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rikitikitawi
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mercoledì 4 aprile 2012
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ma le chiavi sono due
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E’ solo una storia tratta da un libro più o meno di successo e ce ne sono tanti.Ma è una storia che si ripete: una vicenda sicuramente vera come le infinite crudeltà dimenticate od oscure che hanno accompagnato il cammino dell’uomo e sulle quali nessuno mai ha scritto ne un libro ne un copione e che si sono perse o sono state ben chiuse nelle tenebre di chissà quanti armadi. La tematica principale è la violenza dell’uomo sull’uomo: il fatto storico e la ricerca di Sara sì, ma propone anche una eterna attualità, che vede qui la lotta della protagonista per fare uscire alla luce della vita quel bambino che porta in grembo, per strappare dal buio della ragione e di un “armadio” un innocente un tempo cercato ed ora pronto ad essere sacrificato sugli altari della carriera e del benessere.
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E’ solo una storia tratta da un libro più o meno di successo e ce ne sono tanti.Ma è una storia che si ripete: una vicenda sicuramente vera come le infinite crudeltà dimenticate od oscure che hanno accompagnato il cammino dell’uomo e sulle quali nessuno mai ha scritto ne un libro ne un copione e che si sono perse o sono state ben chiuse nelle tenebre di chissà quanti armadi. La tematica principale è la violenza dell’uomo sull’uomo: il fatto storico e la ricerca di Sara sì, ma propone anche una eterna attualità, che vede qui la lotta della protagonista per fare uscire alla luce della vita quel bambino che porta in grembo, per strappare dal buio della ragione e di un “armadio” un innocente un tempo cercato ed ora pronto ad essere sacrificato sugli altari della carriera e del benessere.
Julia , la protagonista sceglie di usare la sua chiave, a scapito del dissolversi dei suoi affetti familiari e della sua unione
Film struggente , ben confezionato che rende bene l’idea di cosa sia capace l’essere umano in qualsiasi epoca . Un film che ci parla di armadi nei quali chiudere a doppia mandata la nostra debole coscienza e lasciarla riposare e morire per essere liberi di cavalcare il nostro edonismo e tornaconto.
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imliver
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venerdì 2 marzo 2012
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ma cosa vi aspettavate?
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Contesto la visione dei bacchettoni della Shoah, che accusano romanzo e film di pressapochismo e superficialità.
Non si tratta di questo: il film affronta un argomento su cui si è scritto e mostrato tutto. Nel 2010 non è possibile parlare di un fatto avvenuto del 1942 con il taglio del documento storico.
"La chiave di Sara" non può e non deve descrivere l'olocausto in tutte le sue sfumature, ma non per superficialità. Chi volesse approfondire, ha a disposizione un archivio sterminato di romanzi, saggi, documentari e fiction, anche estremamente importanti e autorevoli.
Questo film, invece, si limita a fornire uno spaccato sulla connivenza di persone che (allora) sapevano, e di altre che, ai giorni nostri, sanno, ma cercano di non essere coinvolti dall'idescrivibile tragedia.
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Contesto la visione dei bacchettoni della Shoah, che accusano romanzo e film di pressapochismo e superficialità.
Non si tratta di questo: il film affronta un argomento su cui si è scritto e mostrato tutto. Nel 2010 non è possibile parlare di un fatto avvenuto del 1942 con il taglio del documento storico.
"La chiave di Sara" non può e non deve descrivere l'olocausto in tutte le sue sfumature, ma non per superficialità. Chi volesse approfondire, ha a disposizione un archivio sterminato di romanzi, saggi, documentari e fiction, anche estremamente importanti e autorevoli.
Questo film, invece, si limita a fornire uno spaccato sulla connivenza di persone che (allora) sapevano, e di altre che, ai giorni nostri, sanno, ma cercano di non essere coinvolti dall'idescrivibile tragedia. È successo anche da noi, per cui sappiamo di cosa si tratta.
All'epoca tutti sono colpevoli, dalla polizia collaborazionista, che finse di ignorare la destinazione finale degli ebrei parigini, concentrati al Vélodrome d'Hiver, fino a chi, semplicemente, si impossessò degli appartamenti rimasti sfitti.
Eppure, la vita dà a ciascuno dei personaggi la possibilità di riscattarsi, come capitò al poliziotto che fece fuggire le bambine dal campo di concentramento, o a Jules Dufaure, che adottò la piccola Sara. Ma anche ai giorni nostri è data la possibilità alla giornalista Julia, e al ritroso William, di conoscere una verità tremenda e, a suo modo catartica. "Ogni verità ha un prezzo da pagare," e una verità terribile ha un prezzo altrettanto terribile.
Magari non sarà un capolavoro, ma a me "La chiave di Sara" è piaciuto, eccome, per l'intensità dei personaggi, l'ambientazione, i costumi e la fotografia curati.
Sono passati 70 anni dalla Shoah, e fra un po' non sarà più possibile realizzare opere che ne parlino attraverso la viva voce dei protagonisti. Lavori come questi, dobbiamo tenerceli stretti.
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annu83
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martedì 21 febbraio 2012
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la macchina da presa in cambio dell'espiazione dei
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La storia della piccola Sara, ebrea di Parigi appena adolescente, costretta a vivere suo malgrado il feroce rastrellamento del '42 francese non è poi così originale. Ne sono passate parecchie di pellicole di questo genere, magari semplicemente cambiando l'ambientazione, la lingua dei soldati, le pettinature e il modo di vestire, l'architettura delle case e delle botteghe, ma la trama centrale non può cambiare, purtroppo. E allora ci si ritrova a parlare di un film dai sentimenti inevitabilmente a fior di pelle a causa (o per merito) del tema, che ha il pregio di non scadere mai nel truce, neppure quando il primo piano indugia sulle lacrime e le grida della piccola Sarah davanti all'armadio aperto e la mano sarebbe tentata di indirizzarvi dentro l'obiettivo, ma che non offre nulla di nuovo.
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La storia della piccola Sara, ebrea di Parigi appena adolescente, costretta a vivere suo malgrado il feroce rastrellamento del '42 francese non è poi così originale. Ne sono passate parecchie di pellicole di questo genere, magari semplicemente cambiando l'ambientazione, la lingua dei soldati, le pettinature e il modo di vestire, l'architettura delle case e delle botteghe, ma la trama centrale non può cambiare, purtroppo. E allora ci si ritrova a parlare di un film dai sentimenti inevitabilmente a fior di pelle a causa (o per merito) del tema, che ha il pregio di non scadere mai nel truce, neppure quando il primo piano indugia sulle lacrime e le grida della piccola Sarah davanti all'armadio aperto e la mano sarebbe tentata di indirizzarvi dentro l'obiettivo, ma che non offre nulla di nuovo.
Ecco, "La chiave di Sara" non aggiunge, toglie.
Toglie le lacrime e il senso di impotente tristezza che aveva richiamato "Il bambino con il pigiama a righe"; toglie i sorrisi,forzati o meno, che aveva sparso la storia del piccolo Giosuè e del dolcissimo papà Guido, guidata da uno stratosferico Benigni in "La vita è bella"; toglie il pragmatismo e il taglio documentaristico Spielberghiano di un uomo comune in grado di salvare un migliaio di persone.
Ne resta un film bene interpretato dalle due attrici principali, una storia degnamente costruita su un binario di flashback e ritorni al presente, una "nuova" realtà su un'intera nazione capace di schierarsi dalla parte sbagliata solo per accondiscendenza, un invito a riflettere su quello che la Shoah e i campi di concentramento sono stati non solo per una nazione e per un popolo, ma per gran parte di un continente "moderno", affascinato, sedotto e abbandonato da un'ideologia fine a sè stessa.
Si può inoltre parlare di una buona tecnica narrativa, chiara e capace, a livello temporale, di far distinguere gli avvenimenti anche allo spettatore meno smaliziato grazie a un sapiente utilizzo delle tonalità fotografiche, senza mai tentare l'impresa di impastare tutto solo per regalare un effetto scenico maggiore.
In contrapposizione a ciò che di buono è stato creato, ecco alcuni "buchi" nella pellicola, fatti non sviscerati a sufficienza, magari per superficialità nei confronti di argomenti forse non reputati all'altezza, e che invece, integrati nel contesto, avrebbero fatto figura migliore che non come semplice contorno, come sono stati realmente usati. Il rapporto appena accennato tra Julia e il marito è solo l'esempio più lampante di un'incapacità di staccarsi dalla linea retta della storia, e di creare un'interazione importante soprattutto per evitare un'appiattirsi, lento ma costante, del finale. Un rapporto che in realtà avrebbe migliaia di cose da dire e di sentimenti da mostrare, visto che il destino ha voluto far intrecciare la storia della coppia con quella di Sara, ma che rimarrà per sempre una foto mossa.
Il buonismo di alcuni soldati suona ancora adesso un po' fuori tema, visto che si parla di una deportazione di quasi 15000 persone tra donne, uomini e bambini. Si arriva addirittura all'impensabile, quando un soldato della guardia, aiuta la piccola Sara e la sua piccola amica a scappare solo grazie a una semplice richiesta tipo "mio fratello mi sta aspettando". E allora si torna al tentativo di espiazione forzata dei peccati, poco conosciuti, di una nazione.
Nella miriade dei film basati su questo argomento, quindi, una prova sufficiente, ma non brillante. Con un argomento di questa portata si può e si deve fare meglio, nonostante l'inflazione che colpisce il tema stesso. Ormai non basta più toccare solo i sentimenti...
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francesca50
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lunedì 6 febbraio 2012
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una chiave nuova sull'olocausto
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Il film rivisita il noto tema mostrando che ci sono stati degli "uomini" a salvare gli ebrei dalla follia nazista, in mezzo a tante bestie, ma La chiave di Sara mostra pure come "i sopravvissuti non possano vivere più una vita normale". Sara si uccide perché non riesce a perdonarsi, non tanto e solo per aver fatto morire il fratello ma per non essere riuscita a salvarlo. Chi ha intravisto l'orrore comunque non riesce più a vivere pensando che i propri cari lo hanno vissuto. Bello comunque il finale che mostra come la vita continua...
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(di ardnassela)
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angelo umana
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venerdì 3 febbraio 2012
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come sapete cosa avreste fatto?non siete stati lì
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Sara è una bellissima donna stabilitasi e sposatasi in America negli anni 50 che, lo dice il marito stesso, porta nel volto un profondo dolore, come un peso tremendo, anche quando sorride. Un giorno si suicida in quello che sembrava un incidente d’auto.
Giulia è una giornalista franco-americana che, a Parigi, decide nel 2009 di scrivere della “retata” di 13000 ebrei dapprima concentrati dai tedeschi nel Vélodrome d’Hiver e poi deportati, avvenimento del quale neppure una foto esiste. Nella sua ricerca si sofferma sulle sorti di una famiglia di ebrei che fu fatta sgombrare da un appartamento nel 1942, occupato mesi dopo dai genitori di suo marito. Proprio in quell’abitazione la famiglia della giornalista starebbe per traslocare.
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Sara è una bellissima donna stabilitasi e sposatasi in America negli anni 50 che, lo dice il marito stesso, porta nel volto un profondo dolore, come un peso tremendo, anche quando sorride. Un giorno si suicida in quello che sembrava un incidente d’auto.
Giulia è una giornalista franco-americana che, a Parigi, decide nel 2009 di scrivere della “retata” di 13000 ebrei dapprima concentrati dai tedeschi nel Vélodrome d’Hiver e poi deportati, avvenimento del quale neppure una foto esiste. Nella sua ricerca si sofferma sulle sorti di una famiglia di ebrei che fu fatta sgombrare da un appartamento nel 1942, occupato mesi dopo dai genitori di suo marito. Proprio in quell’abitazione la famiglia della giornalista starebbe per traslocare. Era la casa dove Sara bambina abitava nel ’42, vi è morto il suo fratellino Michel che lei fece nascondere in un armadio per sfuggire ai tedeschi - di questa morte si è sempre sentita responsabile - e da dove i suoi genitori partirono per morire in un campo di concentramento in Polonia. Dunque il suicidio di Sara appare come qualcosa che ha perseguito per liberarsi da un’immensa solitudine e senso di colpa. Un effetto collaterale, si direbbe, delle deportazioni di ebrei francesi di cui molti francesi naturali si compiacquero e si fecero responsabili, tacendo o sostenendo “si dicono tante cose sugli ebrei”. Tema affrontato molto bene ne “La Rafle” (Vento di primavera), eccellente film di Rose Bosch.
Nella sua indagine Giulia incontra anche William, il figlio di Sara che nel 2009 vive a Firenze, che non vorrebbe sapere nulla del passato di sua madre ma … “noi siamo il frutto della nostra storia”, il passato “non può essere dimenticato né tanto meno ignorato” e “non se ne esce mai del tutto”.
Giulia non andrà a vivere in quella casa col marito e la figlia, e un’altra bimba che le nasce e a cui dà nome Sara, un atto di speranza dopo aver ripercorso le vicende di quella famiglia e degli ebrei del Vélodrome d’Hiver: le sarebbe apparso come usurpare una seconda volta l’abitazione di Sara.
“Quando una storia viene raccontata diventa qualcos’altro, il ricordo di ciò che eravamo e la speranza di ciò che possiamo diventare”. Giulia-Kristin Scott Thomas non potrebbe prestare mai il suo volto intenso a qualcosa che sia anche solo un pò banale.
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[+] ma la dicitura spoiler non si usa più...
(di ermioneluna)
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[+] 2 imprecisioni mica lievi
(di antoine_doinel)
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[+] spoiler e imprecisioni
(di angelo umana)
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angius48
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giovedì 2 febbraio 2012
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bello ma atratti inverosimile
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La vicenda è trattata bene, raccontata con passione e commozione,peraltro gia trattata in un recente film francese. Tutto ciò che serve a mantenere viva la memoria sull'orrore del razzismo e sullo sterminio del popolo ebraico è sicuramente utile, ma trattandosi di tematiche storiche se la narrazione lascia eccessivo spazio al romanzato corre ,come in questo caso di apparire inverosimile in molti tratti e questo arreca un danno alla causa.Tuttavia concorre a far conoscere al vasto pubblico l'orrore del nazismo. Sarebbe necessario che il cinema affrontasse anche altre tragedie storiche come il massacro degli armeni e tutti i genocidi di cui è pervasa la storia umana
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angelo umana
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giovedì 2 febbraio 2012
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"diffuso bozzettismo emozionale"
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Brava Marzia a riuscire a condensare in poche espressioni tutte le caratteristiche di qualcosa, però penso che questa "bravura" renda un pò la distanza tra lo spettatore qualsiasi e i critici dotti, mah, non so ... se la comunicazione serve per avvicinarci ci sono espressioni comunicative che ci allontanano, forse le differenze culturali ci allontanano. Un altro peccato della tua recensione, ma veniale, è non aver citato nella filmografia sull'argomento, un altro film che parlò ancor prima del Velo d'Hiver: La rafle, merita una grande citazione. Ciao.
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luisalà
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martedì 31 gennaio 2012
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deludente il finale
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Deludente il finale per un intreccio, che ti intriga e emoziona per la maggior parte del tempo ,se non si focalizza l'attenzione su quella dichiarazione finale di appartenenza alla Francia dell'americana,dichiarazione che.insieme con l'ambizione di teorizzare e dimostrare il senso della Storia, intellettualmente giustifica tutto il percorso della giornalista.Ma narrativamente il finale resta inappagante emotivamente e un po' anche tecnicamente.voto3
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lysse
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giovedì 26 gennaio 2012
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una bambina sola contro tutti!
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Un film drammatico e toccante la cui unica pecca è la parte finale.Ben elaborato e con un'ottima fotografia "La chiave di Sara" (Titolo originale "Elle s'appellait Sarah) riesce a descrivere fedelmente quelle che erano le condizioni dentro il velodromo,nei campi di concentramento e nelle strade parigine.Un film che sa tenerti spesso col fiato sospeso e riesce a trasmettere angoscia e paura.
Nella Parigi dell'agosto 1942 la piccola Sara gioca con il suo fratellino Michelle,ad un tratto bussano alla porta,la polizia francese ha l'ordine di arrestare tutta la famiglia perchè ebrea,Sara vuole proteggere il suo fratellino e lo fa nascondere nell'armadio a muro della stanzetta e gli fa promettere di non uscirne,la bambina non sa però che sarà portata via per giorni e giorni e quando lei ed i genitori sono chiusi nel velodromo lei fa una rivelazione raccapricciante,aveva chiuso il piccolo michelle a chiave dentro l'armadio,da quel momento il suo unico obbiettivo è cercare di tornare a casa e liberarlo.
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Un film drammatico e toccante la cui unica pecca è la parte finale.Ben elaborato e con un'ottima fotografia "La chiave di Sara" (Titolo originale "Elle s'appellait Sarah) riesce a descrivere fedelmente quelle che erano le condizioni dentro il velodromo,nei campi di concentramento e nelle strade parigine.Un film che sa tenerti spesso col fiato sospeso e riesce a trasmettere angoscia e paura.
Nella Parigi dell'agosto 1942 la piccola Sara gioca con il suo fratellino Michelle,ad un tratto bussano alla porta,la polizia francese ha l'ordine di arrestare tutta la famiglia perchè ebrea,Sara vuole proteggere il suo fratellino e lo fa nascondere nell'armadio a muro della stanzetta e gli fa promettere di non uscirne,la bambina non sa però che sarà portata via per giorni e giorni e quando lei ed i genitori sono chiusi nel velodromo lei fa una rivelazione raccapricciante,aveva chiuso il piccolo michelle a chiave dentro l'armadio,da quel momento il suo unico obbiettivo è cercare di tornare a casa e liberarlo.
Pararrelamente alla storia di Sara Vedremo quella di Julia una giornalista statunitense risiedente da 25 anni a parigi che compra la stessa casa in cui abitava Sara e decide indagare sulla sua storia fino a dover viaggiare dalla Francia in America e a Firenze cosa riuscirà a scoprire dell'enigmatica Sara?
Un film da vedere!
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lulu1967
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domenica 22 gennaio 2012
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da vedere assolutamente
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Prima del film, ho amato e molto apprezzato il libro di Tatiana de Rosnay, da cui è tratto questo toccante film. UNa storia, quella della deportazione di massa degli ebrei a Parigi nel luglio del '42. poco conosciuta. Interessante l'inserimento delle riprese del 1995, quando l’allora presidente francese Jacques Chirac ha chiesto scusa per il ruolo collaborazionista di poliziotti e funzionari francesi in occasione del rastrellamento.
Un film che gli studenti delle scuole speriori dovrebbero vedere.
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