo scontro primordiale tra razionalità, saggezza, pietas (Romolo) e irrazionalità, irruenza, empietà (Remo), con conseguente vittoria delle prime sulle seconde. Nel cinema dalla gemellarità simbolica dei Duellanti di Scott, che si combattono a lungo senza esclusione di colpi, si arriva agli Inseparabili di Cronenberg, uniti in una perversa alleanza fino alla morte.
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Il tema dei gemelli come doppio non è nuovo nel cinema come in letteratura o nella mitologia, talora per rappresentare le somiglianze ma più spesso le difformità, le due anime che si confrontano o si combattono, la bifaccialità dell’uomo. Senza arrivare all’estremismo prefreudiano di Stevenson (lotta tra il bene e il male), anche le leggendarie origini di Roma si dipartono dallo scontro primordiale tra razionalità, saggezza, pietas (Romolo) e irrazionalità, irruenza, empietà (Remo), con conseguente vittoria delle prime sulle seconde. Nel cinema dalla gemellarità simbolica dei Duellanti di Scott, che si combattono a lungo senza esclusione di colpi, si arriva agli Inseparabili di Cronenberg, uniti in una perversa alleanza fino alla morte. Anche la gemellarità apparente (non biologica) è stata ampiamente sfruttata dal cinema con l’espediente dello scambio dei sosia, soprattutto nel filone della commedia; basti ricordare Il marchese del Grillo o Johnny Stecchino, per rimanere in casa nostra.
Nel film di Andò il tema dei gemelli che si sostituiscono viene calato in una parte del contesto politico attuale, ben individuabile perfino dai colori dei teatri o dei comizi. Il Segretario X , schiavo di schemi mentali precostituiti, rigido nella sua andatura lineare e frettolosa, faccia tesa e stanca, va in crisi e si eclissa, gettando nel panico il partito; non c’è alternativa migliore che sostituirlo con il fratello Y, filosofo matto dall’andatura a zig-zag, fuori dagli schemi convenzionali, linguaggio spontaneo e poetico, faccia sorridente ed ironica; in sostanza un uomo libero. Ed è la sua libertà imprevedibile e multiforme che conquista là dove l’altro stava fallendo, accorcia le distanze dalla gente usando come grimaldelli emotivi haiku e poesia al posto di discorsi triti e stantii. Gli opposti X e Y, separati per anni, fanno percorsi paralleli di trasformazione, agiscono in sintonia aiutandosi a darsi una nuova identità, si riavvicinano fino a ricompattarsi nella totale indistinguibilità: il povero segretario mediatore spierà dubbioso il gemello seduto sulla sedia del potere, per capire da qualche particolare, come le scarpe, chi sarà il “nuovo” segretario del partito.
Andò ci investe in piena campagna elettorale con un’opera in cui innesta sul tema altamente drammatico dello scontro politico in atto, fatto di squallore e volgarità, un apologo al limite della fiaba, in cui delinea il personaggio ideale vagheggiato ed inutilmente atteso dai molti delusi dalla liturgia immobile e pietrificata della nostra politica: creatività colorita contro grigia monotonia, sinuosità contro rettilinearità, fantasia rutilante contro spento piattume. E chi vuole intendere intenda. Tutto questo Andò esprime attraverso l’uso della poesia sia come strumento di comunicazione emozionale sia come elemento diegetico (l’haiku e l’opera di Brecht declamati dal gemello Y come espressione del proprio pensiero) e ciò per dare un senso alato ad un segmento delle relazioni umane –il rapporto tra il cittadino e le istituzioni- forse mai caduto così in basso. Dunque il marchio nobilitante della poesia cui si aggiunge la valenza fortificante di Verdi, simbolo di potenza, intensità, passione, presente sia nella colonna sonora sia simbolicamente nel cognome dei gemelli Ernani: il brigante demagogo ed il brigante ribelle si fondono, come per dire: se cambiamo e ci uniamo forse si può fare. Davvero un film di cui avvertivamo un gran bisogno.
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olgadik
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mercoledì 27 febbraio 2013
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la libertà (vigilata) del doppio
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Mano leggera ma attenta alla complessità questa di Roberto Andò, anche perché il racconto, pur trattando di onorevoli, di partiti, di opposizioni, ecc., si dilata ben presto a un’analisi a strati, che tocca l’essere umano in generale. Perciò, mentre da un lato si punta al recupero di un nuovo linguaggio da parte di chi dovrebbe rappresentarci, dall’altra Andò interpreta, senza grandi descrizioni ma con azioni semplici e segnali quasi impercettibili – un gesto, un’occhiata, un sorriso – la condizione umana. Narrando in forma naturale e scorrevole, ma non senza tratti di poesia, il regista ci porta a un finale aperto e riprende lo spunto di partenza: il tema del doppio che è in ciascuno di noi.
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Mano leggera ma attenta alla complessità questa di Roberto Andò, anche perché il racconto, pur trattando di onorevoli, di partiti, di opposizioni, ecc., si dilata ben presto a un’analisi a strati, che tocca l’essere umano in generale. Perciò, mentre da un lato si punta al recupero di un nuovo linguaggio da parte di chi dovrebbe rappresentarci, dall’altra Andò interpreta, senza grandi descrizioni ma con azioni semplici e segnali quasi impercettibili – un gesto, un’occhiata, un sorriso – la condizione umana. Narrando in forma naturale e scorrevole, ma non senza tratti di poesia, il regista ci porta a un finale aperto e riprende lo spunto di partenza: il tema del doppio che è in ciascuno di noi. Infatti, dopo alcune sequenze della prima parte, il racconto prosegue con due percorsi paralleli nell’evolversi della psicologia e della vicenda esistenziale dei due protagonisti, gemelli fra loro. L’uno, Enrico, fugge da una realtà politica ormai inaridita, semplice routine che non sa rispondere ai bisogni reali, priva di passione per troppa abitudine al potere. Quindi, credendo di chiarire a se stesso cosa fare della sua esistenza, si rifugia in Francia, presso una vecchia fiamma che lavora nel cinema,sposata a un regista e con una figlioletta quasi adolescente. L’altro, Giovanni, filosofo di professione, vittima di una altalenante e tranquilla follia con ricovero in casa di cura fino a un anno prima, viene usato dal clan del fratello come sosia. In tale modo scopre che la sua disponibilità, il suo umorismo, l’aderenza spontanea e accogliente al prossimo, conquistano poco a poco il consenso e il plauso dei suoi e dei cittadini, i quali vedono finalmente la politica usare vesti e linguaggi nuovi. Intanto il fuggitivo va ritrovando un senso alle sue azioni e riscopre gli affetti, il tempo libero, la dolcezza di confrontarsi con chi ci ama. Alla fine dei due percorsi non sappiamo bene se il vero Enrico ritorna a fare il politico di professione, mostrandosi nei comportamenti simile al fratello o se è Giovanni quello che resta al suo posto. Mistero del doppio e del sorriso che aleggia in chiusura sulle labbra di Toni Servillo. Due parole per concludere su quest’ultimo e sugli altri interpreti. Servillo, ormai mattatore in certi ruoli e con noti registi, tra cui Sorrentino e Garrone, è qui impegnato nel compito più complicato del doppio, visto che da solo interpreta i due protagonisti. Lo fa, come sempre, con enorme professionalità, ma cominciando a sentire il peso di un personaggio (quello dell’onorevole Enrico) che si ripete, pur affinandosi nel tempo. Più nuova e indovinata mi sembra invece la performance che riguarda il filosofo un po’ folle e il suo carattere, fondamentalmente saggio, proprio di chi non ha mai pensato che il lavoro esaurisca la vita di un uomo. Vorrei citare poi, oltre Valerio Mastandrea, perfetto nel ruolo dell’assistente-mamma, il cammeo di Gianrico Tedeschi, che mi ha ricordato due grandi vecchi (Foa e Bobbio) che della politica hanno fatto scuola di vita. Infine ricorderei le sottili interpretazioni al femminile di Michela Cescon, la moglie dell’onorevole, e di Valeria Bruni Tedeschi l’ex-amante francese di ambo i gemelli, e in particolare quel brano di film in cui l’autore paragona il cinema alla politica, in quanto arti legate alla finzione. Quest’ultima mi sembra davvero un’affermazione interessante e da discutere a lungo…
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achab50
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lunedì 13 aprile 2015
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beati i pazzi
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La follìa è sempre stata, storicamente, considerata un dono divino, ed infatti ai pazzi ci si rivolgeva per conoscere il futuro, per ricevere consigli dalla divinità, per meditare sulle situazioni più grandi di noi.
Non meraviglia dunque che un fratello bipolare possa gestire meglio un partito politico di uno "normale" ed in tutta franchezza palloso assai.
Sono queste pellicole d'alto artigianato, che tuttavia non si impancano in contorte indagini psicanalitiche come a volte succede alle opere di origine americana, che riconciliano con cinema nostrano.
Tutto ben congegnato, tutto addirittura credibile, raffinata la colonna sonora che accompagna e non sottolinea.
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La follìa è sempre stata, storicamente, considerata un dono divino, ed infatti ai pazzi ci si rivolgeva per conoscere il futuro, per ricevere consigli dalla divinità, per meditare sulle situazioni più grandi di noi.
Non meraviglia dunque che un fratello bipolare possa gestire meglio un partito politico di uno "normale" ed in tutta franchezza palloso assai.
Sono queste pellicole d'alto artigianato, che tuttavia non si impancano in contorte indagini psicanalitiche come a volte succede alle opere di origine americana, che riconciliano con cinema nostrano.
Tutto ben congegnato, tutto addirittura credibile, raffinata la colonna sonora che accompagna e non sottolinea.
C'è ancora bisogno di citare Tony Servillo? No certo, invece si resta deliziati dall'ormai centenario Gianrico Tedeschi che offre qui una divertita interpretazione... di sè stesso, perchè, come tutti i grandissimi animali da palcoscenico, è arrivato ad un punto tale di raffinatezza che potrebbe interpretare qualsiasi ruolo, anche quello di Emma in Madame Bovary, senza che nessuno trovi niente da ridire!
Sicura la regia, comprimari perfettamente nella parte, il classico film che si guarda sino alla fine dell'ultima scritta per il dispetto che sia già terminato!
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aesse
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martedì 19 febbraio 2013
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1+1=1
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1 + 1 = 1
Toni Servillo separando i 2 emisferi cerebrali in lui evidentemente, per l’attore eccezionale che è ben integrati, dà vita ad Enrico Oliveri e Giovanni Ernani, i due protagonisti della storia che ci racconta “ Viva la Libertà” opera prima di Roberto Andò. Trasmigrando dalle pagine di “Trono Vuoto” opera dello stesso Andò in cui nascono verso il grande schermo i 2 protagonisti, non perdono di pregnanza piuttosto si arricchiscono di un ammiccamento benigno che vitalmente coinvolge gli spettatori di questo bel film che è tipicamente italiano nell’accezione più nobile del termine.
Enrico e Giovanni sono 2 gemelli che non si vedono da 25 anni ed ognuno di essi vive e sente solo ciò che attiene ad un solo emisfero del cervello.
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1 + 1 = 1
Toni Servillo separando i 2 emisferi cerebrali in lui evidentemente, per l’attore eccezionale che è ben integrati, dà vita ad Enrico Oliveri e Giovanni Ernani, i due protagonisti della storia che ci racconta “ Viva la Libertà” opera prima di Roberto Andò. Trasmigrando dalle pagine di “Trono Vuoto” opera dello stesso Andò in cui nascono verso il grande schermo i 2 protagonisti, non perdono di pregnanza piuttosto si arricchiscono di un ammiccamento benigno che vitalmente coinvolge gli spettatori di questo bel film che è tipicamente italiano nell’accezione più nobile del termine.
Enrico e Giovanni sono 2 gemelli che non si vedono da 25 anni ed ognuno di essi vive e sente solo ciò che attiene ad un solo emisfero del cervello. Quello sinistro tutto razionalità e zero emozioni, Enrico segretario di un grande partito di sinistra in crisi… mentre Giovanni professore di filosofia che scrive saggi con lo pseudonimo di Giovanni Ernani, e c’è tanto Verdi nella colonna sonora potente e protagonista, esprime con generosità, emotività e creatività e quindi autenticità tutte prerogative dell’emisfero destro al punto che per la nostra società, che non gli trova adeguata collocazione nel conosciuto consesso umano, è da individuare come un folle da manicomio.
La crisi del gemello politico, che innanzi tutto è cambiamento, promuove una sostituzione di ruoli in cui Giovanni si muove a proprio agio e quindi con grande successo. Naturale e tranquillo in comizi, incontri e apparizioni pubbliche sfoggia quel volto inedito che gli regala un massiccio consenso fino a portare il suo partito, italiano e di sinistra, ad un gradimento del 66%...
Il viaggio a ritroso nel tempo, recuperando passioni antiche, amori e quindi il proprio senso faranno riapparire il gemello fuggitivo, le cui vicende nello scorrere della narrazione sempre più si accavallano con quelle del nostro eroe Giovanni Ernani proprio mentre l’altro se ne va. Non più esasperatamente diversi quindi ma, 1+1 unici e indistinguibili, così come accadrebbe ad ognuno di noi qualora fossimo capaci di recuperare il proprio gemello sacrificato sull’altare della tetragona coerenza e della morte dei sogni. Ma non è un sacrilegio per un politico parlare di Passione anzi ne promuove liceità in chi ascolta che prima di essere di una parte o dell’altra è un uomo che convintamente potrà accordargli il proprio consenso.
Se la visionarietà propria del buon cinema creerà un valido prodromo anche per il futuro della nostra politica so che saremo in tanti ad accogliere tale cambiamento con sollievo… per ora possiamo attivamente sperarlo!
ANTONELLA SENSI
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stefanomaria
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venerdì 8 marzo 2013
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la fantasia al potere
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Quando comincio a scrivere di un testo (un libro, un documentario, un film…), incontro sempre una certa difficoltà, un vago sentimento di impazienza misto a timore e impotenza, nel senso che avverto la quasi totale certezza che non riuscirò ad esprimere tutto ciò che ho sentito quando sono entrato in contatto, per la prima volta, con la materia che dovrò trattare…
Ed allora, conscio di questo mio limite, inizio a descrivervi il film che ho visto ieri sera: ‘Viva la libertà’. Roberto Andò è un regista del quale ho dovuto andare a informarmi sul web; confesso anche che non ho letto il libro, e forse, da alcuni commenti che ho scorso, è stato un bene: il confronto tra libro e film, nella maggior parte dei casi, è sfavorevole al secondo, spesso a torto.
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Quando comincio a scrivere di un testo (un libro, un documentario, un film…), incontro sempre una certa difficoltà, un vago sentimento di impazienza misto a timore e impotenza, nel senso che avverto la quasi totale certezza che non riuscirò ad esprimere tutto ciò che ho sentito quando sono entrato in contatto, per la prima volta, con la materia che dovrò trattare…
Ed allora, conscio di questo mio limite, inizio a descrivervi il film che ho visto ieri sera: ‘Viva la libertà’. Roberto Andò è un regista del quale ho dovuto andare a informarmi sul web; confesso anche che non ho letto il libro, e forse, da alcuni commenti che ho scorso, è stato un bene: il confronto tra libro e film, nella maggior parte dei casi, è sfavorevole al secondo, spesso a torto. Ieri sera sono andato al cinema un po’ ‘sottotono’, in uno stato d’animo che i francesi definiscono così precisamente (scoglionato…), e quindi non particolarmente ben disposto; le prime immagini mi hanno fatto tremare le vene e i polsi, temevo il solito polpettone retorico sulla politica e sull’etica, scontato, noioso e triste… ed invece, un coniglio grosso come una casa è saltato fuori dal cilindro, rappresentato dalla comparsa sulla scena del gemello dell’onorevole Oliveri! Oddio, la trovata dello scambio di persona in un plot non è propriamente una novità, nella storia del cinema ci sono miliardi di sceneggiature che contemplano situazioni del genere. Ma non è questo: è l’interpretazione della politica che mi ha piacevolmente impressionato, il desiderio, credo, di tutti noi italiani (e non solo…) di assistere ad un agire politico fantasioso, con al centro le persone (il popolo..., noi, in pratica) che solo un pazzo (guarda caso…) può mettere in pratica. Sono cosciente che forse la mia recensione non è mossa da un giudizio propriamente oggettivo, ma il film mi ha portato in una dimensione, seppur fantastica, di desiderio intenso, profondo, una necessità quasi fisiologica di pulizia, inventiva, fantasia, serietà politica, cosa che non mi sembra abbia eguali nel nostro panorama filmico attuale. Io credo fermamente che il regista abbia colto in maniera inequivocabile proprio quel desiderio che ho descritto poc’anzi, quella esigenza ormai terminale di avere al governo persone che ci ascoltino, che siano realmente portatori dei nostri bisogni, che non possano cambiare partito (e ideologie, programma…) nel bel mezzo della legislatura solo per bassi e moralmente deprecabili calcoli opportunistici.
Ecco cosa mi è piaciuto, ecco perché credo che il film di Andò sia una piccola perla, ecco perché sono uscito dal cinema confortato e quasi felice! Mi dicevo: “Allora c’è veramente qualcuno che sa come si potrebbe fare? C’è qualcuno che capisce, che sa dov’è il giusto, cosa è pulito, come dovrebbe essere…!” Solo un regista? E perché no? D’altronde abbiamo appena votato un movimento il cui capo è un comico, perché un regista non dovrebbe essere in grado di ipotizzare soluzioni, seppur fantasiose, ma vicinissime ai sogni della base?
Il film non è solo questo, è farcito discretamente da una storia d'amore, affetti familiari, intrighi politici, vaghe caricature di personaggi istituzionali, omaggi (palesi o sottotraccia) al cinema, ma io credo che il suo maggior merito sia in ciò che ho descritto, accentuato dalla bravura di Toni Servillo, Valerio Mastrandrea, Valeria Bruni Tedeschi, quest'ultima, a mio pareere, alquanto monoespressiva.
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stefanoadm
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giovedì 22 agosto 2013
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a uno sguardo attento, zoppicante
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Eppure qualcosa, qui, non gira... Il film in sé non ha autentiche pecche. Al massimo può essere tacciato di semplicismo. Davvero bastano modi più diretti e lievi, al limite una recitazione meno ingessata di fronte allo spettatore-elettore, per rigenerare l’entusiasmo degli italiani e vincere le politiche con una proposta seria? Fosse così facile…
“Viva la libertà” funziona a meraviglia come puro prodotto cinematografico, viene da dire “astratto”, ma zoppica vistosamente nel rapporto che instaura con la realtà. Rapporto inevitabile, visto il tema. Il leader che tenta il rinnovamento, fresco, citazione colta in canna, non troppo motivato nello stipulare accordi fra partiti ma intenzionato ad allearsi “…con le coscienze degli italiani” è esistito nel recente passato.
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Eppure qualcosa, qui, non gira... Il film in sé non ha autentiche pecche. Al massimo può essere tacciato di semplicismo. Davvero bastano modi più diretti e lievi, al limite una recitazione meno ingessata di fronte allo spettatore-elettore, per rigenerare l’entusiasmo degli italiani e vincere le politiche con una proposta seria? Fosse così facile…
“Viva la libertà” funziona a meraviglia come puro prodotto cinematografico, viene da dire “astratto”, ma zoppica vistosamente nel rapporto che instaura con la realtà. Rapporto inevitabile, visto il tema. Il leader che tenta il rinnovamento, fresco, citazione colta in canna, non troppo motivato nello stipulare accordi fra partiti ma intenzionato ad allearsi “…con le coscienze degli italiani” è esistito nel recente passato. Si chiamava (si chiama) Walter Veltroni e le elezioni lo hanno punito duramente. L’autocritica, carente nel centrosinistra stando ad alcuni passaggi del romanzo-sceneggiatura di Andò, è in realtà sport tanto diffuso nell’area Pd da essere praticato con uno zelo che rasenta l’autolesionismo, a tratti arriva a paralizzare proposte, azioni, capacità di farsi capire.
“Viva la libertà” sembra un libro dei sogni. Un libro bello, con rilegatura elegante e contenuti corretti, coerenti. Superbamente impaginati: riuscito il gioco del doppio, buona la regia, formidabile il contrasto tra la recitazione espressiva di Servillo (a partire dalla locandina!) e la maschera stanca, disincantata, quasi immobile di Mastandrea… Però il sogno della vittoria con un leader “alla Giovanni Ernani”, gemello del capo, schietto, capace di trovare un equilibrio tra realismo e contenuti alti, si è già dimostrato di scarsa presa, in Italia.
A un tratto il subentrato candidato premier di Andò chiarisce un punto fondamentale, e si tratta forse del passaggio più bello di “Viva la libertà”: la classe politica del Paese, spesso mediocre, furba, squallida, riflette l’elettorato. Nelle democrazie le cose, tendenzialmente, vanno così. Ecco, un elettorato simile, così ben fotografato dal protagonista, non si lascerebbe convincere da un candidato come quello interpretato da Servillo. Al massimo gli regalerebbe un posto, ben puntellato, all’opposizione. La vittoria di Giovanni Ernani – Giovanni Oliveri – Enrico Oliveri è, letteralmente, una contraddizione interna alla sceneggiatura. E già che ci siamo: Ulivo (schieramento-alleanza- coalizione realmente esistita) da una parte, Oliveri (cognome dei protagonisti) dall’altra. Che fantasia...
Troppo cinico?
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robywankenoby
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mercoledì 2 maggio 2018
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un meraviglioso haiku
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L'idea non è originalissima: di sosia e gemelli che si scambiano i ruoli o di impostori che assumono un ruolo non loro ne è pieno il cinema. E di solito fanno meglio dell'originale. Se poi i sosia o impostori occupano un importante ruolo politico, ecco che ci vengono in mente il Kevin Kline di "Dave, Presidente per un giorno" del 1993 e il Claudio Bisio del coevo "Benvenuto presidente". Ma le similitudini finiscono qui.
Perchè "Viva la libertà" è un film sulla politica, ma che non parla di politica. Anzi si tiene saggiamente a debita distanza dalle sabbie mobili delle ideologie, e anche dall'etica e dalla morale.
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L'idea non è originalissima: di sosia e gemelli che si scambiano i ruoli o di impostori che assumono un ruolo non loro ne è pieno il cinema. E di solito fanno meglio dell'originale. Se poi i sosia o impostori occupano un importante ruolo politico, ecco che ci vengono in mente il Kevin Kline di "Dave, Presidente per un giorno" del 1993 e il Claudio Bisio del coevo "Benvenuto presidente". Ma le similitudini finiscono qui.
Perchè "Viva la libertà" è un film sulla politica, ma che non parla di politica. Anzi si tiene saggiamente a debita distanza dalle sabbie mobili delle ideologie, e anche dall'etica e dalla morale. Se Kevin "Dave" Kline e Claudio "Garibaldi" Bisio danno entrambi una decisa sterzata alla politica dei loro paesi rendendola più umana il primo e più pulita il secondo, il film di Andò non tocca alcun argomento sociale, ma si limita a dipingere un quadro in cui un partito (chiaramente il PD) è in forte crisi di popolarità e grazie a un cambio di stile del suo leader la riacquista.
Volendo, col senno di poi, si potrebbe intravedere una nota profetica nei due gemelli interpretati da Servillo, paragonandoli a Bersani, il primo, e Renzi, il secondo, che effettivamente portò il partito dal 25% al 40%. E volendo anche una nota macabra, visto che il segretario protagonista del film vedeva i sondaggi dare il suo partito al 17%, risultato molto simile al PD di Renzi alle elezioni 2018. Ma al di là di quelle che probabilmente sono solo semplici coincidenze, il film non intendeva affatto parlare di questo, e Servillo non intendeva affatto ispirarsi ai due segretari che si sono contesi la leadership nel 2012 e nel 2013.
Certo che queste coincidenze a cinque anni di distanza dal film, con tutto quello che è successo nel frattempo, hanno un retrogusto piuttosto amaro, ma questa è un'altra storia…
Il film è un vero componimento poetico, un Haiku dolcissimo sulle contraddizioni dell'animo umano, che sono forse la sua espressione più autentica, creativa e persino nobile. Accettare di essere anche il contrario di ciò che si pensava, come fa il personaggio di Mastandrea nella seconda parte, è il valore che il film vuole esplorare. E Valeria Bruni Tedeschi che confessa di aver sempre amato entrambi i fratelli "uno per il suo occhio destro e l'altro per il sinistro", è di una struggente e saggia dolcezza. E i due attori hanno compreso perfettamente fino a che punto dovevano scavare nell'animo umano, e nel loro, per trovare l'oro della loro (eh, lo so, abbiate pazienza) interpretazione. E quando gli attori funzionano, c'è sempre una buona regia dietro.
Ma il vero capolavoro è di Servillo: tanti bravi attori hanno fatto i sosia o i gemelli diversi - da Jeremy Irons ad Alberto Sordi, da Leonardo di Caprio a Totò, passando per Bud Spencer & Terence Hill - ma Servillo ha fatto un gemello che dichiaratamente sa imitare perfettamente, quando vuole, l'altro gemello, e l'altro che a sua volta gradualmente acquista (o forse sarebbe meglio dire: si riappropria) parte del carattere del primo. Tanto da farti dubitare alla fine che fossero veramente due. E l'ultima inquadratura del film col primo piano di Servillo che da serio accenna un sorriso divertito a Mastandrea, è da solo tutto il film: un haiku, che potrebbe suonare così:
Due gemelli
uno serio, l'altro divertito
il terzo sorride
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amici del cinema (a milano)
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martedì 5 marzo 2013
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la politica che vorremmo
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Veramente guardare questo film è come immaginare la politica che vorremmo realmente.
Quella non necessariamente concreta o con la risposta pronta per tutto, ma quella sincera, quella che forgia un patto con l'elettore di comune intento, quella che non ti vuole fregare e pensa solo alla propria autosopravvivenza.
E quella che, come suggerisce il film in più punti, non utilizza la cultura come mezzo per farsi belli e per creare una barriera con la gente comune, ma che invece la sfrutta per essere più vicino e per fornire motivazione ed ispirazione.
Quella con la passione invece che con il bilancino delle opportunità.
Su Toni Servillo invece c'è poco da dire: io lo amo (artisticamente !!!) come nessun altro per la sua immensa capacità, come avviene in questo film con la doppia interpretazione del ruolo del segretario, di calarsi nei suoi personaggi così "sotto pelle" e delinearli anche solo con uno sguardo o una lieve increspatura del volto.
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Veramente guardare questo film è come immaginare la politica che vorremmo realmente.
Quella non necessariamente concreta o con la risposta pronta per tutto, ma quella sincera, quella che forgia un patto con l'elettore di comune intento, quella che non ti vuole fregare e pensa solo alla propria autosopravvivenza.
E quella che, come suggerisce il film in più punti, non utilizza la cultura come mezzo per farsi belli e per creare una barriera con la gente comune, ma che invece la sfrutta per essere più vicino e per fornire motivazione ed ispirazione.
Quella con la passione invece che con il bilancino delle opportunità.
Su Toni Servillo invece c'è poco da dire: io lo amo (artisticamente !!!) come nessun altro per la sua immensa capacità, come avviene in questo film con la doppia interpretazione del ruolo del segretario, di calarsi nei suoi personaggi così "sotto pelle" e delinearli anche solo con uno sguardo o una lieve increspatura del volto.
Qui però è tutto il cast di alto livello: da Mastandrea alla Bonaiuto alla Cescon passando per il cameo di Gianrico Tedeschi.
E se in mezzo spicca negativamente Valeria Bruni Tedeschi... beh ce la dimentichiamo subito senza problemi!!!
Io leggo il finale positivamente: Enrico è tornato ed è cambiato, o perlomeno ha riscoperto la parte del fratello che era in lui, ma sepolta dalla lunga aridità della sua vita politica.
È palesemente un finale aperto a tutte le letture, ma io sono ottimista e nel sorriso di Enrico leggo il piacere e la sorpresa di aver riscoperto nuovamente la passione dentro di se.
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nino pell.
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domenica 17 marzo 2013
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film elegante, riflessivo e umoristico
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Grande prova del regista Roberto D'Andò, supportato in questa sua opera da due eccellenti nomi del Cinema italiano contemporaneo, ossia gli attori Toni Servillo e Valerio Mastandrea che, per quest'occasione, intrecciano magnificamente il loro percorso artistico che, a livello di qualità interpretativa, si è sempre mantenuto costantemente su livelli assolutamente altissimi. Solo la loro presenza rappresenta già di per se un'assoluta garanzia. Il film è di una squisitezza e di un'eleganza unica, così come il tema della politica e dei suoi innumerevoli aspetti controversi, il quale ci viene trattato con riflessivo e pacato equilibrio. La caratteristica poi dell'attore Toni Servillo nell'interpretare due personaggi tra loro diversi in relazione al differente periodo di svolta della loro vita (in crisi di consensi e di autostima il primo, disinteressato e filosoficamente combattivo il secondo; in cerca di meditazione e di rifugio per poter un giorno rinascere il primo; umoristico, affabile e idealista agli occhi della gente il secondo che pertanto si dimostra potenzialmente determinante e convincente) rappresenta la chiave di bellezza di tutto il film.
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Grande prova del regista Roberto D'Andò, supportato in questa sua opera da due eccellenti nomi del Cinema italiano contemporaneo, ossia gli attori Toni Servillo e Valerio Mastandrea che, per quest'occasione, intrecciano magnificamente il loro percorso artistico che, a livello di qualità interpretativa, si è sempre mantenuto costantemente su livelli assolutamente altissimi. Solo la loro presenza rappresenta già di per se un'assoluta garanzia. Il film è di una squisitezza e di un'eleganza unica, così come il tema della politica e dei suoi innumerevoli aspetti controversi, il quale ci viene trattato con riflessivo e pacato equilibrio. La caratteristica poi dell'attore Toni Servillo nell'interpretare due personaggi tra loro diversi in relazione al differente periodo di svolta della loro vita (in crisi di consensi e di autostima il primo, disinteressato e filosoficamente combattivo il secondo; in cerca di meditazione e di rifugio per poter un giorno rinascere il primo; umoristico, affabile e idealista agli occhi della gente il secondo che pertanto si dimostra potenzialmente determinante e convincente) rappresenta la chiave di bellezza di tutto il film. Pertanto tutto il mio elogio va all'interpretazione magistrale di Servillo, mentre ritengo perfettamente riuscita l'idea del regista di proporci un finale aperto e intriso di intelligente mistero rispetto a tutto ciò che ruota intorno al complesso e controverso mondo dell'animo umano, molto spesso sospeso tra falsità e sogno idealista, tra cambiamento e spasmodica staticità, tra come potrebbe cambiare la storia e come invece la storia sia rimasta sempre la stessa.
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michela papavassiliou
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sabato 30 marzo 2013
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la liberta' di scomparire per tornare ad essere
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Film del 2013 interpretato da un irripetibile Toni Servillo nei panni di due fratelli gemelli omozigoti, perfettamente identici fuori, quanto profondamente diversi dentro. Il primo Enrico Oliveri , politico di punta nel Partito di Sinistra di una fantomatica Italia orfana di leadership, cosi simile alla nostra reale, il secondo un dotto e simpatico letterato pazzo perfetto, che firma pensieri filosofici, col nome di Giovanni Ernani. In pieno smarrimento personale e politico Enrico decide, in mezzo a una crisi di Governo, di sparire dalla scena senza preavviso. Nel tentativo di riprendesi da una importante depressione, si rifugia nella casa parigina della fidanzata storica Daniele , che a suo tempo aveva diviso col fratello, interpretata da Valeria Bruni Tedeschi.
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Film del 2013 interpretato da un irripetibile Toni Servillo nei panni di due fratelli gemelli omozigoti, perfettamente identici fuori, quanto profondamente diversi dentro. Il primo Enrico Oliveri , politico di punta nel Partito di Sinistra di una fantomatica Italia orfana di leadership, cosi simile alla nostra reale, il secondo un dotto e simpatico letterato pazzo perfetto, che firma pensieri filosofici, col nome di Giovanni Ernani. In pieno smarrimento personale e politico Enrico decide, in mezzo a una crisi di Governo, di sparire dalla scena senza preavviso. Nel tentativo di riprendesi da una importante depressione, si rifugia nella casa parigina della fidanzata storica Daniele , che a suo tempo aveva diviso col fratello, interpretata da Valeria Bruni Tedeschi. Oggi sposata ad un noto regista giapponese e madre di una bambina, la donna e' ancora sensibile al fascino dell'uomo e tra i due c'e' un irrefrenabile ritorno di fiamma. Intanto a Roma la sua sparizione ha messo in ginocchio la stabita' emotiva dell' imperturbabile segretario di Oliveri, Andrea Bettini interpretato da un bravo Valerio Mastandrea. Il giovane trova nel fratello gemello la soluzione e porta il sosia dal manicomio direttamente in Parlamento. Affetto da disturbi della personalita' e bipolarismo, il filosofo riesce, malgrado alcuni evidenti comportamenti fuori dalle righe, a convincere tutti di essere Oliveri ed in breve viene osannato dalle folle. Grazie al suo intervento cambieranno le carte in tavola della campagna elettorale in atto, regalando inaspettatamente la maggioranza e facendo cosi vincere il partito. Esilarante la camminata d'entrata di Servillo a colloquio con la Merkel di turno, che finira' in un tango sfrenato a piedi nudi Italia-Germania, sotto gli occhi esterefatti del fedele assistente fissi sul buco della serratura alla Camera dei Bottoni. Memorabile anche l'incontro a due col Presidente della Repubblica, mentre un divertito Giovanni, ex malato di mente ed oggi lume della patria, gioca a nascondino tra mappamondi giganti al sussurrio di : " Si scompare per ritornare ad essere", mentre un ignaro capo di stato lo cerca tra il confuso ed il galvanizzato. Questa pellicola, per la regia di Roberto Ando', traccia con mirabile ironia la linea sottile tra intelligenza e follia, verita' e finzione, costrizione e liberta'. 94 minuti di buon cinema italiano. Da Vedere. MP
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