ultimoboyscout
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lunedì 8 agosto 2011
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gianni il gentiluomo.
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Dopo il tanto applaudito esordio con "Il pranzo di ferragosto", DiGregorio ci riprova: e a mio avviso non solo riesce ma migliora. Questo nuovo film risulta molto francese, nonostante l'ambientazione tutta romana, di primo acchitto sembra ovvio e banale, quasi scontato, ma la sua apparente semplicità è una sua prerogativa e punto di forza. Gianni, il protagonista, sta invecchiando, ha circa 60 anni e si rende che col passare del tempo sta diventando sempre più invisibile agli occhi delle tanto amate donne, che ormai lo vedono solo come un saggio amico e nulla più. Tutto ciò genera spunti e osservazioni e lo fa con estrema delicatezza, usando toni teneri e leggerissimi.
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Dopo il tanto applaudito esordio con "Il pranzo di ferragosto", DiGregorio ci riprova: e a mio avviso non solo riesce ma migliora. Questo nuovo film risulta molto francese, nonostante l'ambientazione tutta romana, di primo acchitto sembra ovvio e banale, quasi scontato, ma la sua apparente semplicità è una sua prerogativa e punto di forza. Gianni, il protagonista, sta invecchiando, ha circa 60 anni e si rende che col passare del tempo sta diventando sempre più invisibile agli occhi delle tanto amate donne, che ormai lo vedono solo come un saggio amico e nulla più. Tutto ciò genera spunti e osservazioni e lo fa con estrema delicatezza, usando toni teneri e leggerissimi. E così con tanto di borsoni sotto gli occhi e un talento relativo in tasca, al motto grazia che vince non si cambia, DiGregorio ripropone un se stesso sensibile e garbato e riporta sullo schermo i suoi vecchi (mai parola più bella con l'accezione che lui gli da) mettendo in luce debolezze delle quali non hanno nulla di cui vergognarsi: semplicemente perfetta in tal senso Valeria DeFrancisci. Sotto sotto cova drammi veri, quali solitudine e malinconia, ma non vuol farli scontare allo spettatore. Ironico, autoironico e di una forma elegante e schietta.
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luana
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venerdì 5 agosto 2011
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gianni che delusione!
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Dopo quel gioiellino che è stato Pranzo di Ferragosto, qui proprio non ci siamo.Il minimalismo prende l'accezione più negativa:il senso del tempo viene escluso a favore di un quotidiano affossato e ristagnante.Il tema delle donne giovani non sembra intessarti veramente.Il tema della solitudine senile, una persona squisita come te l'avrebbe innestato su altro e magari il sottofondo femminile sarebbe stato un ironico contrappunto. Ma qui sembra un po' tutto costruito e la malinconia si volatilizza in mezzo a parecchi stereotipi. Si salvano le scene con la madre;con la vicina e il suo cane e altre ma è lo schema generale che non funziona Sottoscrivo il commento di Volpone e me ne dispiace pechè per me Di Gregorio conosce e sa parlare dell'umanità nascosta e più vera come pochi, come nessuno nell'odierna cinematografia.
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Dopo quel gioiellino che è stato Pranzo di Ferragosto, qui proprio non ci siamo.Il minimalismo prende l'accezione più negativa:il senso del tempo viene escluso a favore di un quotidiano affossato e ristagnante.Il tema delle donne giovani non sembra intessarti veramente.Il tema della solitudine senile, una persona squisita come te l'avrebbe innestato su altro e magari il sottofondo femminile sarebbe stato un ironico contrappunto. Ma qui sembra un po' tutto costruito e la malinconia si volatilizza in mezzo a parecchi stereotipi. Si salvano le scene con la madre;con la vicina e il suo cane e altre ma è lo schema generale che non funziona Sottoscrivo il commento di Volpone e me ne dispiace pechè per me Di Gregorio conosce e sa parlare dell'umanità nascosta e più vera come pochi, come nessuno nell'odierna cinematografia.
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rosenkreutz
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giovedì 7 luglio 2011
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rinfrescante con una puntina d'amarezza
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Gianni Di Gregorio ci propone un altro film minimalista, degna prosecuzione de “Il pranzo di ferragosto”. Questa volta Gianni, pensionato sulla sessantina, è alle prese con un inafferrabile e ingestibile universo femminile: mamma ultranovantenne generalessa, moglie, figlia scocomerata, giovane vicina di casa festaiola, fruttivendola in carne, cantante lirica appetitosa, suore severe, vigilessa perentoria… Freudianamente parlando, Gianni è affetto da un gigantesco complesso materno, di cui è totalmente inconsapevole, che lo impastoia e ne inibisce la virilità. L’incontrovertibile segnale ce lo dà il regista nella scena in cui un Gianni impasticcato di viagra, guidando contro mano nella sua corsa verso un incontro sessuale mercenario, viene stoppato da una vigilessa che perentoriamente gli intima di tornare indietro.
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Gianni Di Gregorio ci propone un altro film minimalista, degna prosecuzione de “Il pranzo di ferragosto”. Questa volta Gianni, pensionato sulla sessantina, è alle prese con un inafferrabile e ingestibile universo femminile: mamma ultranovantenne generalessa, moglie, figlia scocomerata, giovane vicina di casa festaiola, fruttivendola in carne, cantante lirica appetitosa, suore severe, vigilessa perentoria… Freudianamente parlando, Gianni è affetto da un gigantesco complesso materno, di cui è totalmente inconsapevole, che lo impastoia e ne inibisce la virilità. L’incontrovertibile segnale ce lo dà il regista nella scena in cui un Gianni impasticcato di viagra, guidando contro mano nella sua corsa verso un incontro sessuale mercenario, viene stoppato da una vigilessa che perentoriamente gli intima di tornare indietro. Non gli resta che rifugiarsi in un mondo onirico popolato di coccole di belle ragazze, appropriato epilogo di una pellicola lieve in superficie ma amarognola in sottofondo.
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astromelia
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domenica 3 luglio 2011
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gustoso e spassionato
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senza pretese ma realistico,quando bisogna arrendersi di fronte al pasare del tempo,anche se il tempo di amare non passa mai....
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alkwor
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giovedì 31 marzo 2011
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quanta verità
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claudio30
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venerdì 18 marzo 2011
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un altro piccolo gioiello di gianni di gregorio
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Dopo Pranzo di ferragosto, un altro piccolo grande film di Di Gregorio. La messa in scena si è affinata in questa seconda prova di regia, ma il realismo dei dialoghi, gli slanci malinconici e l'allegro fatalismo che avvolge le vicende dei personaggi dimostrano come già il successo del primo film nascondesse, in nuce, la nascita di un nuovo autore.
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danielepodda
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domenica 6 marzo 2011
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paul, gianni e le donne
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Leggendo su Internazionale la netta stroncatura da parte di Paul Bompard, corrispondente per il Times Higher Education, mi chiedo se Paul abbia visto il film.
Passa tutto il tempo del film (Paul) ad attendersi una reazione financo violenta del protagonista maschile, Gianni appunto,
come si addice ad ogni buon prodotto commerciale dove il mite e servizievole alla fine si scoccia e mena fendenti a chiunque gli passi a tiro. (*)
Vuole a tutti costi un giorno di ordinaria follia, Paul.
Il fatto che Gianni stesse parlando d’altro non sfiora la mente di Paul Bompard.
Il fatto che Gianni racconti di altre figure maschili, che impedisca a se stesso nel film di assecondare le regole attuali della seduzione o del consumo di sesso a Paul non interessa.
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Leggendo su Internazionale la netta stroncatura da parte di Paul Bompard, corrispondente per il Times Higher Education, mi chiedo se Paul abbia visto il film.
Passa tutto il tempo del film (Paul) ad attendersi una reazione financo violenta del protagonista maschile, Gianni appunto,
come si addice ad ogni buon prodotto commerciale dove il mite e servizievole alla fine si scoccia e mena fendenti a chiunque gli passi a tiro. (*)
Vuole a tutti costi un giorno di ordinaria follia, Paul.
Il fatto che Gianni stesse parlando d’altro non sfiora la mente di Paul Bompard.
Il fatto che Gianni racconti di altre figure maschili, che impedisca a se stesso nel film di assecondare le regole attuali della seduzione o del consumo di sesso a Paul non interessa.
Che faccia soffermare un vecchio che più vecchio non si può ad osservare il sole tra gli alberi come se assistesse ad un miracolo di bellezza per la prima volta in vita sua, a Paul probabilmente sfugge.
L’unica cosa giusta che Paul scrive sulla sua breve recensione è riferita allo stile televisivo di Gianni Di Gregorio, solo che Gianni rivela anche in questo originalità, perchè uno stile televisivo e non cinematografico era l’unica via per raccontare una storia ancora più vera.
La vita in diretta.
Certo, è un film che può inquietare molto gli uomini prossimi ai sessant’anni.
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pepito1948
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venerdì 4 marzo 2011
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gianni e l'ordinaria quotidianità
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Un uomo per bene, un uomo tranquillo,un uomo onesto con sé e con gli altri, un uomo semplice, un uomo fisicamente in forma. Ma anche un pensionato per altrui volontà, un uomo che ha varcato la soglia dei 60 e si avvicina a piccoli passi alla vecchiaia, un uomo che comincia a sentire i morsi della solitudine e delle rinunce, un uomo braccato da rapporti precostituiti con una madre che va per il secolo e lucidissimamente scaltra e dalle mani bucate, con un gruppo di amiche ottuagenarie che approfittano del suo ruolo di cavalier servente, con una moglie per lo più assente ed una figlia svalvolata, con una vicina giovane e carina che lo tratta da finto amante per assicurarsene la disponibilità.
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Un uomo per bene, un uomo tranquillo,un uomo onesto con sé e con gli altri, un uomo semplice, un uomo fisicamente in forma. Ma anche un pensionato per altrui volontà, un uomo che ha varcato la soglia dei 60 e si avvicina a piccoli passi alla vecchiaia, un uomo che comincia a sentire i morsi della solitudine e delle rinunce, un uomo braccato da rapporti precostituiti con una madre che va per il secolo e lucidissimamente scaltra e dalle mani bucate, con un gruppo di amiche ottuagenarie che approfittano del suo ruolo di cavalier servente, con una moglie per lo più assente ed una figlia svalvolata, con una vicina giovane e carina che lo tratta da finto amante per assicurarsene la disponibilità.
Insomma questo è Gianni, uomo vagante nella zona grigia di un passaggio anagrafico delicato, imbrigliato in una rete sociale non proprio esaltante, che riempie il serbatoio divenuto troppo grande della sua vita con i piccoli riti di un’anonima quotidianità, come portare a spasso il proprio cane ed il San Bernardo dell’amichetta del piano di sotto, scambiare quattro parole con i pensionati di lungo corso seduti al bar, accorrere a sostenere la madre ed il suo branco con piccoli servigi carpiti con furbeschi motivi di età, eseguire commissioni familiari, e via elencando.
Gianni non è un uomo realizzato; nel recinto faunistico in cui è prigioniero ha difficoltà a dialogare con qualcuno, si sente sfruttato, sa di poter dare di più del ruolo che in qualche modo si è trovato addosso e di cui non riesce a liberarsi. L’unico interlocutore con il quale interagisce e si confida da pari a pari è un giovane piazzatosi a casa sua, legato alla figlia da un rapporto in piena crisi e destinato ad essere scaricato a scadenza; in fondo, a parte l’età, molti sono i punti di contatto tra i due, come l’essere disoccupati, avere rapporti non appaganti, barcamenarsi in una esistenza dalle incerte prospettive, non riuscire a scaricare la propria scarsa vitalità su obiettivi a portata di mano.
Gianni crede che solo un rapporto pieno con una donna può aprirgli nuovi orizzonti, dare un senso alla non lunga strada che ha davanti e sollevarlo da quel senso di senilità vuota e ovattata che rischia di immobilizzarlo su una panchina a conversare del tempo o di cani con qualche coetaneo.
Rassodato (con qualche problema) il corpo e rinnovato l’abbigliamento, il nostro inizia la ricerca, ma nella variopinta gamma di donne che incontra non trova il contatto sperato: tra chi gli dimostra una disponibilità solo apparente, chi al dialogo preferisce i gorgheggi da soprano, chi si addormenta sul divano pur in un’atmosfera romantica, chi lo sogna come nonno, Gianni prende coscienza della sua incapacità (o ineluttabilità) di sfuggire alla sua vita di uomo per bene, tranquillo, onesto, semplice e fisicamente valido, accontentandosi delle modeste gesta di ogni giorno e relegando nella dimensione fantastica ed onirica gli aneliti di conquiste e trionfi non più alla sua portata.
L’apoteosi della piccola quotidianità, il linguaggio semplice e frammentato, il garbo e la mancanza di qualsiasi tipo di volgarità, unite ad una scioltezza narrativa non da poco pur in un contesto scenico stringatissimo avevano fatto del primo film (Pranzo di Ferragosto) di Gianni Di Gregorio –attore/regista con alle spalle anni di esperienza in campo cinematografico e teatrale, come la partecipazione alla sceneggiatura di Gomorra- una piacevole novità nel panorama italiano. Ma Gianni e le donne, sostanzialmente un sequel sia pure con alcune varianti dell’opera di esordio, delude, a mio parere, le aspettative. Superato l’impatto innovativo, si avverte una certa ripetitività di atteggiamenti e situazioni che sfocia nella monotonia, nonostante alcuni spunti gradevoli, come i duetti con la madre, i siparietti con le amiche superattempate e poco altro. Il film si snoda in tanti quadretti, bozzetti, spesso slegati , sotto cui si intravede lo sforzo di creare qualche macchia di colore che dia consistenza ad una rappresentazione davvero povera di contenuti. Insomma un film piccolo, onesto e pulito sui prodromi della vecchiaia e sulla solitudine, malinconico molto più che ironico, ma ben lontano dalla profondità e lo spessore di altre opere sugli stessi temi come il recente Another year. Ho letto che qualcuno accosta il cinema di Di Gregorio a quello di Tati o Fellini. Mi sembra un paragone a dir poco sacrilego: sarebbe come mettere in relazione Neri Parenti con Monicelli o Castellacci e Pingitore con Petrolini.
In chiusura, il rischio è che il sequel diventi format, e si consolidi una tendenza in cui si dimentichi il guizzo, l’inventiva, l’immagine stimolante a favore di una collaudata ma piatta serialità di sprazzi di ordinaria quotidianità.
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francesco2
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giovedì 3 marzo 2011
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malinconie ed allegria senili
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L'etichetta "Piccolo film" per "Pranzo di Ferragosto" non mi convince:ho espresso su "My Movies" come positivamente valutassi la capacità di descrivere senza moralismi una realtà degradata e degradante, in un'atmosfera comico-tragico-onirica che ricorda i migliori Ciprì e maresco e certo Corsicato. "Gianni e le donne" è un film piuttosto diverso. E' molto più centrato sul protagonista, ed il contesto corale fa da sfondo alla noia di un uomo che ha smesso presto di lavorare, è privo di stimoli e vive in una realtà che rischia di togliergli quei pochi che gli siano rimasti (Facciamo caso alle scene in cui il fidanzato della figlia, con poche idee sul futuro, sembra un emblema della gioventà di oggi, che rifiuta l'autorità e la mancanza del posto fisso ma non sa che alternativa proporre).
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L'etichetta "Piccolo film" per "Pranzo di Ferragosto" non mi convince:ho espresso su "My Movies" come positivamente valutassi la capacità di descrivere senza moralismi una realtà degradata e degradante, in un'atmosfera comico-tragico-onirica che ricorda i migliori Ciprì e maresco e certo Corsicato. "Gianni e le donne" è un film piuttosto diverso. E' molto più centrato sul protagonista, ed il contesto corale fa da sfondo alla noia di un uomo che ha smesso presto di lavorare, è privo di stimoli e vive in una realtà che rischia di togliergli quei pochi che gli siano rimasti (Facciamo caso alle scene in cui il fidanzato della figlia, con poche idee sul futuro, sembra un emblema della gioventà di oggi, che rifiuta l'autorità e la mancanza del posto fisso ma non sa che alternativa proporre). Il paradosso, però, è l'importanza delle figure più o meno marginali, perché in questi casi occorre attribuire ad ognuno un significato, per farne un tassello nell'esistenza di qualcuno.
Purtroppo la simpatia che la famiglia di Gianni riesce a suscitare spesso non va oltre una serie di quadretti simpatici, ma dilatati e a volte, spiace dirlo, inutili. Nel rapporto con la madre manca, delle volte, quella cattiveria senza moralismi e, al contempo, compatimenti ipocriti della terza età, e l'ospizio dove la donna viene "Posteggiata" è solo un luogo per l'ennesima "conquista" di Gianni, stimolato nella ricerca di avventure da un amico. Tra spunti felliniani come la curiosa tabaccaia (risaputamente) amante di uno della stessa strada e trovate di dubbia efficacia come la coppia di gemelle, Gianni è però un uomo la cui commedia si veste di malinconia e riflessione. Persino nella ripetitiva prima parte, risulta efficace il commento sonoro,che nell'opera precedente forse risultava superfluo, tanto era spoglia ed "arida", ma qui tratteggia con intelligenza i momenti malinconici. Dato che "Il nuovo Gianni" non conosce solo spensieratezza, ma anche desolazione, quando vede certi coetanei per strada ridotti peggio di lui, si rende conto che vecchiaia è superamento dell'allegria della gioventù, in senso spiruituale ma anche fisico. C'è qualcosa di buddista in questa contemplazione dei gobbi come consapevolezza dell'infelicità, più "semplicemente" queste riflessioni agrodolci e con una partitura tratteggiata ricordano "Amélie" e le sue riflessioni sulla felicità, fatte camminando per strada o fissando dalla finestra, come la Veronica kieszlowskiana.Purtroppo lui non è una ragazza non ancora trentenne.
La seconda parte risulta comunque migliore, grazie anche a spunti come l'incontro con Valeria, vecchia fiamma. Il finale, forse volutamente indefinito, presenta vari motivi di interesse: il lato onirico e quello "Concreto" si fondono in preda ai fumi dell'alcool , probabilmente Gianni vedrà la stessa conclusione del dislilluso protagonista della "Signora in rosso", o forse no. Certo la dimensione del sogno, troppo assente in questo film, gli ha offerto la prospettiva di fondere in una felliniana(anche qui) carrellata tutti gli affetti femminili della sua vita; paradossalmente, è diventato un modo per elaborare una visione più matura di tutto il suo mondo affettivo, ed il suo diventa un personale "Otto e mezzo", meno noioso di quello di"Nine",che qui ovviamente è bilancio finale e non più iniziale, in una dimensione senza logica e tempo (Che ora era quando stava sognando?Sappianmo solo che era notte fonda).... in attesa della realtà che lo attende.
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bluvertego
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lunedì 21 febbraio 2011
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e' un film "dedicato",di nicchia.
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Premessa,credo che in questo momento avere iniezioni di pessimismo non faccia bene a nessuno di noi,però mi rendo conto che probabilmente la prospettiva di un 25enne possa non essere esattamente la stessa di un pensionato.
Ciò detto,devo dire che di Gianni Di Gregorio mi aveva stupito la capacità di mantenere durante l'intera durata del suo film un basso profilo e dei piccoli momenti di ilarità e tenerezza nel contesto di una sceneggiatura francamente sempre ordinaria e "lenta"...ebbene NO!
In questo film decisamente non c'è lo slancio finale che si era visto in "Il pranzo di Ferragosto" ed anzi,il finale visto in Gianni e le Donne è deludentemente inatteso.
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Premessa,credo che in questo momento avere iniezioni di pessimismo non faccia bene a nessuno di noi,però mi rendo conto che probabilmente la prospettiva di un 25enne possa non essere esattamente la stessa di un pensionato.
Ciò detto,devo dire che di Gianni Di Gregorio mi aveva stupito la capacità di mantenere durante l'intera durata del suo film un basso profilo e dei piccoli momenti di ilarità e tenerezza nel contesto di una sceneggiatura francamente sempre ordinaria e "lenta"...ebbene NO!
In questo film decisamente non c'è lo slancio finale che si era visto in "Il pranzo di Ferragosto" ed anzi,il finale visto in Gianni e le Donne è deludentemente inatteso.
Inoltre c'è un background di profonda depressione e pessimismo che probabilmente,se avessi visto il film con gli occhi di un pensionato,non so come avrei reagito....
In due parole,un film VIETATO AI TROPPO SENSIBILI.
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