ashtray_bliss
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martedì 19 maggio 2015
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una parabola naturalista splendidamente poetica.
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The Wall è una vera opera d'arte che fonde poesia e lirismo dentro a immagini mesmerizzanti e grandiose della natura. Quella natura pura, incontaminata, che riempie l'essere umano di ammirazione e soggezzione.
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The Wall è una vera opera d'arte che fonde poesia e lirismo dentro a immagini mesmerizzanti e grandiose della natura. Quella natura pura, incontaminata, che riempie l'essere umano di ammirazione e soggezzione. Il film in questione, è infatti ipnotico, suggestivo, surreale e a tratti angosciante, e cela i suoi significati profondi con dei simbolismi altrettanto funzionanti da renderlo un opera di rara fattura, memorabile e affascinante.
Per quel che riguarda la trama, ridotta giustamente all'osso, seguiamo le vicissitudini di Martina che non appena arrivata in una baita di montagna per passare un weekend di relax, si accorge che c'è un muro di vetro che la divide dal resto del mondo. Un muro invisibile ed impenetrabile che costringe la donna ad un isolamento e solitudine forzata, che in un secondo momento la porteranno a ristabilire un rapporto più genuino con se stessa e con la natura e gli animali che la circondano tenedole compagnia. Gli unici compagni di vita, anzi di un'esistenza incompleta, indesiderata ma anche irrimediabile. Un isolamento non muto ma assordante.
Ma questo non è l'ennesimo film apocalittico. E' un film per certi versi ermetico, filosofico, fieramente naturalista. Un vero inno alla natura, al riscoprire se stessi e ristabilire un rapporto equilibrato ma anche profondo con la natura e gli animali. Vivere in armonia e sinergia si può, e lo si scopre proprio grazie al racconto della protagonista. Un soliloquio che pian piano ci rivela la vera forza dell'animo umano: l'adattabilità e l'interminabile resistenza anche nelle condizioni più estreme o avverse.
Il film in questione è una vera sinfonia di immagini di natura incontaminata e selvaggia accompagnate da soavi melodie di musica classica, che inevitabilmente riportano in mente il capolavoro Kubrickiano di 2001 Odissea nello spazio. Anche qui abbiamo scene lunge e mute, dialoghi totalmente assenti, ma scene che riempono sia visivamente che intelletualmente e appagano soddisfacemente la visione di The Wall.
Carismatica Martina Gedeck che regge tutto il film da sola e risulta convincente anche nel mostrare come una donna di città sottomessa dalla necessità immediata di sopravvivenza riesce a destreggiarsi nella natura, a vivere col aiuto e sostegno di pochi animali rimasti dentro le mura: un gatto, un cane e una mucca. Animali con i quali la protagonista si legerà emotivamente, tanto da diventare inseparabile da loro. E anche quando questa armonia verrà momentaneamente spezzata, dal misterioso uomo che riesce a oltrepassare la barriera del muro e uccidere alcuni degli animali, la donna si vede costretta a far i conti con i veri ed essenziali valori della vita. Amore, compassione, amicizia. In questo contesto l'inevitabile conclusione è che solo l'uomo è capace di uccidere, di dannegiare gli altri esseri viventi o di devastare la natura.
Seguendo la storia di Martina in Die Wand, come da titolo originale, non ci si immerge solo in una magnifica sequenza di immagini, ma si addentra in un vero e proprio viaggio introspettivo e filosofico che ci invita a pensare e ristabilire alcuni concetti talmente radicati in tutti noi che si sembrerebbe impossibile abbatterli. Proprio come il muro invisibile che separa Martina dal resto del mondo. Prima il muro è un ostacolo, un nemico. Poi diventa un mezzo salvifico per conservare quanto di più prezioso si trova al suo interno, in questa vasta area geografica a disposizione della protagonista.
Un vero capolavoro indipendente del cinema austriaco.
Da vedere obbligatoriamente.
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angelo umana
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mercoledì 4 settembre 2013
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io prima e io dopo
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Una donna che va con una coppia di amici in una baita delle alpi austriache, gli amici che la lasciano sola per andare al villaggio ma non tornano più. Forse le hanno voluto procurare la solitudine ma anche una segregazione, perché Martina (Gedeck) scopre il mattino dopo di essere circondata da pareti di vetro, racchiusa in un’area dalla quale non può più uscire. Già il viaggio in auto lungo i tornanti e poi le pareti di vetro inquietanti rimandavano la mente a “Shining”. L’area è però grande abbastanza, un paesaggio alpino magnifico e un alpeggio dove porta la mucca (Bella) trovata e divenuta sua amica, la definisce “sorella”, e il vitellino nato successivamente, il cane Luchs, “fantasma amichevole”, il gatto che li aspetta nella baita e il corvo bianco, evitato dal gruppo di corvi normali e appartato come la protagonista, che va a “visitare” e da lei riceve cibo.
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Una donna che va con una coppia di amici in una baita delle alpi austriache, gli amici che la lasciano sola per andare al villaggio ma non tornano più. Forse le hanno voluto procurare la solitudine ma anche una segregazione, perché Martina (Gedeck) scopre il mattino dopo di essere circondata da pareti di vetro, racchiusa in un’area dalla quale non può più uscire. Già il viaggio in auto lungo i tornanti e poi le pareti di vetro inquietanti rimandavano la mente a “Shining”. L’area è però grande abbastanza, un paesaggio alpino magnifico e un alpeggio dove porta la mucca (Bella) trovata e divenuta sua amica, la definisce “sorella”, e il vitellino nato successivamente, il cane Luchs, “fantasma amichevole”, il gatto che li aspetta nella baita e il corvo bianco, evitato dal gruppo di corvi normali e appartato come la protagonista, che va a “visitare” e da lei riceve cibo. Per Luchs era come se “starmi accanto lo rendesse felice” ma forse, aggiunge, è la megalomania di noi umani a farci sentire importanti nell’attendere ad animali. E’ bucolica e confortante la scena dove Martina mangia nella baita, coi suoi animali, con la musica dolcissima degli spartiti di Bach che accompagnano il film.
La sorte l’ha voluta confinare in un angolo bello e molto in alto del mondo, che dapprima per lei è un mondo di difficoltà e solitudine, di incubi notturni, “mi aggrappavo ai miseri resti di un ordine umano”, poi ne fa il suo ambiente, taglia il fieno, caccia cervi per nutrirsi, il bosco diventa suo e si rende conto di essere “l’unica creatura che può far bene o male nel bosco”. Evidentemente la natura non procura il male, come può l’uomo, tutto ciò che in essa avviene ha un ordine previsto, giustificato, che la conserva.
Accade che Martina delimita molto bene i confini di sé stessa, “il vecchio io”, il passato, “il mio nuovo io”, un nuovo ordine dove è difficile avere un “io appartato”, dove le è diventato più naturale dire “noi”, lei e la natura, con la montagna e i suoi animali, di cui si sente responsabile. Può accadere nell’età matura, come attorno ai 50 anni della protagonista. Dimentica “Die Wand”, la parete di vetro che la reclude in un ampio territorio, ormai non più segno di isolamento e prigionia, quanto delimitazione di un mondo tutto suo dove per due anni ha scritto, ché le era “necessario” (il film è tratto dal libro omonimo di Marlen Haushofer), di una vita silenziosa e forse paga. Un contatto fortuito e imprevisto con un essere umano avviene, ma è violento e terribile.
Un’intensa e assorta, come al solito, Martina Gedeck (Treno di notte per Lisbona, Le vite degli altri), un ottimo film (di Julian Poelsler) per pensare, naturalmente soli con sé stessi, meglio se tra le montagne.
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stefanocapasso
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sabato 1 febbraio 2014
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le conseguenze della solitudine
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Separazione, solitudine e accettazione sono i temi portanti di questo film narrato dalla esile voce della donna (Martina Gebeck, protagonista in ”Le vite degli altri”). Durante una gita in montagna misteriosamente si erge un muro trasparente invalicabile che chiude tutte le possibilità di uscire dalla valle e lei si ritrova sola col suo cane in questa baita. Tenta di trovare una via d'uscita ma inesorabile il muro blocca ogni possibilità, e sempre in prossimità di insediamenti umani, che a vedere bene sono fissi, immobili. La vera vita scorre al di qua del vetro. Accettato il fatto, la protagonista comincia a sviluppare abilità necessarie alla sopravvivenza e pian piano crea la sua piccola comunità composta dal cane da un gatto e da una mucca.
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Separazione, solitudine e accettazione sono i temi portanti di questo film narrato dalla esile voce della donna (Martina Gebeck, protagonista in ”Le vite degli altri”). Durante una gita in montagna misteriosamente si erge un muro trasparente invalicabile che chiude tutte le possibilità di uscire dalla valle e lei si ritrova sola col suo cane in questa baita. Tenta di trovare una via d'uscita ma inesorabile il muro blocca ogni possibilità, e sempre in prossimità di insediamenti umani, che a vedere bene sono fissi, immobili. La vera vita scorre al di qua del vetro. Accettato il fatto, la protagonista comincia a sviluppare abilità necessarie alla sopravvivenza e pian piano crea la sua piccola comunità composta dal cane da un gatto e da una mucca. Lavorando al semplice vivere quotidiano, scoprendo nuove abilità e risorse ritrova i valori essenziali della vita: semplicità etica e amore. E quando un uomo misteriosamente invade il suo territorio e uccide parte dei suoi animali, che sono ormai suoi organi sensoriali, accetta il dolore della separazione nella consapevolezza che altre cose, altri legami arriveranno a dare un senso profondo alla sua vita. Film molto ben raccontato, su due piani temporali distinti, il presente dove lei scrive e legge il suo diario raccontando con lunghi flashback il piano temporale che va dal suo arrivo al presente. Il thrilling del muro posto all'inizio del racconto consente un 'immediata partecipazione alle vicende della donna e l'esperienza emotiva che si vive empatizzando con lei è notevole.
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