darkovic
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lunedì 13 aprile 2015
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piccolo e carino
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Carino il film.Non noioso malgrado non ci sia dietro una storiona,Grottesco e colorato al punto giusto
Una buona fotografia e comunque una profondita' leggera su un tema,quello della fede, assolutamente non leggero.
La regia buona della Torre ci porta un po' di fresca brezza leggera tra il cielo e il mare della magnifica Sicilia
Ottima e grottesca al punto giusto l'interpretazione della Finocchiaro.un po' sprecato il talento di Beppe Fiorello con poche apparizioni( il ruolo del padre e' rimasto li' cosi si sarebbe potuto approfondire un po di piu') e un'interpretazione fresca e realistica della dolce e carina Carla Marchese fanno di questo film secondo me 80 minuti piacevoli e mai noiosi Avanti cosi'
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gianleo67
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domenica 22 dicembre 2013
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miracolo a librino
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Riservata e dolce tredicenne della disagiata periferia catanese, si divide tra una occupazione precaria presso una eccentrica maga-parrucchiera e il turbbolento menage familiare di genitori in crisi coniugale ed una sorella maggiore svagata ed egoista.
Rivelatasi attendibile la visione che confessa di aver avuto sul luogo ove è stata occultata la testa di una statua della madonna danneggiata da alcuni ragazzi del posto, diviene oggetto di venerazione presso il vicinato, solleticando le brame economiche della procace e disinvolta genitrice che ne vuole sfruttare l'immagine di piccola santa laica.
Nel tentativo di restituirci il senso di una contraddizione sociale che fluttua sul confine ondivago tra modernità ed il retaggio di superstizioni arcaiche, tra le esigenze spirituali di una dimensione di speranza e le miserie materiali di un endemico disagio economico,tra sacro e profano, la regista milanese, ma palermitana di adozione, affronta una trasferta catanese per questo piccolo film indipendente che strizza l'occhio alle vellità metaforiche del cinema italiano più recente (vedi il riuscitissimo 'E' stato il figlio' di Daniele Ciprì) senza però emanciparsi veramente dai limiti di scrittura e messa in scena della fiction televisiva nostrana.
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Riservata e dolce tredicenne della disagiata periferia catanese, si divide tra una occupazione precaria presso una eccentrica maga-parrucchiera e il turbbolento menage familiare di genitori in crisi coniugale ed una sorella maggiore svagata ed egoista.
Rivelatasi attendibile la visione che confessa di aver avuto sul luogo ove è stata occultata la testa di una statua della madonna danneggiata da alcuni ragazzi del posto, diviene oggetto di venerazione presso il vicinato, solleticando le brame economiche della procace e disinvolta genitrice che ne vuole sfruttare l'immagine di piccola santa laica.
Nel tentativo di restituirci il senso di una contraddizione sociale che fluttua sul confine ondivago tra modernità ed il retaggio di superstizioni arcaiche, tra le esigenze spirituali di una dimensione di speranza e le miserie materiali di un endemico disagio economico,tra sacro e profano, la regista milanese, ma palermitana di adozione, affronta una trasferta catanese per questo piccolo film indipendente che strizza l'occhio alle vellità metaforiche del cinema italiano più recente (vedi il riuscitissimo 'E' stato il figlio' di Daniele Ciprì) senza però emanciparsi veramente dai limiti di scrittura e messa in scena della fiction televisiva nostrana. Laddove il registro riesce a mantenersi sapientemente sui toni dolceamari di una ironica trasfigurazione di una realtà sociale e culturale profondamente degradata, il film soffre di un irrimediabile bozzettismo che finisce per sminuirne valori e significati, riducendo la folla di personaggi e situazioni che si stagliano nell'afoso e soffocante scenario di una periferia cementificata come le cartonate immagini bidimensionali delle fantasie pop della sua giovane protagonista. Più spiazzante laddove il racconto (o meglio la favoletta) sociale lascia il posto alle fulminanti divagazioni oniriche di un colorato immaginario felliniano (la fattucchiera-parrucchiera di Piera degli esposti, le indolenti fantasticherie sentimentali di una graziosa adolescente, il vivace storyboard dei titoli di coda), diventa banale e inconcludente nella manifestazione di un 'senso del sacro' che vorrebbe essere un rimedio alle carenze affettive e sentimentali di un'adolescenza frastornata, equivocando volutamente tra abuso della credulità popolare e sorprendente irruzione della misericordia mariana, tra gli effetti collaterali di una involontaria (auto)suggestione e gli imponderabili percorsi della volontà divina. Storia tutta (o quasi) al femminile presenta la divertente galleria di un singolre bestiario umano tra coiffeur dal 'tarocco' facile a spregiudicate madri-impresarie, da sante in formato tascabile a miscredenti sgallettate cieche fulminate (miracolate) sulla via di Damasco, da parroci venali amanti degli oggetti d'arte a cinici politicanti corruttrici di minorenni. Brave le protagoniste principali da una Finocchiaro procacemente sopra le righe alla freschezza intonsa dell'esordiente Carla Marchese. Finale sdolcinato e stiracchiato. Sovvenzionato con una indebita iniezione di contributi pubblici è stato presentato nella sezione Controcampo Italiano alla 67ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e surrettiziamente selezionato al al Sundance Festival di Robert Redford. Miracolo a Librino.
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francesco2
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lunedì 10 giugno 2013
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magia trascendente ed immanente
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Oltre al dato illustrato dal titolo, che si ricollega al "Miracolo" del pugliese Winspeare (Altro esempio di trascendenza le cui autentiche ragioni sono difficilmente spiegabili), c'è un altra "Magia" in questo film, intesa nei termini di "superamento"
.Le scene in cui la madre parla, infatti, mentre Manuela si tappa le orecchie e noi vediamo solo il labiale, manifesta un'alienazione da quel "Reale" piatto come già avveniva, con analoghe modalità, nel non indimenticabile "Precious". In questo film, dunque, si trascendono i dati quotidiani ed immanenti: dunque si supera -Appunto-, sul piano tematico come spressivo la rabbia di un Capuano -Che pure ha rifatto "Polvere di Napoli"- e ci si ricollega ad altri artisti come il già citato Winspeare: " Il miracolo", sì, ma anche un film bruttino e troppo elogiato come "Sangue vivo".
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Oltre al dato illustrato dal titolo, che si ricollega al "Miracolo" del pugliese Winspeare (Altro esempio di trascendenza le cui autentiche ragioni sono difficilmente spiegabili), c'è un altra "Magia" in questo film, intesa nei termini di "superamento"
.Le scene in cui la madre parla, infatti, mentre Manuela si tappa le orecchie e noi vediamo solo il labiale, manifesta un'alienazione da quel "Reale" piatto come già avveniva, con analoghe modalità, nel non indimenticabile "Precious". In questo film, dunque, si trascendono i dati quotidiani ed immanenti: dunque si supera -Appunto-, sul piano tematico come spressivo la rabbia di un Capuano -Che pure ha rifatto "Polvere di Napoli"- e ci si ricollega ad altri artisti come il già citato Winspeare: " Il miracolo", sì, ma anche un film bruttino e troppo elogiato come "Sangue vivo". Se però, in questo caso specifico, una certa inclinazione potrebbe venire motivata proprio citando le origini pugliesi, che anche per un profano come si scrive sfociano in momenti di BEL folklore come "Il ballo della taranta", forse "I baci mai dati" ci impone, parzialmente, una reazione più profonda.
Se pensiamo, infatti, a Corsicato ed ai suoi "Buchi neri", ma anche ad un'opera molto più recente come "La kryptonite nella borsa" (Di cui questo film, anzi, potrebbe essere definito una versione più pretenziosa), è come se esistesse un sostrato onirico che serve a tutti questi artisti -Pensiamo anche a Ciprì e Maresco, come a "Tano e morire" della stessa Torre. per trasfigurare la realtà, e che va oltre il puro e semplice almodovarismo, come -In parte giustamente- ha scritto qualcuno. per alcuni dei registi qui menzionati. Proprio i due ex-autori di "Cinico TV" hanno definito "Toto"un film profondamente "Religioso". Beh, ci si potrebbe limitare a dire che, per tutta una serie di ragioni, sembra una sensibilità rintracciabile da Napoli in giù, e che è tra i pochissimi _Ma probabilmente sufficienti- motivi d'interesse di questo filmetto, per (Tanti?) altri versi arraffazzonato e persino banale.
"Hai paura del buio?, oltre a SVOLGERSI a Torino come collocazione geografica, riflette una sensibilità diversa, chiunque l'abbia diretto. Forse non è un caso. Ma la cosa vale anche per la toscanità di Virzì.
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raptus
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domenica 27 novembre 2011
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ma che film e' ?
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Una vera delusione, forse mi aspettavo qualcosa di diverso ma
sono veramente rimasto deluso.
Pessimo
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ultimoboyscout
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martedì 13 settembre 2011
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miracoli e business.
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Film brutto come (per fortuna) se ne vedono pochi in giro, senza particolari spunti e discussioni degni di nota e di cui si sarebbe potuto comodamente fare a meno. Il taglio è allegro-agrodolce, sbanda più di qualche volta ma il solo sospetto dello stato di grazia della ragazzina agita e vivacizza una comunità intera, bisognosa di essere ascoltata. Azzeccati i personaggi delle due protagoniste femminili: Carla Marchese è la ragazzina che in sogno avrebbe incontrato la Madonna, quella che non può vivere i suoi 13 anni, quelal che deve vestirsi in maniera adeguata, adolescente a intermittenza che non sa cosa dire ma che pian piano qualcosa riesce a sentire.
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Film brutto come (per fortuna) se ne vedono pochi in giro, senza particolari spunti e discussioni degni di nota e di cui si sarebbe potuto comodamente fare a meno. Il taglio è allegro-agrodolce, sbanda più di qualche volta ma il solo sospetto dello stato di grazia della ragazzina agita e vivacizza una comunità intera, bisognosa di essere ascoltata. Azzeccati i personaggi delle due protagoniste femminili: Carla Marchese è la ragazzina che in sogno avrebbe incontrato la Madonna, quella che non può vivere i suoi 13 anni, quelal che deve vestirsi in maniera adeguata, adolescente a intermittenza che non sa cosa dire ma che pian piano qualcosa riesce a sentire. Donatella Finocchiaro è la mamma, quella che ha annusato il lauto profitto, quella che veste con abiti femminili e fascianti a mettere in mostra l'opulento sederone ondeggiante e tondeggiante. Il film viaggia indeciso e fortemente imperfetto ma Roberta Torre una cosa la mette in chiaro: ci vuol mostrare come la speranza si può regalare a tutti i costi senza doverci credere per forza. Interessante lo stile visivo adottato dalla Torre, eccentrico, personale e ricco di colori, rosso e viola su tutti che abbina al tema principale del film, cosa non semplicissima ma almeno in questo sembra averci preso. Il suo è tutto un controsenso, lei nata al nord che vive al sud, il suo cinema va oltre generi e tipicità, spesso fuoritono o troppo sgargiante (tipo questo) per ciò di cui si parla. Di certo non lascia indifferenti. A me non piace la sua regia come non è piaciuto il film, ma non è una sprovveduta.
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enrichetti
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sabato 27 agosto 2011
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geniale sensibilità
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Una sensibilità geniale interpretata da movimenti della macchina da presa che seguono il ritmo del tempo, il tempo come scorre dentro di noi. Torre ci fa entrare nel nucleo del significato del cinema: la manipolazione magica dell'immagine, degli sguardi, dei pensieri, dei ricordi, attraverso la luce e il movimento. Arte, insomma, che non può essere la riproduzione fedele del reale, anche perchè non esiste una riproduzione fedele del reale. Utilizzando un medium, è mistificatorio venderne il prodotto come reale. In un momento storico-culturale in cui, al contrario, solo la mediazione di uno schermo rende alle cose realtà ed esistenza, Roberta Torre fa scorrere su quello schermo figure di collage, bidimensionali, strampalate, uscite da un sogno, personaggi dei suoi personaggi, che volteggiano come allegre caricature di caricature.
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Una sensibilità geniale interpretata da movimenti della macchina da presa che seguono il ritmo del tempo, il tempo come scorre dentro di noi. Torre ci fa entrare nel nucleo del significato del cinema: la manipolazione magica dell'immagine, degli sguardi, dei pensieri, dei ricordi, attraverso la luce e il movimento. Arte, insomma, che non può essere la riproduzione fedele del reale, anche perchè non esiste una riproduzione fedele del reale. Utilizzando un medium, è mistificatorio venderne il prodotto come reale. In un momento storico-culturale in cui, al contrario, solo la mediazione di uno schermo rende alle cose realtà ed esistenza, Roberta Torre fa scorrere su quello schermo figure di collage, bidimensionali, strampalate, uscite da un sogno, personaggi dei suoi personaggi, che volteggiano come allegre caricature di caricature. Le acconciature della fattucchiera Degli Esposti sono di una estetica commovente, prolungamento artificioso e artificiale di corpi abbandonati a se stessi, simmetrico al prolungamento dei tacchi, magnifici ed improbabili. E intanto negli spettatori tematiche importanti aprono dibattiti tra riflessioni e sensazioni, gli occhi luccicano e tutto il corpo freme. Manuela vuole solo far ritrovare la testa della statua della Madonna, dal momento che ha assistito al suo occultamento dopo la pallonata sacrilega, senza accusare gli autori. Invece si ritrova al centro di un delirio collettivo, un intero paese che all'improvviso ha la percezione di essere a un passo da Dio per intercessione di una delle bambine della propria comunità. Non è come farsi leggere le carte o giocare al lotto, non si tratta di sfidare o interrogare la fortuna; in questo caso si cerca il miracolo, per cui in gioco non ci sono solo le capacità taumaturgiche della santa ma anche, e soprattutto, le risorse dell'orante: fin dove si spingono le sue urgenze e la sua fede?quanto sono salde? e quanto si è disposti ad investire e a cedere? Nel caleidoscopio dei miracoli si fanno, disfano, si incrociano le immagini più disparate, dalla mitica richiesta di un posto di lavoro nel supermercato vicino casa nel turno pomeridiano, alla speranza di far riacquistare la vista alla propria figlia. Dalla corte dei miracoli, si sa, non si può che fuggire e Manuela fugge. Lei sogna di fare la parrucchiera e desidera l'amore della sua famiglia. Ebbene, miracolosamente il miracolo avviene davvero. La mamma rincorre la sua bambina, la trova e la riempie di tutti quei baci che non le aveva mai dato. Ed è lo stesso tipo di forza, tutta interiore e misteriosa, che fa tornare la vista anche ad Ersilia. La domanda, tuttavia, rimane: di chi sono il respiro e lo sguardo dietro il telo che ricopre la statua?
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astromelia
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lunedì 15 agosto 2011
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ben congegnato
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sceneggiatura ben congegnata in questo film che narra realtà ancor oggi attuali,un misto tra false santificazioni e credenze popolari,proprio nella frase della ragazza finta-cieca sa il succo di questa storia:" è così che funziona il gioco".................
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michele apicella
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mercoledì 11 maggio 2011
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strizzare l'occhio a corsicato....
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... ma senza voglia di ritorare ... forse ne ho piene le tasche di Donatella Finocchiaro ... Fiorello mi sembra molto bravo, gli danno poche parti al cinema, ma le cose che fa per la televisione sembra siano sempre di livello ... tanto di cappello a lui e alla "santa", ma per il resto giriamo pagina
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(di francesco2)
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goldy
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martedì 3 maggio 2011
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fragile
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Su costatazioni diffuse e largamente condivise sulla qualità dei desideri che la maggior parte della gente vorrebbe vedere esauditi, si costruisce un film troppo semplice nella lettura della realtà e la metafora dell'apparizione della Madonna che farà i miracoli non mi sembra un esempio di originalità creativa..
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flyanto
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domenica 1 maggio 2011
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mio commento personale
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Partendo da una "presunta" apparizione il film è la curata descrizione di un' umanità superstiziosa, ignorante e piena di ideali superficiali ed irraggiungibili vista attraverso gli occhi di una ragazzina di quasi quattordici anni molto trascurata. Azzeccato tutto il cast di attori.
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