pepito1948
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giovedì 22 marzo 2012
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una storia semplice, un film troppo semplice
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Ad Hong Kong un’anziana domestica, dopo aver prestato servizio presso una famiglia per sessant’anni, si ritrova a convivere con l’ultimo rampollo, un attore quarantenne in carriera, misurato, dai sani principi ed affettivamente attaccato alla sua colf, con cui ha un rapporto quasi di madre-figlio. Quando, a seguito di un ictus, Ah Tao si trasferisce in una casa di riposo –dove presto si ambienta e socializza con altri ospiti, quasi tutti più malconci e sofferenti di lei- le parti si invertono ed ora il “figlio” si prende cura di lei, si fa carico di tutte le sue esigenze, si accolla ogni onere relativo alla degenza, rimanendole vicino fino alla inesorabile fine. Il tema emozionale di base del film si intravede dalle prime immagini, ed è costituito dalla solidarietà, dall’affetto senza confini che lega due persone pur differenti per età, per formazione, per provenienza sociale.
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Ad Hong Kong un’anziana domestica, dopo aver prestato servizio presso una famiglia per sessant’anni, si ritrova a convivere con l’ultimo rampollo, un attore quarantenne in carriera, misurato, dai sani principi ed affettivamente attaccato alla sua colf, con cui ha un rapporto quasi di madre-figlio. Quando, a seguito di un ictus, Ah Tao si trasferisce in una casa di riposo –dove presto si ambienta e socializza con altri ospiti, quasi tutti più malconci e sofferenti di lei- le parti si invertono ed ora il “figlio” si prende cura di lei, si fa carico di tutte le sue esigenze, si accolla ogni onere relativo alla degenza, rimanendole vicino fino alla inesorabile fine. Il tema emozionale di base del film si intravede dalle prime immagini, ed è costituito dalla solidarietà, dall’affetto senza confini che lega due persone pur differenti per età, per formazione, per provenienza sociale. La lunga durata del rapporto di servizio svolto presso la famiglia Leung attraverso più generazioni, annulla le disparità di fatto (anche se Ah Tao continua a chiamare il giovane Roger come “padrone”), spiana il campo ad una crescente confidenza e familiarità tra i due, e di conseguenza ad un arricchimento reciproco che passa attraverso la malattia, la sofferenza, la povertà di Ah Tao ma anche la sua serenità nell’affrontare, oltre alle proprie disavventure sanitarie, anche i piccoli eventi di una esistenza ridotta al minimo ma ricca di umanità, di cui Roger si alimenterà per dare ulteriore senso e corpo al suo peraltro già avviato percorso di vita. A simple life fa parte del filone del realismo urbano, quello che racconta delle piccole vicende quotidiane di persone di cui in genere non si parla, emarginati o poveri, in cui tra sofferenza e degrado gli unici punti di luce sono i sentimenti umani. Qualcuno ha richiamato il cinema di Ozu, anche questo fatto di vissuto quotidiano, come in Viaggio a Tokio. Ma Ozu era dotato di una cifra stilistica di spessore, che riusciva a dare corpo all’apparente vacuità della routine della vita infarcendola di un tocco di poesia, oltre ad un modo tutto suo di fare immagini (per esempio con le riprese dei personaggi a mezza altezza). Né sarebbe appropriato un accostamento a Kaurismaki, il cui realismo è capace di universalizzare semplici storie di semplici uomini e donne grazie alla sublimazione della sua visione poetica. Nel film di Ann Hui tutto questo manca, nonostante il forte messaggio solidaristico; la narrazione è piatta, dialoghi e situazioni sono rappresentati in maniera oltremodo scarna, quasi documentaristica, non ci sono guizzi stilistici fattori di immagini che non si dimenticano; l’angoscia della sofferenza dilaga nello spettatore ma, senza poesia e senza sufficiente creatività (si pensi a Poetry), le emozioni si ingolfano e non scatta la pulsione a riflettere. Una grande opera può essere espressione di un cinema povero; ma un film non può coinvolgere, trascinare ed affascinare se è povero di cinema.
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renato volpone
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giovedì 8 marzo 2012
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senilità
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Un film sulla vecchiaia, sul distacco dal mondo, sulla sopravvivenza in una casa di riposo, sui ricordi e sugli affetti, attraverso gli occhi di ah tao, una vecchia governante che per 60 anni ha servito la stessa famiglia. Film discutibile, buoni i propositi e il messaggio, ma lontano dalla realtà. Poco credibile soprattutto il protagonista maschile. Nel complesso troppo lento, mieloso e forzatamente cattolico. La vecchiaia è dura non basta indorare la pillola. Doppiaggio pessimo. Il film va visto in lingua originale. Nel complesso buone le riprese, le scene e le tecniche Cinematografiche.
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