Condition di andrei severni
La fantascienza, storicamente, viene considerata un genere minore, se non per il popolo dei blockbuster che da sempre ha premiato i kolossal conditi da effetti speciali dei vari Lucas, Spielberg, Scott e pochi altri. Esiste però un mondo sommerso, fatto di idee forti e originali che ritraggono inquietudini, paure della società contemporanea in cui è tanto raro quanto emozionante imbattersi.
"Condition" è uno di questi; film del giovane e promettente regista russo Andrei Severni, prodotto da Amir Naderi, unisce due filoni classici della fantascienza. Quello post_apocalittico (ben espresso da Romero con "La città verra distrutta all'alba" o da Hillcoat nel recente "The road" tratto dal romanzo di Cormac McCarthy) e soprattutto quello della sf che definiremmo “mentale” , molto meno inflazionato, cui fanno capo registi come Tarkowsky e Cronenberg.
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Condition di andrei severni
La fantascienza, storicamente, viene considerata un genere minore, se non per il popolo dei blockbuster che da sempre ha premiato i kolossal conditi da effetti speciali dei vari Lucas, Spielberg, Scott e pochi altri. Esiste però un mondo sommerso, fatto di idee forti e originali che ritraggono inquietudini, paure della società contemporanea in cui è tanto raro quanto emozionante imbattersi.
"Condition" è uno di questi; film del giovane e promettente regista russo Andrei Severni, prodotto da Amir Naderi, unisce due filoni classici della fantascienza. Quello post_apocalittico (ben espresso da Romero con "La città verra distrutta all'alba" o da Hillcoat nel recente "The road" tratto dal romanzo di Cormac McCarthy) e soprattutto quello della sf che definiremmo “mentale” , molto meno inflazionato, cui fanno capo registi come Tarkowsky e Cronenberg.
È soprattutto al regista russo, per ovvi motivi, che Severny si rifa’, con espliciti riferimenti a Solaris e Stalker dai quali riprende il tema dei poteri della mente e della maturazione intellettuale che passa attraverso un colloquio ancestrale con la natura ripresa nelle sue forme vitali di vegetazione e, soprattutto, dell'acqua in tutte le sue manifestazioni (la magnifica inquadratura iniziale di un plumbeo ed inquietante mare ripreso dall'alto richiama anche fortemente quella de "il ritorno" di Andrei Zvyagintsev).
In quella che si può definire un storia di “sound fiction” una ragazza colpita da shok subisce una mutazione che non le permette più di esprimersi né di capire gli altri attraverso l'uso della parola: viene inizialmente seguita da un medico che instaura un raporto a metá tra il familiare e il professionale, in un contesto fatto di lotta per la sopravvivenza e fuga dalla civiltà. La ragazza appare menomata ma la cose stanno diversamente: in realtà siamo di fronte alla nascita di un nuovo linguaggio fatto di silenzi e gesti sospesi . Solo apparentemente involuta, assistiamo alla germinazione di un superuomo, lontano dalla dipendenza della scienza e lontana dalla cultura del parlarsi addosso: solo pazienza, senso del tempo sospeso e solidarietà personali potranno evolverci.
Bel soggetto e discreto sviluppo; peccato per i troppi estetismi che distraggono e allontanano dal profondo e discreto fascino del film.
Fabrizio Dividi
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