riccardo tavani
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venerdì 3 aprile 2015
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un canto ribelle e disperato oltre la disperazione
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La Grecia è la fondazione stessa dell’Europa, anzi, dell’intero Occidente. Il primo seme di tutto il pensiero, di tutta la prassi, la scienza e la tecnica occidentali affonda nella terra originaria della cultura e filosofia ellenica. La Grecia, ossia, l’origine è oggi “in debito” economico devastante verso ciò che ha originato e sviluppato, in primo luogo l’Europa. Sembra il figlio che divora il padre, o addirittura la madre. Come se intrinsecamente quel seme contenesse il suo sviluppo genetico in termini di propria nemesi auto-distruttiva. Questo meritevole film documentario, pressoché introvabile in sala, ci porta proprio dentro il cuore di questa tragica notte greca. Il cuore che si scopre e si offre nel ritmo di fondo della musica e del canto, tra i vicoli sotto la luna e il vino retsina nelle taverne di Atene e Salonicco. Vinicio Capossela transita tra le varie stazioni di questa notte musicale in compagnia di un piccolo bouzouki, un chitarrino greco, che accompagna le sue riflessioni poetiche, i suoi pensieri diaristici, i suoi incontri con i poeti e ribelli del genere rebetiko. È questo un genere che nasce in occasione di un’altra tragica, disperata esperienza del popolo greco: quella della sconfitta nella guerra greco-turca negli anni Venti del ‘900 e del successivo esilio. È una musica, un canto del mare, dei mari del mondo, e delle sofferenze umane che approdano e salpano dai piccoli, grandi porti della penisola e delle numerose isole greche. Come Pur con questa recente origine, il rebetiko è divenuta oggi la tonalità musicale e canora della cultura greca. I rebetes, ossia i ribelli, gli autori ed esecutori di questo genere, tengono viva e rinnovano la fiamma di denuncia, speranza sociale che bruciano, fioriscono sotto la pelle sofferente del popolo greco. Andrea Segre, il regista del film, accompagna Capossela con il nitore non invadente della sua macchina da presa e del suo montaggio. Segre sa che di questo genere rebetiko abbiamo sentito tutti un po’ parlare, sia per i nostri viaggi estivi in Grecia, sia per le attuali, drammatiche cronache economico-politiche elleniche. Pochi sanno, però, cosa davvero sia e chi siano i suoi cantori. La cifra stilistica del film ha il merito di farci sentire dentro, spettatori intimi di questa scena musicale,
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ner�77
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lunedì 12 gennaio 2015
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pesante...
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Molto interessante l'idea e il tema atrattato.
Vi sono però molti punti deboli.
1) Il problema di fondo di queto film sta nel titolo: un po' allude alla crisi greca e forse il pubblico crede di fare un viaggio nella Grecia che soffre la crisi economica. In effetti questo argomento viene citato...ma resta solo a margine del film.
2) Immagini buie (troppo buie) e veramente brutte, guidano lo spettatore per tutto il film alla ricerca di canzoni che rientrano nella musica rebetiko.
3) Vinicio a solo un ruolo secondario, forse non molto chiaro; compare di tanto in tanto così...perchè deve. Se non ci fosse stato il risultato sarebbe stato lo stesso.
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Molto interessante l'idea e il tema atrattato.
Vi sono però molti punti deboli.
1) Il problema di fondo di queto film sta nel titolo: un po' allude alla crisi greca e forse il pubblico crede di fare un viaggio nella Grecia che soffre la crisi economica. In effetti questo argomento viene citato...ma resta solo a margine del film.
2) Immagini buie (troppo buie) e veramente brutte, guidano lo spettatore per tutto il film alla ricerca di canzoni che rientrano nella musica rebetiko.
3) Vinicio a solo un ruolo secondario, forse non molto chiaro; compare di tanto in tanto così...perchè deve. Se non ci fosse stato il risultato sarebbe stato lo stesso.
4) Ci viene presentata una Greia brutta. Forse per dare regione d'essere al titolo. Sono esperto ed appassioanto del mondo greco e della Grecia. E' diffiile vedere tutta quella bruttura vagando per Atene e Salonicco; o meglio, si possono trovare molti scorci ameni ma sicuramente, nella mente, vi resteranno anche immagini molto romantiche e sofisticate; dopo aver visto questo film assolutamente no. Ovviamente il regista ha puntato volutamente in questa direzione per sottolineare le emozioni di coloro che cantavano il rebetiko ma credo abbia esagerato fraintendendo, forse, la stesa musica che, a detta degli intervistati, aiuta a migliorare il tuo stato d'animo rendendoti felice.
In conclusione mi ha deluso e stancato; è un film pesante e troppo buio.
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francesco2488
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venerdì 6 dicembre 2013
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aspettative " in debito..."
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Vinicio Capossela come tanti altri, è un artista esattamente al centro. In una posizione di calibrata medianitá.Tra il proprio ego a rischio di ingombrante ipertrofia e una sensibilità abbagliante e genuina quando libera, e slacciata dal primo.
Con il suo nuovo docufilm "Indebito", scopro un Capossela disorientato e convulso di fronte la camera da presa. Inadatto a gestire i canali emozionali con la lucidità e autodisciplina necessarie a traghettare stati d'animo e sensazioni al di fuori della pellicola, fino a noi. Troppo presente e soggiogato dalla incombenza dei primi piani sul proprio ricercato narcisismo da anacronistico boehmién.
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Vinicio Capossela come tanti altri, è un artista esattamente al centro. In una posizione di calibrata medianitá.Tra il proprio ego a rischio di ingombrante ipertrofia e una sensibilità abbagliante e genuina quando libera, e slacciata dal primo.
Con il suo nuovo docufilm "Indebito", scopro un Capossela disorientato e convulso di fronte la camera da presa. Inadatto a gestire i canali emozionali con la lucidità e autodisciplina necessarie a traghettare stati d'animo e sensazioni al di fuori della pellicola, fino a noi. Troppo presente e soggiogato dalla incombenza dei primi piani sul proprio ricercato narcisismo da anacronistico boehmién. Non riesce a star fuori dal se stesso che si celebra e autoreferenzia, e la scena della Grecia da raccontare e dei graffiati volti della "crisi", fa solo da cornice triste alla sua aura da fleur de mal. La poesia raccontata con le immagini è forte elemento predisponente ad una declinazione velleitaria e autocentrica di un po' tutto il racconto. Quasi che la narrazione delle storie umane passasse prima attraverso il compiaciuto suono della voce del cantautore, e poi restituita esangue ed esageratamente liricizzata ai protagonisti. Credo che l'obiettivo di raccontare un disagio o meglio la sofferenza di un popolo- seppur attraverso il percorso taumaturgico della musica, sia stato decisamente mancato.Vinicio, col linguaggio delle canzoni sa decisamente emozionare di più.
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amarolucano
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giovedì 5 dicembre 2013
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rebetiko
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Che dire.... docufilm di una noia sconfinata.
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francesco2488
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giovedì 5 dicembre 2013
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"indebito" ... aspettative in-debito....
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Vinicio Capossela come tanti altri, è un artista esattamente al centro. In una posizione di calibrata medianitá.Tra il proprio ego a rischio di ingombrante ipertrofia e una sensibilità abbagliante e genuina quando libera, e slacciata dal primo.
Con il suo nuovo docufilm "Indebito", scopro un Capossela disorientato e convulso di fronte la camera da presa. Inadatto a gestire i canali emozionali con la lucidità e autodisciplina necessarie a traghettare gli stati d'animo e sensazioni dei "veri protagonisti"al di fuori della pellicola, fino a noi. Troppo presente e soggiogato dalla incombenza dei primi piani sul proprio ricercato narcisismo da anacronistico boehmién. Non riesce a star fuori dal se stesso che si celebra e autoreferenzia, e la scena della Grecia da raccontare e dei graffiati volti della "crisi", fa solo da cornice triste alla sua aura da fleur de mal.
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Vinicio Capossela come tanti altri, è un artista esattamente al centro. In una posizione di calibrata medianitá.Tra il proprio ego a rischio di ingombrante ipertrofia e una sensibilità abbagliante e genuina quando libera, e slacciata dal primo.
Con il suo nuovo docufilm "Indebito", scopro un Capossela disorientato e convulso di fronte la camera da presa. Inadatto a gestire i canali emozionali con la lucidità e autodisciplina necessarie a traghettare gli stati d'animo e sensazioni dei "veri protagonisti"al di fuori della pellicola, fino a noi. Troppo presente e soggiogato dalla incombenza dei primi piani sul proprio ricercato narcisismo da anacronistico boehmién. Non riesce a star fuori dal se stesso che si celebra e autoreferenzia, e la scena della Grecia da raccontare e dei graffiati volti della "crisi", fa solo da cornice triste alla sua aura da fleur de mal. La poesia raccontata con le immagini è forte elemento predisponente ad una declinazione velleitaria e autocentrica di un po' tutto il racconto. Quasi che la narrazione delle storie umane passasse prima attraverso il compiaciuto suono della voce del cantautore, e poi restituita esangue ed esageratamente liricizzata ai protagonisti. Credo che l'obiettivo di raccontare un disagio o meglio la sofferenza di un popolo- seppur attraverso il percorso taumaturgico della musica, sia stato decisamente mancato.Vinicio, col linguaggio delle canzoni sa decisamente emozionare di più.
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ilamazzi
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mercoledì 4 dicembre 2013
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indebito....rebetiko!!!
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Ieri sera sono andata a vedere il film di Capossela.
Anche se mi è piaciuto, devo dire che in certi aspetti non mi ha soddisfatta.
Sintetizzo in punti:
1- il titolo: "INDEBITO". Il debito pubblico della Grecia non viene mai nominato. Il rebetiko la fa da padrone in tutto il film tanto che il titolo naturale, ma forse meno "appariscente" sarebbe stato REBETIKO
2-la presenza di Capossela nel film: troppa e a volte inutile. Vero è che l'idea è sua e chi ha letto il suo libro "Tefteri" ritroverà in video tante cose descritte sulla carta. Ma sono arrivata a pensare che se ci fosse stato meno Capossela e più documentario sarebbe riuscito meglio
3-i paesaggi: a parte una panoramica sull'acropoli di Atene, meravigliosa, le immagini rappresentano volutamente una Grecia sporca.
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Ieri sera sono andata a vedere il film di Capossela.
Anche se mi è piaciuto, devo dire che in certi aspetti non mi ha soddisfatta.
Sintetizzo in punti:
1- il titolo: "INDEBITO". Il debito pubblico della Grecia non viene mai nominato. Il rebetiko la fa da padrone in tutto il film tanto che il titolo naturale, ma forse meno "appariscente" sarebbe stato REBETIKO
2-la presenza di Capossela nel film: troppa e a volte inutile. Vero è che l'idea è sua e chi ha letto il suo libro "Tefteri" ritroverà in video tante cose descritte sulla carta. Ma sono arrivata a pensare che se ci fosse stato meno Capossela e più documentario sarebbe riuscito meglio
3-i paesaggi: a parte una panoramica sull'acropoli di Atene, meravigliosa, le immagini rappresentano volutamente una Grecia sporca. trasandata, fatiscente. La Grecia non è tutta così. Anche Salonicco viene presentata come una specie di girone infernale mentre è una città bella e con dei panorami mozzafiato.
Insomma mi è sembrato che il film volesse far vedere che l'unica cosa bella rimasta in Grecia sia il rebetiko, mentre c'è molto altro. Ma tutta la musica vista e sentita ieri, i visi dei cantanti, le dita che corrono sulle corde del baglamas sono poesia pura. Per questo è un film da vedere, ma meglio a casa, comodi sul divano con la possibilità di fermare e di gustare lentamente tutte le note.
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